C’è una fase della vita dei bambini, o quantomeno così è stato per i miei figli, in cui la condivisione è assolutamente naturale. In loro ancora non si è fatto spazio il concetto di proprietà e, men che meno, quello di proprietà esclusiva.

Dura poco, purtroppo, e viene sovente soppiantata da quella del “questo è mio e solo mio”. Alcune volte ha riflessi teneri e divertenti – ricordo ancora con molta commozione quando Marco si parava davanti alla carrozzina di Giovanni appena uscito dalla clinica in cui era nato e non faceva avvicinare nessuno o quasi perché, diceva, “questo è mio fratello. E ha zero anni!” – altre invece è tutt’altro che simpatica e può portare a scene abbastanza fastidiose: “il pallone è mio e decido io chi gioca!” . Fino a diventare, al crescere dell’età, concedetemelo, enormemente triste: “Piuttosto che darlo a lui/lei lo butto” .

Per mia natura non sono un grande amante delle mille e una “giornata del” che vengono create (sovente senza alcuna ragione sensata, se non discutibilissimi fini di marketing), ma di una vi voglio invece parlare perché, nella sua semplicità, ammetto mi ha colpito.

Da tempo siamo bombardati di messaggi legati al Black Friday (che ormai dura settimane, se non mesi), ma poco si è detto di una delle giornate che lo seguirà, quella del 3 dicembre. In quella data si celebra da qualche anno l’opposto del Black Friday. Ovvero il GivingTuesday, non un giorno in cui prendere, ma uno in cui dare e, perché no, magari recuperare un po’ del nostro essere bambini e della gioia del condividere.

In Italia referente di questa attività è la Fondazione Filantropica AIFR – ETS che per il 3 dicembre ha messo in piedi moltissime iniziative in tutta la nazione, prime fra tutte il progetto “A Scuola di Generosità” – che vuole sensibilizzare gli studenti sui temi della solidarietà e dell’impegno sociale sin dalla scuola primaria – e lo StreamingTuesday, una maratona in diretta streaming su Twitch, che coinvolgerà oltre 30 content creator, i quali si alterneranno dalle prime ore del mattino fino a notte fonda in sessioni di gaming e just chatting, per invitare il pubblico a donare a favore di importanti cause sociali.

Perché forse la via giusta è questa; educare, ma anche far capire che donare è divertente. Molto più divertente che riportarsi il pallone a casa e giocare da soli contro un muro.

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