Mentre Jannik Sinner si conferma il numero 1 al mondo dopo il trionfo alle Atp Finals di Torino e l’Italia del tennis conquista la sua terza Coppa Davis, annualmente oltre 8mila aspiranti tennisti in tutto il mondo sognano di diventare come lui, o quanto meno di raggiungere un livello da top 100. Se l’Atp è il paradiso dantesco del tennis, il parallelo circuito Itf ha tutto per essere considerato uno dei nove gironi dell’Inferno: oltre 750 tornei (tra maschili, femminili, in sedia a rotelle e in spiaggia), 24mila incontri per il singolare, oltre 10mila per il doppio. Ma solo in pochissimi riescono a qualificarsi per i tornei Atp. A rendere più complicata la scalata (o il ritorno) si aggiungono condizioni climatiche avverse e una logistica complicata per chi vi partecipa. Non solo l’Europa, tutto il mondo è coinvolto: dalla Spagna al Guatemala.
Il sottobosco dell’Atp
Un montepremi limitato per un circuito che possa permettere ai giovani di guadagnare punti utili per scalare le classifiche mondiali. L’obiettivo è semplice: trovare, o riacquistare, un posto nei tornei dell’Atp e della Wta (che hanno sollecitato l’idea) valorizzando la crescita dei giovani. Una sorta di sottobosco del tennis creato ufficialmente nel 1984, in seguito ad alcuni tentativi analoghi svolti dalla European Tennis Association (Eta) e dalla Us Tennis Association (Usta). La prima versione targata Itf – per consentire di avere regole uguali per tutti – è stata introdotta due anni più tardi: nata come organizzazione semi-indipendente, il primo contributo per creare un vero e proprio montepremi è stato offerto dal torneo di Wimbledon che, successivamente, ha istituito il Grand Slam Trust Fund, organismo destinato a sviluppare il progetto, con il contributo degli Us Open e del Roland Garros. Ampliato il torneo su scala mondiale (Sudamerica e Asia tra gli altri), si è poi passati per una divisione legata all’importanza e al quantitativo in denaro: dal circuito M (maschile) e W (femminile) categoria 15 fino alla 100. Il montepremi, dunque, varia dai 15mila ai 100mila dollari complessivi.
L’obiettivo
Nel 2019 c’è stato un restyling che ha colpito la categoria Itf. Non più considerato propriamente un gradino inferiore, ma un vero e proprio ranking parallelo a quelli Atp e Wta. Non si parla più di “circuito minore” ma di “grande opportunità” per i nuovi talenti sparsi per il mondo. E così anche nelle juniores raggiungerà un determinato livello, potrà fare il doppio salto in prima fascia per poter partecipare ai grandi Slam bypassando così il limbo tra Inferno e Paradiso.
Over 40, il torneo Wheelchair e quello sulla spiaggia
Tutti possono partecipare: dai dilettanti ai professionisti in cerca di riscatto. Fino agli over 40 e agli atleti con difficoltà motorie. Anche chi non ha mai disputato ufficialmente un torneo può iscriversi, un esempio è Vivek Ramaswamy – ex candidato repubblicano alla presidenza e rinomato imprenditore americano – che ha fatto il suo debutto nella categoria M25. Una divisione, come dicevamo ad hoc: dalle juniores u18 ai “senior circuit” per gli over 35 e 40. C’è anche spazio per l’inclusione, grazie all’organizzazione del Wheelchair Tennis Tour e per la sperimentazione come testimoniato dal Beach Tennis Tour. Un tennis da spiaggia (in cui ovviamente non è consentito il rimbalzo sulla sabbia) che vede al primo posto del ranking l’italiano Michele Cappelletti.
Pioggia, campo ghiacciato e partite ad alta quota
L’Itf non è per i deboli: venti forti, piogge e nebbia fitta non fermano di certo gli oltre 8mila aspiranti tennisti. Pensato per promuovere i campioni del futuro, non sempre però la location rende giustizia. Temperature sotto lo zero e partite disputate a 2500 metri di altezza in cui gli unici spettatori sono i contadini con le loro capre al pascolo: l’Itf è anche questo. Ma l’altitudine e il freddo gelido non sono le cose più sconvolgenti: nel torneo W35 di Kayseri (in Turchia), il livello del circuito è più basso dei gradi percepiti. Molti dei tennisti iscritti sanno a malapena giocare: sono più i set da 6-0 o 6-1 che quelli giocati fino al tie break. Alcune durano poco più di 30 minuti, altre vengono vinte a tavolino dall’avversario per l’assenza (ovviamente non comunicata) dello sfidante. Immagini bislacche e situazioni surreali, tra chi cerca di ritagliarsi un posto nella classifica Atp e chi, invece, si iscrive quasi per caso. Lontano dai riflettori dei 4 tornei del Grande Slam e dei Masters 1000 non si gioca solo un altro tennis (e senza tifosi), ma un totalmente un altro sport.