Non un criminale incallito, non certamente “Pablo Escobar”. I difensori di Filippo Turetta chiedono ai giudici della Corte d’assise di non riconoscere la premeditazione del femminicidio di Giulia Cecchettin per cui la procura che ha chiesto l’ergastolo per il 23enne reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata, uccisa a novembre 2023 con 75 coltellate. “Filippo Turetta sa che dovrà fare molti anni di galera ma non è el Chapo, non è Pablo Escobar non teme l’ergastolo perché da subito si è detto pronto a pagare per quanto commesso”.
Nelle tre ore di arringa i suoi avvocati – Giovanni Caruso e Monica Cornaviera – hanno chiesto di evitare la pena massima per il loro assistito, detenuto nel carcere di Montorio, a Verona. Turetta deve rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, di sequestro di persona, di occultamento di cadavere e di stalking. Aggravanti che i suoi legali, che non quantificano la richiesta di pena, chiedono che “vengano ritenute insussistenti”, convinti che l’imputato meriti le attenuanti generiche. Al contrario, nell’udienza di ieri, davanti alla Corte d’Assise di Venezia, il pm Andrea Petroni ha parlato di “premeditazione certa, da caso di scuola”, aggiungendo che “nell’interrogatorio del primo dicembre 2023 e nell’esame dell’imputato in aula lo scorso 25 ottobre, ho avuto la spiacevole sensazione di essere stato preso in giro”. La prossima udienza, come da programma stilato dal collegio giudicante, sarà quella della sentenza, il 3 dicembre.
“Difficile difenderlo” – In apertura del suo intervento, Caruso ha ammesso che difendere il ragazzo, “reo confesso di un omicidio efferato“, “è un compito non facile”. E che di fronte a vicende come questa “il meccanismo più immediato è il ‘crucifige’. Vogliamo davvero pensare che a scattare sia stato il meccanismo della “presunzione di innocenza? La condizione empatica? Vogliamo pensare che la reazione al cortocircuito della comunità sia: ‘Fermiamoci per la presunzione di innocenza?”, ha aggiunto. “Assisto un giovane ragazzo che ha ucciso una giovane ragazza privandola della vita, dei ricordi, dei sogni, delle speranze, dei progetti e la priva di tutti i legami che la univano alle persone che l’amavano e aveva riposto in lei aspettative di un futuro radioso. Porterò una goccia d’acqua di legalità, voglio portarla fino alle sue estreme conseguenze”.
“Nessuna premeditazione, Turetta è un insicuro” – Caruso ha poi cercato di smontare l’aggravante della premeditazione, da sempre contestata dall’accusa. “Se c’è uno che non sa premeditare alcunché è Filippo Turetta. Non me ne voglia Filippo ma, a meno che non sia il più consumato degli attori, è insicuro: è insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui”, aggiunge il legale” Ieri, nella sua requisitoria il pm Andrea Petroni “ha detto che questo – al contrario – è un caso di scuola della premeditazione, dissento: non è proprio un caso di scuola” chiosa il difensore. E rispetto alla lista (era emerso che lo scotch ritrovato nell’auto di Turetta serviva per legare la vittima e i coltelli utilizzati per uccidere Giulia Cecchettin, erano stati messi nella Fiat Grande Punto prima dell’11 novembre, quando la ragazza è stata uccisa. In questa direzione anche la lista di cose da fare, trovata nel telefono dell’imputato, che risale al 7 novembre, ndr) che per la pubblica accusa rappresenta la prova della premeditazione del femminicidio, il legale continua: “Lui è timido, insicuro: compra un terzo rotolo di scotch, scrive la lista così sarebbe stato qualcosa di più difficile da cui tirarsi indietro, scrive un memoriale perché è più facile scrivere che parlare” spiega l’avvocatessa Monica Cornaviera. La difesa ricorda anche l’intenzione dell’imputato di costituirsi – con tre tentativi di chiamata al numero di emergenza – poco prima dell’arresto in Germania, vicino a Monaco di Baviera. “Turetta ha rinunciato all’udienza preliminare, ha acconsentito all’acquisizione di tutti gli atti permettendo un processo ‘lampo’ di poche udienze. Non è vero che Turetta non ha chiesto scusa lo ha fatto anche prima di rientrare in Italia, si preoccupa dei genitori che vengano isolati per quello che lui ha commesso”.
“Pronunciate una sentenza secondo legalità” – Nell’arringa, dice rivolgendosi ai giudici togati e popolari, spiega: ”Io sono il colibrì, voi siete il leone, non abbandonate la foresta in fiamme. Porterò una goccia di legalità nel processo – ha affermato – È il principio di legalità che mi ispira oggi, voi siete chiamati a pronunciare non una sentenza giusta, ma dovrete pronunciare una sentenza secondo legalità. Non secondo la legge del taglione”, aggiunge l’avvocato, che ricorda che non è un processo indiziario, ma un processo in cui c’è da decidere solo la condanna di Turetta. “Da molto tempo”, spiega la difesa in un passaggio dell’arringa, l’ergastolo “è ritenuta una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo stato di diritto paga alla pena vendicativa, a chi ritiene che Turetta debba essere messo in carcere e vada buttata via la chiave. Questa è l’ipocrisia dell’ergastolo, no all’esposizione alla gogna mediatica dell’imputato, questa è inciviltà giuridica. Damnatio memoriae”.