La maggioranza cerca molto faticosamente la via d’uscita da un’impasse che da giorni blocca il cammino del decreto fiscale al Senato. Il provvedimento era atteso in Aula mercoledì dopo il voto sugli emendamenti in commissione, più volte rinviato. Il vertice domenicale tra Giorgia Meloni e gli alleati non è bastato per appianare le divergenze di vedute su riduzione del canone Rai, payback sanitario e altre richieste di modifica firmate da singoli partiti e non condivise dagli altri. Il cdm di lunedì se possibile ha peggiorato la situazione, cristallizzando la spaccatura: Forza Italia non ha partecipato, ufficialmente perché Antonio Tajani era impegnato a presiedere il G7 dei ministri degli Esteri e gli altri ministri avevano altri “impegni istituzionali o personali irrinunciabili”. Risultato: non si è votato nemmeno martedì, se ne riparla domani alle 9.

Il nodo del canone – Martedì pomeriggio l’emendamento della Lega che rifinanzia il taglio del canone a 70 euro e vede contrari i forzisti è stato accantonato per “ulteriori verifiche”, ha spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. La commissione, che aveva iniziato l’esame dall’articolo 2 sul rifinanziamento dell’Ape sociale, ha dovuto sospendersi per i lavori dell’Aula. Doveva riunirsi di nuovo alle 20, ma alle 21:30 erano ancora in corso riunioni tra Ciriani, gli esponenti di Forza Italia della commissione e il capogruppo di FdI in commissione Guido Quintino Liris. Poi la decisione di rinviare tutto a domattina. “Riprenderemo l’esame dall’articolo 1”, spiega Raffaella Paita di Iv: dunque si partirà dal punto del provvedimento sul quale la Lega ha presentato l’emendamento sulla Rai.

Poco prima si sono tenuti colloqui tra i capigruppo di Fi Maurizio Gasparri e quello di FdI Lucio Malan e con i leghisti Claudio Borghi e Marco Dreosto. Gasparri qualche ora prima aveva chiuso: “Noi siamo contro, da sempre, e lo abbiamo detto con trasparenza. Si danno 430 milioni di soldi pubblici alla Rai, facendo risparmiare 1,20 euro al mese al cittadino. Riteniamo che fare questa cosa sia una partita di giro e quindi siamo serenamente contrari”. Se il presidente della commissione, Nicola Calandrini di FdI, partecipasse al voto, l’emendamento potrebbe comunque passare in caso di astensione del Movimento 5 stelle, calcola l’Ansa: la Lega insieme a FdI (compreso Calandrini) più Mario Borghese del gruppo Misto che voterebbe con loro arriverebbe a 10 voti in commissione mentre il Pd insieme a FI, Avs, le Autonomie e Iv totalizzerebbe 9 voti.

Più finanziamenti ai partiti – Intanto il governo ha riformulato due proposte di Avs e Pd e depositato al Senato un nuovo emendamento che riduce dal 2 per mille allo 0,2 per mille dell’Irpef il contributo destinato ai partiti politici e al tempo stesso quasi raddoppia a 42,3 milioni il finanziamento della misura e prevede che anche la quota di chi non esprime una scelta vada ai partiti. Il Movimento 5 Stelle ha parlato di “colpo di mano”. In serata dal Colle è arrivato l’altolà: la norma non può essere inserita nel decreto.

Acconti a rate per le partite Iva – Tra gli altri riformulati c’è anche l’emendamento proposto dalla Lega su un nuovo rinvio da novembre a gennaio dell’acconto di imposte e tasse per le partite Iva, che potrà essere pagato anche in cinque rate fino a maggio. Esclusi però i contributi Inps e Inail. Nel testo della modifica è previsto il rinvio della rata per il periodo d’imposta del 2024 per i lavoratori autonomi con ricavi fino a 170mila euro ma “con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi dovuti all’Inail entro il 16 gennaio dell’anno successivo oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 6 di ciascun mese”.

Salta lo scudo – Tra le riformulazioni non dovrebbe esserci quella dell’emendamento di FI a firma Claudio Lotito che ripesca lo scudo penale per reati fiscali minori ripescando una proposta che il senatore forzista aveva già cercato di far entrare nel dl Omnibus. Secondo ambienti di governo c’è stato un intervento del Quirinale, vigile sul rispetto dell’omogeneità complessiva della materia.

Pd e Avs hanno buon gioco a parlare di “ricatti interni” alla maggioranza sul dl fisco, che “ha evidenti ricadute sui numeri della manovra e un impatto sulla finanza pubblica”, fa notare il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. “In commissione si respira un clima da lunghi coltelli”, aggiunge il senatore di Alleanza Verdi e Sinistra Tino Magni. “Mentre la destra gioca con le bandierine propagandistiche, sotto forma di emendamenti, gli italiani soffrono per la crisi economica”.

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Dal vertice maggioranza sulla manovra arriva lo stop a modifiche “non condivise”. Strada in salita per il taglio della seconda aliquota Irpef

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