Politica

Migranti, il governo incassa la fiducia sul decreto “flussi”. Dall’ingresso per lavoro ai trattenimenti in Albania, cosa c’è nel testo

Il diciassettesimo testo con cui il governo Meloni ha riscritto le norme sull’immigrazione ha incassato la fiducia alla Camera, con 180 sì e 106 no. E’ il decreto “flussi” 145 dell’11 ottobre scorso, che supera così il primo step dell’iter di conversione in legge, prima di approdare al Senato. A finire nel provvedimento è stato […]

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Il diciassettesimo testo con cui il governo Meloni ha riscritto le norme sull’immigrazione ha incassato la fiducia alla Camera, con 180 sì e 106 no. E’ il decreto “flussi” 145 dell’11 ottobre scorso, che supera così il primo step dell’iter di conversione in legge, prima di approdare al Senato. A finire nel provvedimento è stato anche il decreto cosiddetto “Paesi sicuri“, varato lo scorso 23 ottobre dopo la liberazione dei primi richiedenti asilo dai centri italiani in Albania per decisione del tribunale di Roma alla luce della nota sentenza della Corte di giustizia europea. Oltre alla compressione dei tempi per l’esame in commissione Affari costituzionali, le opposizioni hanno duramente attaccato gli emendamenti presentati all’ultimo dal governo, come quello che toglie ai tribunali la convalida del trattenimento amministrativo dei migranti sottoposti a procedure d’asilo in frontiera, e lo affida alle Corti d’Appello in composizione monocratica. “Userò la metafora di un ministro leghista. Come fate a votare una porcata del genere?”, è stata l’accusa di Gianni Cuperlo (Pd) alla maggioranza durante le dichiarazioni di voto a Montecitorio. Il passaggio di competenze aveva scatenato anche le proteste dei presidenti delle Corti d’Appello, tanto che, pare per un intervento del Quirinale, il governo ha dovuto riportare il testo in commissione per adottare una norma transitoria che darà ai giudici 30 giorni per riorganizzare il lavoro a partire dalla conversione in legge.

L’ingresso di stranieri per lavoro – Oltre alla digitalizzazione di richieste e contratti e all’elezione obbligatoria di un domicilio digitale per i datori, il testo prevede un lieve aumento delle quote d’ingresso, in particolare per agricoltura e turismo, e 10 mila quote aggiuntive per l’assistenza familiare o sociosanitaria di disabili o anziani. Ma soprattutto maggiori controlli: dall’obbligo dei dati biometrici, che lo straniero dovrà fornire al momento della richiesta di visto, all’esclusione di datori con precedenti per sfruttamento o violazioni contrattuali nel triennio precedente. E fino a una black list dei Paesi d’origine per i quali risulta elevato il rischio di certificazioni contraffatte, che per ora riguarderà Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka.

Il contrasto al caporalato – Il decreto introduce permessi di soggiorno speciali per i lavoratori stranieri che denunciano situazioni di sfruttamento, con possibilità di conversione in permessi lavorativi o di studio. Vengono inoltre inasprite le sanzioni, con multe che arrivano fino a 60.000 euro. Per chi collabora con le autorità, sono previsti formazione e inserimento lavorativo, oltre a misure di tutela dei denuncianti da eventuali ritorsioni. Una soluzione che, al contrario – è il parere della Cgil – “renderà più difficoltoso per le vittime di sfruttamento ottenere un permesso di soggiorno”. In precedenza, bastava che lo straniero denunciasse o collaborasse con le autorità giudiziarie, senza particolari vincoli, per ricevere un permesso di soggiorno rinnovabile ogni sei mesi fino alla fine del processo penale, con possibilità di convertirlo in un permesso di lavoro. Ora, invece, “il permesso potrà essere concesso solo durante operazioni di polizia o indagini specifiche sul caporalato. Inoltre, il lavoratore deve contribuire attivamente e in modo utile all’emersione dei fatti e all’identificazione dei responsabili, restringendo significativamente le possibilità di accesso alla protezione”.

Ricongiungimenti e Ong – Con gli emendamenti in commissione Affari costituzionali, la legge introduce anche restrizioni ai ricongiungimenti familiari. Servirà un soggiorno legale di almeno due anni (prima bastava un permesso di un anno), salvo casi di protezione internazionale o figli minori. E l’idoneità dell’alloggio con la previsione di verifiche sugli occupanti e il rispetto di rigidi requisiti igienico-sanitari. Quanto alle Ong che effettuano soccorsi in mare, le sanzioni amministrative, prima rivolte solo ai comandanti, verranno estese anche agli armatori. Inoltre, in caso di violazioni ripetute dei divieti di navigazione per motivi di ordine e sicurezza pubblica, il periodo di fermo amministrativo delle navi viene allungato. Non ultimo, le procedure per i richiedenti protezione internazionale vengono ulteriormente accelerate attraverso una riduzione dei tempi concessi per presentare reclami e ricorsi, limitando così le possibilità di difesa legale. “Il risultato è di sicuro impatto positivo per la propaganda del governo e negativo per la vita delle persone in movimento, che per ottenere la protezione internazionale nel nostro Paese avranno meno tutele e dovranno affrontare nuovi”, è il commento di Emergency.

Motovedette e mezzi a Libia e Tunisia – Tra le questioni più dibattute c’è poi una deroga al codice appalti pubblici per i contratti legati alla fornitura di mezzi e materiali a Paesi terzi per il controllo delle frontiere. Questi contratti saranno classificati come segreti e non sottoposti a verifiche, permettendo, ad esempio, la cessione di motovedette a guardie costiere tunisine o libiche senza controlli. In Aula nel corso delle dichiarazioni di voto, Riccardo Magi, segretario di +Europa, chiede trasparenza: “Cosa ha da nascondere il governo italiano in Albania?”. Magi teme un nuovo caso “motovedette libiche” e denuncia il rischio di violazioni dei diritti umani, chiedendo al governo di rispettare le convenzioni internazionali.

Dai tribunali alle Corti d’Appello – Infine il trattenimento ai fini delle procedure d’asilo, come quelli operati in Albania e invalidati per incompatibilità con le norme Ue dal tribunale di Roma. La loro convalida non sarà più competenza delle sezioni specializzate in immigrazione dei tribunali, ma delle Corti d’Appello. Una scelta per “esautorare i magistrati” che finora si erano espressi disapplicando le norme del governo o rinviandole alla Corte di Giustizia europea, sostengono le opposizioni, “come se le Corti potranno esprimersi diversamente su una materia dove prevalgono le direttive europee”. Il dl “flussi” aveva inizialmente previsto la reintroduzione del secondo grado per i ricorsi contro i dinieghi alle domande d’asilo, con somma preoccupazione del sistema giustizia per il carico di lavoro aggiuntivo. Scelta sulla quale il governo ha poi fatto marcia indietro, privilegiando invece l’attribuzione della competenza sulle convalide.