Le donne con disabilità sono fra le più soggette a violenza fisica, sessuale e/o psichica. La maggior parte dei casi avviene all’interno di situazioni ritenute solo apparentemente di “comfort zone” e gli artefici delle aggressioni sono soprattutto parenti, assistenti personali oltre che personale sanitario, conoscenti o colleghi di lavoro. A essere colpite sono in particolare le donne con disabilità intellettive e sensoriali. I dati pubblicati dall’Osservatorio Nazionale di Non Una di Meno rilevano che nel 2024 vi sono state “almeno 108 vittime di femminicidio di cui 14 avevano una disabilità o una malattia grave, spesso cronica o degenerativa”. A riportarlo è Silvia Cutrera, coordinatrice del Gruppo Donne della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH). In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, per approfondire il tema legato alle donne con disabilità ilfattoquotidiano.it ha intervistato Haydée Longo, avvocata e disability manager, oltre che presidente della Consulta delle persone con disabilità del Comune di Milano. Longo si occupa di inclusione e pari opportunità da anni, ma è stato il contatto diretto con storie di donne con disabilità vittime di violenza che “mi ha spinto ad approfondire la questione, oltre alla mia esperienza personale. Credo fermamente”, aggiunge Longo, “che la consapevolezza e il lavoro in rete possano fare la differenza, e ho la fortuna di poter contare su tanti ‘alleati’ nel mondo della disabilità che si battono con me per questo”.
Avvocata Longo, qual è la situazione in Italia?
La violenza contro le donne con disabilità è un fenomeno ampiamente sottostimato, spesso invisibile anche nelle statistiche ufficiali. Secondo stime di organizzazioni internazionali e associazioni (come l’OMS, ndr), le donne con disabilità hanno fino a quattro volte più probabilità di subire violenza rispetto alle donne senza disabilità, rischio che aumenta ulteriormente nei casi di disabilità intellettiva o psichica, dove le donne possono essere viste come più vulnerabili o meno credibili. La violenza si manifesta principalmente in ambienti familiari, istituzionali o lavorativi, con dinamiche di dipendenza economica, isolamento sociale e mancanza di accesso ai servizi che amplificano la vulnerabilità di queste donne e pertanto rendono la violenza cui sono sottoposte particolarmente frequente ed impattante.
Cosa devono fare le istituzioni?
Sviluppare normative e politiche inclusive che prevedano servizi specifici per le donne con disabilità e per contrastare le discriminazioni multiple e le violenze cui sono sottoposte. È essenziale potenziare i centri antiviolenza rendendoli accessibili, formare operatori capaci di gestire casi complessi e fornire strumenti di supporto psicologico e legale specifici e competenti nel gestire questo tipo di casi, ma anche creare sinergie tra servizi sociali, sanitari e associazioni di settore per garantire una risposta integrata ed efficace. Anche il monitoraggio continuo e l’implementazione di campagne di sensibilizzazione e informazione sono cruciali, perché di questo tema si parla ancora troppo poco e si hanno pochi dati. Inoltre, servono strumenti tecnologici e risorse digitali che offrano supporto immediato e sicuro, anche a distanza.
Qual è la situazione delle lavoratrici con disabilità rispetto al tema violenza fisica o verbale?
Sono spesso esposte a violenze e discriminazioni multiple di vario tipo nel campo lavorativo: dal mobbing alle molestie verbali, fino all’isolamento e ai casi più gravi di violenze. Le normative oggi in vigore non sempre sono applicate in modo efficace, specie a casi complessi come questi, e le denunce restano basse, spesso per timore di ripercussioni o per mancanza di supporto. Sarebbe quindi importante rafforzare le tutele ed i controlli nei luoghi di lavoro, offrire formazione specifica ai datori di lavoro e istituire sportelli di ascolto per le vittime di violenza lavorativa. Recentemente ho lavorato ad una proposta di legge che istituisce opportunità per l’impiego lavorativo delle donne con disabilità, spero venga approvato presto in via definitiva.
Quanto è importante lavorare sugli aspetti della prevenzione e della consapevolezza culturale?
La prevenzione è cruciale per smantellare stereotipi e pregiudizi che alimentano la violenza. Educare al rispetto e alla parità fin dall’infanzia è fondamentale, così come sensibilizzare la società sulle specificità delle donne con disabilità. Una cultura inclusiva è il primo passo per prevenire ogni forma di sopraffazione ed eliminare le discriminazioni.
Può spiegare cosa significa il binomio genere-disabilità in prospettiva intersezionale?
L’intersezionalità evidenzia come le donne con disabilità subiscano discriminazioni basate su fattori diversi (es: sessismo e abilismo) che però si intrecciano andando a creare una nuova forma di discriminazione, più potente e violenta perché appunto frutto non di uno bensì due contesti diversi. Questi fattori amplificano le difficoltà e le vulnerabilità, creando barriere nell’accesso ai diritti e alle opportunità ben più gravi di quanto avverrebbe in altri casi.
Se una donna con disabilità è vittima di violenza, a chi può rivolgersi tutelando la propria privacy?
Possono rivolgersi ai centri antiviolenza che collaborano con associazioni come FISH o DPI Italia. Il numero 1522 offre un primo supporto, anonimo e gratuito. Inoltre, alcuni Comuni offrono servizi specifici per donne con disabilità, come sportelli di ascolto accessibili e percorsi personalizzati di uscita dalla violenza. Può ovviamente sempre rivolgersi ad un avvocato, e nel caso di Milano certamente alla Consulta per ogni supporto.
Quale, tra i tanti cambiamenti necessari, sente più urgente?
Vorrei sottolineare l’esigenza di avere leggi specifiche che tengano conto di questo tema e uniscano il mondo della disabilità e quello della violenza di genere con strumenti e disposizioni ad hoc: per questo sto lavorando a livello di advocacy per garantire un’effettiva protezione alle donne con disabilità. E’ inoltre fondamentale potersi occupare anche della violenza che le donne subiscono da un punto di vista digitale, e curare particolarmente l’accessibilità in questo campo per permettere loro di tutelarsi in ogni contesto.