È diventata definitiva la condanna a 15 anni e due mesi di carcere inflitta a Finnegan Lee Elder, esecutore materiale dell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a coltellate il 26 luglio 2019 a Roma. Né la Procura generale né i difensori, infatti, hanno impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello il […]
È diventata definitiva la condanna a 15 anni e due mesi di carcere inflitta a Finnegan Lee Elder, esecutore materiale dell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a coltellate il 26 luglio 2019 a Roma. Né la Procura generale né i difensori, infatti, hanno impugnato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello il 3 luglio scorso, dopo che la Cassazione aveva annullato una precedente condanna a 24 anni. Si terrà ancora un processo di ultima istanza invece per l’altro imputato per il delitto, Gabriel Natale Hjorth, condannato a 11 anni e quattro mesi nell’Appello bis (la Suprema Corte aveva annullato una precedente condanna a 22 anni). Elder è detenuto dal 2019 nel carcere milanese di Opera, mentre da qualche mese Hjorth ha ottenuto di poter scontare la pena ai domiciliari, a casa della nonna a Fregene.
I fatti che portarono all’uccisione di Cerciello avvennero in un paio d’ore: dopo un tentato acquisto di droga non andato a buon fine, i due statunitensi, all’epoca 19enni, rubarono lo zaino di Sergio Brugiatelli, l’uomo che aveva indicato loro il pusher dal quale potevano rifornirsi. Gli americani pretendevano cento euro e della cocaina come “riscatto” per restituire il maltolto, e Brugiatelli chiese aiuto al 112. Cerciello, con il collega Andrea Varriale, venne inviato in soccorso per fermare la tentata estorsione: quando i militari in borghese cercarono di bloccarli, Elder reagì colpendolo a morte prima di darsi alla fuga.
Secondo la Prima sezione penale della Cassazione, che aveva annullato le condanne inflitte nel primo giudizio d’Appello, non era provato “oltre ogni ragionevole dubbio” che i due giovani, digiuni della lingua italiana, avessero compreso di trovarsi di fronte a due carabinieri: per questo i giudici della Suprema Coste avevano ordinato alla Corte d’Appello di rivalutare la sussistenza dell’aggravante di aver commesso il fatto “contro un ufficiale o agente di pubblica sicurezza” e del reato di resistenza a pubblico ufficiale.