La Moldavia, o Moldova come la chiamerò nel suo modo corretto, con la sua posizione strategica tra Ucraina e Romania è un piccolo Stato, crocevia delle influenze europee e russe, dove geopolitica ed economia si intrecciano in una realtà complessa e fragile. Durante la mia recente visita-studio istituzionale come comparatista processual-penalista, ho avuto modo di osservare da vicino come questo Paese stia cercando di affrontare le sue sfide strutturali, con il sostegno dell’Unione Europea ma anche con una crescente consapevolezza interna.

La Moldova non è solo una pedina nello scacchiere geopolitico, ma un laboratorio politico e giudiziario che merita attenzione. L’economia moldova è tra le più deboli d’Europa, basata principalmente sull’agricoltura – vino e ortaggi sono i settori principali – e sulle rimesse dei suoi emigrati, che lavorano in gran parte in Russia, Italia e Germania. Questa dipendenza dall’esterno è sia economica che politica: il peso della diaspora economica moldava è cruciale per il Pil, ma rende il Paese vulnerabile ai mutamenti dei mercati internazionali e delle relazioni geopolitiche. A ciò si aggiunge una corruzione sistemica che ha bloccato per decenni ogni tentativo di riforma strutturale, alimentata da élite locali legate agli oligarchi e da interessi stranieri, in particolare russi.

La Transnistria, regione separatista sotto il controllo di Mosca, rappresenta un ulteriore ostacolo: un’economia sommersa basata su traffici illeciti e una presenza militare russa sono elementi che minano ogni tentativo di stabilità e avvicinamento all’Ue.

La Moldova, tuttavia, non è ferma. Con l’integrazione europea come obiettivo dichiarato, il Paese ha avviato un processo ambizioso e controverso di vetting, una verifica dell’integrità di giudici e funzionari pubblici che mira a epurare il sistema dai suoi elementi corrotti. Questo procedimento, operante anche in Albania, unico nel suo genere in Europa, è un banco di prova per verificare se le istituzioni moldave siano in grado di rafforzare lo stato di diritto o se il vetting rischi di essere strumentalizzato politicamente, aggravando la già fragile democrazia. L’assenza di solide garanzie procedurali, infatti, e la fragilità delle istituzioni moldave lo espongono a strumentalizzazioni, creando il paradosso per cui una misura pensata per rafforzare lo stato di diritto potrebbe in realtà minarlo.

Il successo del vetting dipende, dunque, da molteplici fattori: trasparenza, supporto internazionale e garanzie procedurali solide. Senza questi elementi, il rischio è che il processo si trasformi in un’arma politica o in una paralisi amministrativa, compromettendo ulteriormente la credibilità delle istituzioni. L’approccio moldavo al vetting, ossia la verifica dell’integrità di giudici e funzionari pubblici, rappresenta una scommessa sia per il Paese che per l’Ue. I sostenitori del vetting sostengono che sia l’unico modo per spezzare il legame tra élite corrotte e oligarchi, rendendo il sistema più trasparente e affidabile.

La Transnistria, con la sua economia sommersa e l’influenza russa, rappresenta un altro ostacolo, poiché la mancanza di controllo su questa regione rende impossibile estendere il vetting a tutto il territorio nazionale, lasciando ampie sacche di opacità. Inoltre, il processo di vetting rischia di rallentare il funzionamento delle istituzioni giudiziarie, già sotto pressione a causa di risorse limitate e di un alto tasso di emigrazione tra i giovani professionisti, attratti da salari migliori all’estero. Nonostante ciò, il vetting rappresenta un’opportunità storica: se attuato con rigore e trasparenza, potrebbe non solo migliorare la qualità delle istituzioni moldave, ma anche fungere da modello per altri Paesi in situazioni simili.

È un percorso ambizioso, che richiede però il sostegno costante dell’Unione Europea, sia in termini di risorse che di monitoraggio. La Moldova non può essere vista come una futura Ucraina o come un laboratorio sperimentale fine a se stesso, ma come un Paese che, nonostante le sue fragilità, cerca di costruire un futuro più stabile e democratico. Sta all’Europa non perdere questa occasione, dimostrando che l’integrazione non è solo un concetto teorico, ma un impegno concreto per accompagnare gli stati fragili in una vera trasformazione.

Nonostante tutto, durante il mio viaggio ho percepito un elemento di novità significativo: nelle sedi istituzionali giudiziarie moldave si respira una consapevolezza crescente del proprio ruolo nella costruzione di un futuro democratico. Questo si traduce in un impegno tangibile per adottare principi e standard europei, allineandosi al contesto comunitario. È un segnale di speranza, ma anche una sfida: il cammino verso Bruxelles non può essere affrontato senza un sostegno concreto dell’Unione Europea, non solo in termini economici, ma anche con un monitoraggio continuo che eviti derive autoritarie e garantisca una reale trasformazione del sistema.

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