La maggioranza cerca faticosamente la via d’uscita da un’impasse che da giorni blocca il cammino del decreto fiscale al Senato. Il provvedimento era atteso in Aula mercoledì dopo il voto sugli emendamenti in commissione, più volte rinviato. Il vertice domenicale tra Giorgia Meloni e gli alleati non è bastato per appianare le divergenze di vedute su riduzione del canone Rai, payback sanitario e altre richieste di modifica firmate da singoli partiti e non condivise dagli altri. Il cdm di lunedì se possibile ha peggiorato la situazione, cristallizzando la spaccatura: Forza Italia non ha partecipato, ufficialmente perché Antonio Tajani era impegnato a presiedere il G7 dei ministri degli Esteri e gli altri ministri avevano altri “impegni istituzionali o personali irrinunciabili”.

Martedì pomeriggio le votazioni sul provvedimento sono iniziate ma l’emendamento della Lega che rifinanzia il taglio del canone a 70 euro e vede contrari i forzisti è stato accantonato per “ulteriori verifiche”, ha spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Poco dopo la commissione, che aveva iniziato l’esame dall’articolo 2 sul rifinanziamento dell’Ape sociale, ha dovuto sospendersi per i lavori dell’Aula: se ne riparla dalle 20. Ma il capogruppo degli azzurri in Senato, Maurizio Gasparri, considera il nodo già sciolto: “Noi siamo contro, da sempre, e lo abbiamo detto con trasparenza. Si danno 430 milioni di soldi pubblici alla Rai, facendo risparmiare 1,20 euro al mese al cittadino. Riteniamo che fare questa cosa sia una partita di giro e quindi siamo serenamente contrari”.

Intanto il governo ha riformulato e depositato al Senato due proposte di Avs e Pd: il nuovo emendamento riduce dal 2 per mille allo 0,2 per mille dell’Irpef il contributo destinato ai partiti politici e al tempo stesso quasi raddoppia a 42,3 milioni il finanziamento della misura e prevede che anche la quota di chi non esprime una scelta vada ai partiti. Immediate le polemiche: il Movimento 5 Stelle parla di “colpo di mano”.

Riformulato anche l’emendamento proposto dalla Lega su un nuovo rinvio da novembre a gennaio dell’acconto di imposte e tasse per le partite Iva, che potrà essere pagato anche in cinque rate fino a maggio. Esclusi però i contributi Inps e Inail. Nel testo della modifica è previsto il rinvio della rata per il periodo d’imposta del 2024 per i lavoratori autonomi con ricavi fino a 170mila euro ma “con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi dovuti all’Inail entro il 16 gennaio dell’anno successivo oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 6 di ciascun mese”.

Tra le riformulazioni non dovrebbe esserci quella dell’emendamento di FI a firma Claudio Lotito che ripesca lo scudo penale per reati fiscali minori ripescando una proposta che il senatore forzista aveva già cercato di far entrare nel dl Omnibus. Secondo ambienti di governo c’è stato un intervento del Quirinale, vigile sul rispetto dell’omogeneità complessiva della materia.

Pd e Avs hanno buon gioco a parlare di “ricatti interni” alla maggioranza sul dl fisco, che “ha evidenti ricadute sui numeri della manovra e un impatto sulla finanza pubblica”, fa notare il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. “In commissione si respira un clima da lunghi coltelli”, aggiunge il senatore di Alleanza Verdi e Sinistra Tino Magni. “Mentre la destra gioca con le bandierine propagandistiche, sotto forma di emendamenti, gli italiani soffrono per la crisi economica”.

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Dal vertice maggioranza sulla manovra arriva lo stop a modifiche “non condivise”. Strada in salita per il taglio della seconda aliquota Irpef

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