Ancora violenze in ospedale. E ancora una volta le vittime sono donne a conferma dei dati diffusi nella Giornata contro la violenza sulle donne che due episodi su tre riguardano loro. Una dottoressa è stata aggredita da un paziente all’ospedale Villa Sofia a Palermo. L’uomo, un quarantenne, ha colpito al volto il medico in servizio al pronto soccorso con un pugno. Provvidenziale l’intervento di una guardia giurata della Ksm che ha bloccato il paziente, seguito dagli specialisti del servizio per le tossicodipendenze, fino all’arrivo dei carabinieri che lo hanno identificato e scortato fuori dall’ospedale. L’uomo è stato poi denunciato.

L’aggressione a Palermo – Secondo una prima ricostruzione l’uomo aveva passato la notte a Villa Sofia. Non appena i medici hanno proposto la consulenza psichiatrica, l’aggressore ha iniziato a inveire contro la dottoressa di 39 anni, minacciandola di morte e provando a colpirla. Alcuni pugni non sono andati a segno solo grazie all’intervento di una guardia giurata che ha parato i colpi con il corpo bloccando l’aggressore sino all’arrivo di una pattuglia del nucleo radiomobile dell’Armr. La direzione sanitaria ha sporto denuncia contro di lui per lesioni e minacce a pubblico ufficiale.

L’aggressione a Massa – Un altro episodio è stato registrato al pronto soccorso a Massa (Massa Carrara) nei giorni scorsi ma emerso solo oggi. Un uomo ha aggredito due infermiere prendendole a calci perché aveva bisogno di un valium, dopo avrebbe dato in escandescenze lanciando sedie e oggetti, fino ad aggredire i due agenti intervenuti. La vicenda è accaduta nei giorni scorsi ed è riportata nell’edizione odierna della cronaca locale del Tirreno. Protagonista un 36enne, arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiali, lesioni e danneggiamento.

Secondo quanto riferito dal quotidiano, l’uomo si sarebbe presentato al Nuovo ospedale Apuane dicendo di aver bevuto e di essersi drogato, chiedendo insistentemente un valium. Quindi avrebbe insultato e preso a calci due infermiere, minacciandole: “Se non mi date il valium vi ammazzo tutti”. In base alla ricostruzione della procura, il 36enne avrebbe anche colpito con calci e pugni gli agenti e cercato di sfilare la pistola d’ordinanza a uno di loro. Alla fine è stato bloccato e ammanettato. L’uomo avrebbe poi aggiunto “vi ammazzo tutti“, “quando esco faccio una strage“.

I dati delle violenze – Sono state 16000, nel 2023, le aggressioni contro gli operatori sanitari, considerando la violenza fisica, verbale e contro la proprietà, 18000 gli operatori coinvolti: di questi, i due terzi sono donne. Dati drammatici che hanno spinto la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a promuovere due campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini. Si tratta di poster che verranno affissi nei pronto soccorso e puntano a comunicare con i pazienti e con i loro famigliari. Le campagne hanno preso il via da ieri, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e saranno messe a disposizione dei 106 Ordini territoriali.

“Abbiamo scelto la data del 25 novembre – ha spiegato il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – perché secondo tutti i dati disponibili, la stragrande maggioranza dei medici vittima di aggressione sono colleghe donne. E donne sono purtroppo molte dei medici che hanno perso la vita, dottoresse che sono state uccise mentre stavano facendo il loro lavoro: Barbara Capovani, Paola Labriola, Eleonora Cantamessa Maria Monteduro, Roberta Zedda“. Da qui le due campagne, rivolte ai pazienti. La prima si intitola “Mentre aspetti” e cerca di mostrare a chi attende fuori cosa avviene al di là di quella porta chiusa che hanno varcato i pazienti. La seconda campagna mette invece in evidenza le possibili conseguenze penali di un’aggressione al personale sanitario e sottolinea anche in questo caso il carattere universale, equo e solidale del Ssn: “Qui curiamo tutti, senza distinzioni”; “In tanti Paesi l’assistenza sanitaria è solo per ricchi”. “Il problema della violenza – dichiara Anelli – non può risolversi senza interventi strutturali che colmino le carenze di personale e garantiscano condizioni di lavoro sicure ai medici. Serve anche un’azione culturale che incida sul modo in cui i cittadini guardano al Servizio sanitario nazionale, come bene comune da tutelare”.

Foto di archivio

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