Accanto al cappellano nell’istituto di pena minorile Beccaria di Milano ci sarà anche un imam. L’idea è venuta a don Claudio Burgio che oggi è l’assistente spirituale del carcere e punto di riferimento per i giovani di ogni religione. Un appello che è stato raccolto dall’Arcidiocesi e dal Garante comunale dei diritti delle persone private della libertà personale tanto che è già stata individuata una figura che ha già dei rapporti consolidati con la Chiesa metropolitana. Si tratta di una novità in assoluto che per ora non potrà che rivestire il ruolo di volontario perché la normativa italiana prevede solo la presenza istituzionale del cappellano retribuito dal ministero della Giustizia.
“La percentuale di migranti non accompagnati, provenienti soprattutto da Paesi di religione islamica, sta crescendo enormemente nelle carceri del Nord Italia. Credo che il dialogo inter religioso in avamposti come questi sia necessario per accompagnare i ragazzi a vivere senza violenza il periodo detentivo. I musulmani non necessitano di spazi pensati come moschea, pregano in cella con il loro tappetino rivolto verso La Mecca. A volte non sono – allo stesso modo dei cristiani – nemmeno così praticanti e formati: una figura di imam riconosciuta dalla diocesi e dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria può servire anche a formare e informare”.
Don Burgio conosce bene la realtà del Beccaria che in quest’ultimi mesi è finito sotto i riflettori per gli episodi di cronaca. Il cappellano lavora da anni in quel luogo e condivide le richieste di tutti i ragazzi. “Il rapporto con Dio per i giovani d’oggi è diverso da quello delle generazioni precedenti – racconta ai media vaticani – è molto meno formale e convenzionale e più personale, spesso critico verso le istituzioni e la tradizione, ma comunque c’è ed è per questo che abbiamo bisogno di un approccio diverso con questi ragazzi”.
La proposta è piaciuta ai giovani musulmani dell’Ipm: “Sono desiderosi di conoscere questa figura quando arriverà e di portare avanti insieme un discorso formativo e di preghiera – afferma il cappellano – è un modo per convivere e spero diventi anche un modo per spegnere i momenti di fatica e conflittualità che inevitabilmente in carcere si presentano”. In questa prima fase l’imam sarà costretto a entrare in forma volontaria attuando una collaborazione con don Burgio che è, invece, una figura riconosciuta ufficialmente dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Un primo passo quello del Beccaria e della diocesi di Milano verso una necessaria riflessione da parte del legislatore per fare in modo che le diverse presenze in cella abbiano una figura spirituale cui far riferimento. L’idea del cappellano milanese dimostra quanto sia vivo il dialogo interreligioso tanto caro a Papa Francesco all’interno della Chiesa: “Nel campo della Pastorale carceraria siamo un po’ indietro, ma è importante avviare questo dialogo – spiega – ci sono diverse esperienze in alcuni istituti italiani, ma non è ancora una prassi consolidata, speriamo lo diventi al più presto”.