Ci sono diverse falle nei racconti di Romolo Ridosso sull’omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo. E ci limitiamo agli ultimi tre interrogatori avvenuti tra l’11 e il 12 novembre, quattro giorni dopo l’arresto degli altri indagati: l’imprenditore Giuseppe Cipriano, il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo e l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi. Senza prendere in considerazione i verbali rilasciati tra il 2016 e il 2021 dal collaborante di Scafati, espulso dal programma di protezione proprio per le numerose incongruenze delle sue precedenti propalazioni. Limitiamoci a quanto riferito al giudice e ai pm di Salerno dopo gli arresti, quando Ridosso – parole sue – si dice finalmente “tranquillo e in migliori condizioni di salute”. Rassicurato dal fatto che le persone di cui diceva negli anni scorsi di avere paura, ed in particolare Cipriano, fino al 7 novembre a piede libero (Cioffi era già detenuto per una condanna a 15 anni per droga e camorra), ora sono in carcere. Lunedì 25 novembre il Riesame affronterà i ricorsi dei loro avvocati, che puntano all’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare.

Il movente inverosimile – Ridosso in quei due giorni davanti ai magistrati batte più volte su una circostanza: l’uccisione fu decisa dal sodalizio criminale di Cipriano e Cioffi perché Vassallo “aveva scoperto un furto di un collaboratore di Cipriano in una proprietà del sindaco che intendeva denunciarlo”. Lo ripete tre volte durante l’interrogatorio di garanzia. Attribuendo a questo il valore di “cosa primaria” per Cipriano e il suo rancore omicida, che invece secondo la Dda andrebbe ricercato nel traffico di droga messo in piedi dagli indagati quell’estate e dalla scoperta che ne fece Vassallo, ucciso per impedirgli di riferire i suoi sospetti al pm di Vallo della Lucania. Il riferimento del pentito scafatese è a un furto che sarebbe avvenuto nel ristorante del figlio di Vassallo, a fianco di un cinema di Acciaroli che nell’estate 2010 era gestito da Cipriano. Ma i carabinieri del Ros di Roma hanno già affrontato la questione del furto nella loro informativa finale. Ritenendola “inverosimile e inventata”. Antonio Vassallo è il primo a smentirla: “Non ci fu nessun furto nel mio locale”.

L’uomo delle chiavi non è stato rintracciato – Altra debolezza delle ultime versioni di Ridosso sul movente: il collaborante sostiene che dopo il furto subito, Vassallo avrebbe imposto a Cipriano di andare via da Acciaroli e l’imprenditore avrebbe quindi dovuto riconsegnare “le chiavi delle sue attività dei negozi e del cinema ad un signore vicino al bar ad Acciaroli il quale a sua volta avrebbe dovuto consegnare al sindaco Vassallo, perché Cipriano non doveva occuparsi più di niente ad Acciaroli”. La consegna sarebbe avvenuta il 3 settembre 2010, due giorni prima del delitto. E’ il famoso ‘sopralluogo’ preparatorio all’agguato, al quale partecipò anche Ridosso, che accompagnò Cipriano con la sua auto intestata a un’altra persona. Il figlio Salvatore Ridosso che era in macchina con loro, però “ha escluso la veridicità della sosta finalizzata alla consegna delle chiavi”. Ed inoltre, si legge nel verbale, “non è stato possibile individuare la persona anziana alla quale Cipriano consegnò le chiavi”.

Chi ha sistemato il pescatore? Noi o loro? – “Hanno sistemato il pescatore”. Questo avrebbe detto Ridosso alla sua compagna, nel dicembre 2010, di ritorno dal cinema di Scafati dopo che Cipriano gli avrebbe rivelato di aver fatto uccidere Vassallo, da tutti conosciuto come il sindaco pescatore. Questo dichiara il pentito il 12 novembre scorso. Il pm però gli ricorda che non sono proprio le stesse cose dette in passato. “Effettivamente l’altra volta ho dichiarato le parole: “amm sistemato ‘o pescatore” o qualcosa del genere, ma ciò è dipeso da quelle che erano le particolari condizioni in cui mi trovavo in quel momento e dalla condizione di soggezione in cui mi trovavo rispetto alla signoria vostra”.

Le imprecisioni su Cagnazzo – Ridosso tira in ballo il colonnello perché sarebbe stato Cipriano a confidargli che ebbe un ruolo nella pianificazione del delitto. L’11 novembre esordisce dicendo “in questo momento non mi vengono a mente riferimenti fatti a Cagnazzo”. Poi gli torna la memoria: “Ricordo effettivamente che nel mese di settembre 2010 (dieci giorni circa dopo l’omicidio, ndr) quando vennero Cioffi e Cipriano a Lettere…, mi fu detto che non avrei dovuto preoccuparmi di nulla (di essere individuato, ndr) perché se la sarebbe vista per tutto il colonnello Cagnazzo. In particolare mi dissero che lui avrebbe preso tutte le telecamere e quindi nessuno avrebbe potuto capire che io avevo accompagnato Cipriano a fare il sopralluogo ad Acciaroli”. Ridosso infatti era preoccupato perché con l’auto era entrato in un’isola pedonale e temeva di essere rintracciato attraverso la multa. Il 12 novembre invece il collaborante mette a verbale questo: “Io ricordo che quando nel dicembre 2010 parlai con Cipriano presso il cinema Odeon (è il colloquio in cui gli avrebbe detto che fu Cioffi a sparare e uccidere Vassallo, ndr), gli dissi che erano stati degli irresponsabili a portarmi ad Acciaroli benché fossi sotto indagine per l’omicidio Muollo, questi mi disse che dovevo stare tranquillo perché avevamo lì il maggiore Cagnazzo”. A questo punto i pm gli contestano le incongruenze su date e luoghi, e Ridosso però insiste: “Le confermo dicendo che parlai di Cagnazzo in entrambe le circostanze”.

L’errore sulle ragioni del trasferimento di Cagnazzo a Foggia – Quando i pm ricordano a Ridosso alcune sue precedenti dichiarazioni su un suo incontro con Cioffi preoccupato perché a conoscenza di essere sotto inchiesta per il caso Vassallo, il collaborante precisa che “in realtà Cioffi non mi ha mai detto di essere indagato per l’omicidio. Fece invece riferimento come indagato per l’omicidio al maggiore Cagnazzo, aggiungendo che per questo motivo era stato spostato, mi pare, a Foggia”. Non è vero: il trasferimento di Cagnazzo da Castello di Cisterna a Foggia fu deciso dai vertici dell’Arma diversi mesi prima del delitto. E questo – come sottolineano gli stessi pm a pagina 424 della richiesta di arresto, dove definiscono quel trasferimento “una brusca caduta nella polvere” per il colonnello – era uno dei motivi dell’inquietudine di Cagnazzo durante l’estate 2010, trascorsa quasi tutta ad Acciaroli.

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