Con una relazione di 884 pagine e 37 indagati, la Polícia Federal ha chiuso il cerchio della sua indagine per tentato colpo di Stato in Brasile tra il novembre 2022 e il gennaio 2023. I mesi in cui una cupola di militari e politici fedeli a Jair Bolsonaro, secondo l’accusa, avrebbe cercato di bloccare l’insediamento di Lula, appena eletto Presidente della Repubblica. Il tentativo di spallata non andò a buon fine, ma secondo gli investigatori della PF “creò il clima propizio” per i fatti dell’8 gennaio 2023, quando un nutrito gruppo di militanti bolsonaristi invase il Congresso, il palazzo presidenziale e la sede della Corte Suprema. Un’imitazione in salsa carioca dell’assalto a Capitol Hill.

Proprio Bolsonaro, si legge nelle carte, è da considerarsi “il leader dell’organizzazione” che ha cercato di dare avvio a un golpe per “abolire in modo violento lo Stato democratico di diritto”. Per assicurarsi la riuscita di questo progetto eversivo, l’ex Presidente si sarebbe avvalso non solo di quattro ministri del suo governo, ma anche di 26 militari di alto rango. Tra gli indagati spiccano i nomi del generale Walter Braga Netto (ex ministro della Difesa e candidato vicepresidente di Bolsonaro nel 2022), del Presidente del Partito Liberale Valdemar Costa Neto e dell’allora capo dei servizi segreti Alexandre Ramagem (oggi deputato federale). Tutte figure su cui nelle prossime settimane il Procuratore Generale della Repubblica Paulo Gonet deciderà se formalizzare le accuse oppure se archiviare la loro posizione.

Dure critiche all’inchiesta sono state mosse da tutti gli indagati, in particolare da Jair Bolsonaro che ha respinto ogni addebito nel corso di un’intervista pubblicata sui suoi canali social: “Non ho pianificato un colpo di Stato. Ho sempre agito nel rispetto della Costituzione. Qualcuno ha visto soldati per le strade o persone arrestate dai militari in quei giorni? È un’inchiesta condotta dai giudici per fini personali”.

Sono due gli indizi raccolti dalla Polícia Federal contro Jair Bolsonaro. Primo, l’ex presidente sarebbe stato messo al corrente del piano ‘Punhal verde amarelo’, un documento di tre pagine nelle quali veniva dettagliato il sequestro e l’uccisione di Lula, del suo vice Alckmin e del giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes. Secondo l’informativa della PF, l’allora segretario generale del Presidente Bolsonaro, Mario Fernandes, avrebbe stampato questo documento il 9 novembre 2022 proprio all’interno del Palácio do Planalto, sede ufficiale della Presidenza della Repubblica. Soltanto dieci giorni prima Lula aveva trionfato al ballottaggio contro Bolsonaro e da una settimana era ufficialmente iniziata la transizione dei poteri. Fernandes si sarebbe poi recato al Palácio da Alvorada, residenza istituzionale del presidente della Repubblica, dove Bolsonaro si era ‘barricato’ a seguito della sconfitta elettorale. La presenza di Fernandes è confermata dal registro ufficiale dei visitatori, secondo cui rimase nell’edificio per più di un’ora. Il 12 novembre, a seguito di una riunione in casa del generale Braga Netto, un gruppo composto da sei militari ha iniziato a monitorare gli spostamenti del giudice Alexandre de Moraes, ma al momento di colpire vennero richiamati. Era la sera del 15 dicembre 2022 e qualcosa di più torbido stava bollendo in pentola.

Il giorno seguente, lo stesso Fernandes stampò sei copie di un file Word chiamato Gab_Crise_GSI contenente l’organigramma di un presunto gabinetto militare di crisi che avrebbe preso il potere una volta destituito Lula. Il giorno seguente, Fernandes ritornò all’Alvorada per incontrare Bolsonaro e vi rimase a colloquio per quaranta minuti. A quell’ora nello stesso palazzo c’era anche Filipe Martins, assessore personale del Presidente e presunto ideatore del decreto che avrebbe consentito a Bolsonaro di dichiarare lo stato di emergenza. Questo documento venne ritrovato dalle autorità il 12 gennaio 2023, quattro giorni dopo l’assalto al Congresso, nella casa di Anderson Torres, all’epoca ministro della Giustizia di Bolsonaro.

Il secondo indizio raccolto dalla Polícia Federal contro l’ex presidente della Repubblica proviene dalla collaborazione del tenente Mauro Cid, figura che faceva parte dell’entourage di Bolsonaro. Proprio Cid ha raccontato agli investigatori che il progetto golpista sarebbe stato discusso con Bolsonaro in almeno cinque riunioni avvenute tra luglio e dicembre del 2022. “Questo decreto consentiva l’arresto dei ministri della Corte Suprema, del presidente del Senato Rodrigo Pacheco e l’indizione di nuove elezioni”, ha ammesso l’ufficiale militare in un verbale di interrogatorio. Il 7 dicembre 2022, secondo la sua versione, Bolsonaro si sarebbe riunito con i comandanti delle Forze Armate e della Marina per discutere del presunto colpo di Stato. Per la Polícia Federal, uno dei riscontri a quella riunione è un messaggio inviato da Mario Fernandes allo stesso Cid quella mattina: “Credo che ti trovi nel mezzo di una riunione molto importante all’Alvorada. Trasmetti questo video (relativo alle manifestazioni di piazza a favore di Bolsonaro, ndr) al nostro comandante, se possibile durante la riunione. Stiamo facendo la storia”. Il giorno seguente Cid gli rispose: “Parlerò con il presidente. Il problema è che lui ha questa personalità. Lui aspetta per vedere che cosa succede, solo che a volte il tempo è molto breve e non possiamo aspettare”.

Durante la riunione del 7 dicembre, secondo la versione di Cid, Bolsonaro ha presentato ai comandanti delle forze armate il decreto elaborato da Martins per ufficializzare il tentativo golpista. La bozza prevedeva “l’entrata in vigore dello stato d’eccezione” per “ristabilire la legalità del processo elettorale”. In sostanza, sarebbe stato possibile bloccare l’insediamento del presidente Lula e iniziare il processo di riconteggio dei voti sotto lo stretto controllo dei militari. Un colpo di mano che sarebbe naufragato a causa della mancata collaborazione del generale delle forze armate Marco Antonio Freire Gomes, il quale avrebbe persino minacciato di far arrestare Bolsonaro se avesse dato avvio al piano eversivo.

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