La domanda che affligge l’Europa da ormai più di un anno è soprattutto una: come deve reagire Bruxelles alla rielezione di Donald Trump e a un suo eventuale disimpegno in Ucraina? Rimanere in stallo, fare un passo indietro o addirittura rilanciare sono le tre opzioni di un’Unione che rischia di rimanere sola a sostenere un esercito, quello di Kiev, sempre più in difficoltà di fronte alla superiorità numerica e tecnologica degli uomini della Federazione che continuano ad avanzare nel Donetsk e preparano la riconquista totale del Kursk. Tra le opzioni sul tavolo di Francia e Gran Bretagna, però, ne rimane anche una più estrema, già ventilata da Emmanuel Macron nei mesi scorsi: inviare le truppe dei due Paesi a combattere sul suolo ucraino.

All’epoca, le parole del presidente francese, che poi le ridimensionò definendole un’eventualità ancora remota, divisero l’Ue e la Nato, tra chi si sentì di appoggiare il posizionamento interventista di Parigi e chi, come ad esempio la Germania e l’Italia, escluse qualsiasi possibilità di coinvolgimento delle proprie truppe. Nonostante ciò, alcuni Paesi come il suo e il Regno Unito continuano a tenere in considerazione questa ipotesi, secondo quanto scrive Le Monde che parla di un’opzione che “ha ripreso vigore” nelle ultime settimane grazie alla visita in Francia del primo ministro britannico Keir Starmer. Una fonte citata dal quotidiano francese ha dichiarato che “sono in corso discussioni tra Regno Unito e Francia sulla cooperazione in materia di difesa, in particolare con l’obiettivo di creare un nucleo di alleati in Europa concentrato sull’Ucraina e sulla sicurezza europea in generale “.

Che il governo francese preferisca non mettere limiti ai possibili provvedimenti da prendere per sostenere la causa ucraina lo aveva precisato Macron a suo tempo e lo ha ribadito anche il ministro degli Affari Esteri, Jean-Noël Barrot, che in un’intervista alla Bbc, nel corso della sua visita a Londra, il 23 novembre ha invitato gli alleati occidentali a “non stabilire ed esprimere linee rosse” sul sostegno all’Ucraina, aggiungendo di “non escludere alcuna opzione” sull’invio di truppe francesi sul terreno. Diversa la posizione assunta, ad esempio, dall’Italia. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito che “noi non invieremo nessun soldato a combattere in Ucraina. Noi aiutiamo Kiev politicamente, finanziariamente e militarmente inviando aiuti, ma non manderemo soldati a combattere in Ucraina. Dobbiamo evitare l’escalation, la Russia sta assumendo gravi responsabilità facendo combattere soldati nordcoreani e arruolando Houthi e proxy dell’Iran“.

Va chiarito che l’idea rimane al momento solo un’opzione per Parigi e Londra. Ma allo stesso tempo non viene affatto esclusa. Ad esempio la società Défense Conseil International (DCI), detenuta dallo Stato al 55%, è pronta, si legge, a continuare ad addestrare i soldati ucraini in Ucraina, come già fa in Francia e Polonia. Potrebbe anche, se necessario, garantire il mantenimento dell’equipaggiamento militare francese inviato a Kiev. Per questo è stata contattata da Babcock, una società britannica già presente in Ucraina, per condividere le strutture a disposizione. A maggio, Babcock ha annunciato che erano “in corso” i lavori per creare un sito di supporto tecnico per l’Ucraina.

Le indiscrezioni raccolte da Le Monde arrivano lo stesso giorno in cui altre fonti, questa volta interne alla Nato, hanno rivelato all’Ansa che la situazione attuale della sicurezza in Europa richiede “molti più soldati” di quelli al momento disponibili nei vari eserciti alleati o che “i nostri modelli attuali sono in grado di assicurare”. Questo non vuol dire che queste truppe verrebbero impiegate direttamente in Ucraina, ma affermazioni di questo tipo aumentano comunque la preoccupazione per una situazione che potrebbe anche evolversi in un coinvolgimento diretto dei Paesi Ue nel conflitto sul fianco Est della Nato. “Il modo in cui gli alleati scelgono di aumentare il reclutamento dei soldati è altamente politico, quindi noi non diamo assolutamente indicazioni al riguardo – ha aggiunto la fonte – Le varie opzioni sono basate sulla storia di ogni nazione e sugli accordi politici. Noi però incoraggiamo ad affrontare la mutata realtà: i piani regionali di difesa approvati dai leader ci dicono che siamo nel regno della sicurezza collettiva, della guerra di attrito e servono più uomini”.

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