L'artista a FqMagazine racconta l'album più urgente, sincero e con un appello accorato
“Disobbedire” di Fiorella Mannoia è un disco che trasuda libertà di espressione da tutti i pori (musicali). L’artista restituisce a chi l’ascolta una fotografia realistica, vera, impietosa di ciò che ci circonda. Ma non è solo un album di critica e protesta, ma di consigli per una umanità migliore. E quindi l’appello affinché nelle scuole si riprendano in mano i libri di scuola, l’esigenza di placare gli animi a favore di un dialogo e soprattutto ritrovare il contatto umano con gli abbracci. Nel disco non mancano le collaborazioni di amici e colleghi:Francesca Michielin e Federica Abbate sono presenti in “La storia non si deve ripetere”, Piero Pelù in “Dalla parte del torto” e Michele Bravi in “Domani è primavera”.
Dopo il successo delle tappe estive di “Fiorella Sinfonica-Live con orchestra”, il tour della Mannoia sbarca nei teatri. Il tour autunnale, che ha preso il via con una doppia anteprima al Teatro degli Arcimboldi di Milano, sarà in giro per l’Italia fino a dicembre.
A chi e cosa dovremmo disobbedire oggi più che mai?
La storia e l’umanità si è evoluta grazie a disobbedienti, non a quelli che chinavano la testa. Tutte le grande evoluzioni della storia sono partite da Eva che è stata la prima disobbediente e non ha caso una donna… Per cui noi dobbiamo disobbedire qualora la nostra coscienza ci dice che qualcosa non è giusto. L’unico dovere che abbiamo è l ‘obbedienza la nostra coscienza. Per il resto, tutto quello che non ci sembra giusto, chiunque ce lo dica, è sacrosanto il dovere di disobbedire.
Chi sta dalla parte del torto?
A volte quando si prendono posizioni viviamo in un momento faide, di scontro in cui ci sono soltanto le curve da stadio. Cioè se non la pensi come me sei il mio nemico. Non si può più dialogare, più discutere in maniera pacata, è sempre ormai uno scontro.
Ti fa paura questa cosa?
Molto perché a cominciare da chi ci governa, bisognerebbe un po’ tutti abbassare i toni e cercare di collaborare.
Perché?
Perché la posta in gioco in questo momento è molto alta ad iniziare le guerre, che non sappiamo dove ci stanno portando. Perché alla fine l ‘unica domanda che ti viene da fare è: dove vogliamo arrivare? Qual è il punto finale di tutto questo? Nessuno lo sa. E allora credo che questo sia la domanda più importante e più impellente oggi.
Che rischi corriamo?
Di chiudere per davvero il sipario. Non contando poi che ci sono i problemi sociali di cui dobbiamo
discutere perché c’è un continuo contrapporsi continuamente… Cominciamo a ragionare su come risolvere i problemi e ad bassare i toni.
In che stato d’animo sei?
Quando una cosa non ci sembra giusta, io non riesco a stare zitta, poi magari mi insultano, anzi sicuramente mi insultano, ma non mi importa niente. Non ce la faccio a non dire quello che penso, perché non sarei contenta di me e lo faccio per me stessa, per essere contenta di essere andata a casa e dire: ‘potevi non rispondere, ma hai il risposto’.
Parli di storia nel disco, il sistema scolastico italiano attuale pensi sia ancora in grado di valorizzare questa materia?
La scuola oggi sembra che sia l ‘ultima ruota del carro. Abbiamo due grandi problemi una è la scuola e l’altro è la sanità. Sulla scuola si dovrebbe investire più di tutti. La scuola è la base dalla quale partiranno tutti coloro che in futuro ci governeranno, saranno i nostri dottori, i nostri medici, i nostri avvocati, saranno quelli che terranno in mano la società e che il tipo di società vogliamocostruire.
Come può aiutarci la storia?
Soltanto sapendo da dove siamo venuti, da dove veniamo possiamo capire dove stiamo andando, ma se non sappiamo da dove veniamo davanti è tutto buio.
Fai l’elogio degli abbracci, come mai?
Ormai l’insulto è diventata la regola, la gentilezza è diventato un atto rivoluzionario. Siamo gli unici animali del pianeta che si abbracciano e l abbraccio vale più di mille parole. Cerchiamo di abbracciarci di più perché stiamo veramente cadendo in un baratro di indifferenza, di ostilità. Fermiamoci tutti un attimo, fermiamoci perché fermiamoci a riflettere su dove ci sta portando tutto questo.
Un primo bilancio del tuo tour con l’Orchestra Sinfonica?
Era un mio sogno di sempre. Abbiamo riarrangiato tutte le canzoni in funzione dell’orchestra perché ci sono gli archi, i fiati… Siamo partiti dagli spazi estivi davanti anche a cinque-semila persone per poi ritornare nei teatri, che però è la mia dimensione più congeniale.
Come mai?
Perché sto attenta al testo. Ho sempre dato importanza ai testi. Sono una cantante che non canta solo con la voce, ma con la gestualità, con la faccia, diciamo che mi posso definire anche un’attrice. Non è soltanto una questione di voce e il teatro permette al mio pubblico di vedermi più da vicino. Ecco perché per me il teatro è il luogo più congeniale per la musica che faccio.