La madre della giornalista, Margherita Rebuffoni, ha parlato del suo rapporto con la redazione de Le Iene e dell'importanza che il lavoro svolto da sua figlia ha ancora oggi
Sono trascorsi più di cinque anni dalla morte Nadia Toffa, stroncata a 40 anni da un tumore cerebrale. Da quel momento, la mamma della giornalista, Margherita Rebuffoni, non ha mai smesso di raccontare il lavoro di sua figlia: ha dato vita a una fondazione nel nome di Nadia, ha raccolto e pubblicato i pensieri e le testimonianze degli ultimi anni di vita, di cui rimane “la serenità, perché sto facendo quello che lei mi ha chiesto: raccogliere fondi per la ricerca sui tumori, aiutare chi soffre“, spiega Margherita al Corriere della Sera.
Rebuffoni, quindi, continua il lavoro svolto da sua figlia attraverso numerose opere benefiche. Un modo per sentirla ancora vicina, proprio come quando indossa i suoi vestiti: “Li metto spesso, mi sembra di essere ancora abbracciata a lei. Il dolore non passa, però quello che facciamo per lei ci aiuta a supportarlo”, racconta. Toffa, nel corso della sua carriera da giornalista, è riuscita a raggiungere la popolarità grazie anche alle sue inchieste e ai suoi servizi a Le Iene. Progetti giornalistici per cui spesso ha ricevuto molte critiche: “A volte si arrabbiava, poi diceva che bisognava perdonarli – aggiunge Rebuffoni -. Quelli che la insultavano sui social a volte li ha anche conosciuti. Finiva che si scusavano con lei”.
In ogni caso, il lavoro svolto da Toffa è vivo ancora oggi, come rivela la stessa Margherita: “Ha realizzato inchieste inedite, ad esempio nella terra dei fuochi, ma anche a Trieste, che ancora oggi hanno un risvolto. Molte cose non le sapevamo. Quel materiale però era fondamentale e viene utilizzato anche oggi. In qualche modo è come se stesse ancora lavorando“.
Con Le Iene, invece, “non ci sono rapporti, non sappiamo perché. Mandano sempre in onda i servizi di Nadia, sono sicuramente molto grati a lei per quello che ha fatto, forse alla famiglia un po’ meno. A noi, però, non importa: abbiamo la sua Fondazione ed è questo ciò che conta“, conclude Margherita Rebuffoni.