Calcio

Il fronte anti-Gravina prova a sabotare la sua (scontata) rielezione: il ruolo di Giuliano Amato dopo il silenzio della Procura Figc

Da una parte la possibile discesa in campo di Alessandro Del Piero, grande nome che ha già acceso l’entusiasmo di giornali e tifosi. Dall’altra una serie di atti formali per costringere la FederCalcio e il suo presidente a fare i conti con l’inchiesta che lo riguarda. È la manovra a tenaglia, quasi un accerchiamento, nei confronti di Gabriele Gravina in vista delle prossime elezioni del pallone. Una partita che potrebbe avere un giudice d’eccezione: Giuliano Amato, l’ex presidente della Corte Costituzionale, che fra le sue innumerevoli cariche vanta pure quella di Garante del codice di comportamento sportivo. È l’ultima trovata da parte delle opposizioni del pallone per provare ad evitare la scontata rielezione di Gravina. Tutto infatti pare apparecchiato per la riconferma: ormai c’è anche la data, 3 febbraio, giorno per cui è stata convocata l’assemblea elettiva. Il diretto interessato tergiversa solo perché vorrebbe l’appoggio dell’ostile Serie A, così da essere candidato unico, ma anche senza i numeri sono dalla sua parte perché Gravina ha in mano tutte le altre componenti. Di qui la carta Del Piero, per provare a spezzare la maggioranza, in particolare facendo leva sull’Assocalciatori, che da sempre sogna un presidente giocatore. Ma non basta.

Questo è il fronte politico. Poi c’è quello giudiziario, che forse preoccupa ancora di più Gravina: l’indagine per la famosa compravendita di libri antichi e la presunta provvigione sui diritti tv della Serie C. Un’eventuale richiesta di rinvio a giudizio sarebbe un colpo durissimo, ma a questo punto non è detto che la decisione arrivi prima del voto. E comunque, se non ha sentito la necessità di dimettersi fino ad oggi, Gravina potrebbe rimanere incollato alla poltrona in ogni caso. Anche perché finora le istituzioni gli hanno permesso di andare avanti come se nulla fosse: la Procura della Figc, sempre così solerte nel chiedere atti e aprire fascicoli che poi finiscono in un nulla di fatto, non ha mossa un dito sulle vicende che riguardano il presidente federale. Sembra incredibile, ma in realtà non lo è affatto considerando la proverbiale mancanza di indipendenza che contraddistingue la giustizia sportiva. Qui si innesca la prossima offensiva anti-Gravina, che può contare su un fronte eterogeneo ma particolarmente bellicoso, da alcuni patron di Serie A (il solito Lotito in prima fila) e pezzi di governo e parlamento. L’obiettivo è chiaro: costringere le autorità vigilanti ad occuparsi dello “scandalo” Gravina. E valutare se il presidente federale ha violato le norme sportive.

Sul piano penale, la vicenda è complessa: Gravina ovviamente è innocente fino al terzo grado di giudizio. Ma la giustizia sportiva ha tempi e principi diversi da quella ordinaria, come abbiamo imparato anche di recente (ad esempio con le plusvalenze della Juventus). Non serve necessariamente aspettare la condanna penale per la sanzione sportiva. E dalle inchieste giudiziarie e giornalistiche sono emerse circostanze oggettive, cristallizzate dalle pesanti valutazioni del Tribunale del Riesame. Ad esempio, i rapporti privati intrattenuti dal Gravina presidente con alcuni fornitori del pallone, ad esempio il defunto Marco Bogarelli, da cui accettò un prestito di 350mila euro mentre questi era advisor della Lega Pro. Un conflitto di una inopportunità palese e inaudita. Oppure l’operazione delle opzioni sui libri, che il Collegio ha ritenuto “evidentemente orchestrata” da Gravina. E ancora, le svariate consulenze, rivelate dal Fatto, tutt’ora in essere, firmate dalla Figc con Assist Group di Gianni Prandi, lo stesso imprenditore che con la sua società inglese Ginkgo si era interessato alla collezione del presidente, pagandogli di fatto 200mila per non acquistare i volumi. Com’è possibile che la Procura federale e le altre istituzioni non si siano occupate di queste vicende, che sembrano configurare una violazione dei principi di lealtà sportiva?

È la domanda che già questa settimana porranno ufficialmente alcune interrogazioni, portando il caso Gravina in parlamento: a firmarle dovrebbero essere il gruppo misto al Senato e Fratelli d’Italia alla Camera (quest’ultima sarebbe un’indicazione anche sulla posizione del governo). Si chiede al ministro Abodi di riferire alle Camere e sollecitare un intervento della Procura federale e del Coni di Giovanni Malagò (che pure da autorità vigilante non ha detto mezza parola). Il passo ulteriore sarà un’istanza al Garante del Codice di comportamento sportivo, istituzione poco conosciuta del nostro ordinamento con poteri però ben precisi: il Garante, verificata l’assenza di procedimenti in atto e la fondatezza della denuncia, può segnalare la vicenda all’organismo preposto o, in caso di mancato adempimento, erogare sanzioni, dalla semplice censura fino addirittura alla decadenza. Così alla fine potrebbe essere Giuliano Amato a decidere le sorti del pallone italiano. La spallata al sistema è chiara. Adesso c’è da capire se il “sistema Gravina” vacilla.

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