Affrontare la crisi ecologica con le sole forze dell’ecofemminismo non si può. Né si può contrastare l’Antropocene unicamente con una lotta anticapitalista contro le forze di produzione. Basta, dunque con la visione romantica delle donne come sole “guardiane della Terra” o come angeli del Pianeta. Serve, invece, che tutte queste visioni, che tutte le modalità di prendersi cura della Terra e delle persone, di qualsiasi genere, si uniscano. Questo messaggio, rivolto sia a chi si occupa solo di ecofemminismo ma anche a chi, per converso, separa lotte di classe e sindacali ed ecofemminismo, è il centro della tesi di due libri usciti di recente. Il primo, quello di Stefania Barca, docente di Storia dell’ambiente e Storia di Genere presso l’Università di Santiago de Compostela, Forze di riproduzione. Per una ecologia politica femminista (ed. Ambiente); e il secondo di Silvana Galassi già professoressa ordinaria di ecologia all’Università degli Studi di Milano, Dalla parte di Gaia (sempre ed. Ambiente).
Agire contro diseguaglianze di genere, ma anche razza, specie, classe
Maschio, bianco, eterosessuale, con il monopolio della razionalità (scienza, tecnologia, diritto) e dei mezzi di produzione: il soggetto protagonista dell’Antropocene si oppone a tutte le altre forze che sono, scrive Barca, “soggetti altri-dal-padrone” e che resistono all’espansione illimitata della legge del capitale ma anche a ogni proposta di “crescita verde” o di mercato delle emissioni, tutte visioni che “rimuovono l’esternalizzazione dei costi ambientali verso Paesi terzi”.
Ma come liberare l’umanità da questa presa che imprigiona la natura umana e non? Serve, scrive la docente, una giustizia narrativa per rendere visibili le vite sacrificate dall’Antropocene e, al tempo stesso, una intersezione critica tra materialismo storico e pensiero ecofemminista, una convergenza tra la lotta transfemminista, indigena, contadina per i beni comuni e la giustizia ambientale.
Più specificamente, poiché l’Antropocene non mette in discussione mai il sistema e le sue diseguaglianze di genere, classe, razza e specie è proprio su questi, previsa l’autrice, che occorre agire, decostruendo la convinzione per cui tutti siamo egualmente responsabili dei cambiamenti climatici, e facendo emergere l’ineguale distribuzione geografica delle responsabilità ecologiche e dell’ecocidio. In altre parole, bisogna “osservare la trama dell’Antropocene attraverso lenti decoloniali, femministe e materialiste ci permette di render visibile il lavoro di soggetti colonizzati che si sono presi cura della riproduzione umana e della Terra, gettando luce sulla parte negata e rimossa del progetto moderno/coloniale”. E occorre non solo ridurre il lavoro industriale all’insegna della decrescita, ma anche ribaltare la gerarchia delle priorità tra cura e produzione.
Includere tutti i soggetti impegnati nella cura della Terra
Di nuovo, dunque, spiega Stefania Barca, non ci si può concentrare esclusivamente sull’azione delle donne, anzi, paradossalmente per condividere la visione e la pratica ecofemminista non servirebbe neanche essere donna. Lungi dal romanticizzare l’attivismo eco/pacifista delle donne, l’ecofemminismo combatte la divisione razziale e coloniale del lavoro, le diseguaglianze di classe e lo specismo, cioè gli strumenti attraverso cui il capitale svaluta il lavoro, anteponendo il profitto alla difesa della vita.
Il libro lancia un messaggio anche alle organizzazioni sindacali che hanno contribuito a mantenere separate tra loro le lotte sindacali, femministe, indigene, contadine e ambientali. Il materialismo storico dovrebbe includere tutti quei soggetti “che sono impegnati nella cura della Terra e nel contrastare l’estrazione di valore da tutto il vivente e il degrado degli ecosistemi, permettendo così di pensare ad alleanze tra lavoratori industriali e meta-industriali orientate verso il comune interesse della difesa del vivente e della Terra attraverso la trasformazione dei rapporti di ri/produzione”. Lottando insieme, questi soggetti alternativi dell’Antropocene e le loro prassi avrebbero il potere di trasformare la cura della Terra in una nuova e reale rivoluzione ecologica.
Motivazioni diverse, stessi obiettivi (e stessa sensibilità)
Anche Dalla parte di Gaia di Silvana Galassi, converge in parte con questa tesi. Non solo, scrive l’autrice, va abbandonata la logica della massimizzazione del profitto, ma va “fatto crescere un nuovo modello che contesti le disuguaglianze sociali di ogni genere e che stabilisca un nuovo rapporto con la natura”. L’ecofemminismo è una corrente che unisce la lotta contro le ingiustizie ecologiche e sociali, una lotta a cui prendono parte tutti i “defender”, coloro che si oppongono in modo pacifico alla violazione delle terre dei propri antenati, all’abbattimento delle foreste, al bracconaggio, alla sostituzione delle coltivazioni tradizionali con le monocolture, alla costruzione di bacini artificiali in mezzo alle foreste – con ranger, avvocati, giornalisti, difensori dei diritti umani”.
Certo, spiega l’autrice, “le motivazioni che spingono le donne di un villaggio indiano a ribellarsi contro soprusi ambientali sono legate alla sussistenza, a cui si aggiunge la discriminazione etnica”, spiega l’autrice. “Sono donne che hanno bisogno di legna, acqua, mentre noi occidentali partiamo da motivazioni etiche e antropologiche più ideologiche. Tuttavia, pratiche e teorie possono convergere. Una modalità comune propria alle donne, che si definiscano o meno ecofemministe, è senz’altro “un modo di ascoltare la natura che richiede empatia e capacità di connessione”. Ma è ora di smettere, scrive Galassi nel libro – nel quale racconta numerose biografie di esperte, dall’antropologa Sherry Ortner alla psichiatra Karen Horney, dalla fisica e agronoma Vandana Shiva, a Rachel Carson, fino all’italiana Laura Conti- di definire le donne “angeli dell’ambiente”. “Le ecofemministe”, conclude, “parlano di intersezionalità, sottolineando che i fattori che influenzano la condizione femminile – etnia, classe sociale, colore della pelle, religione – sono sempre interconnessi. E la cura delle persone e dell’ambiente non è una predisposizione biologica, ma un compito che dovrebbe riguardare tutti, uomini e donne”.
Ambiente & Veleni
Non si può essere ambientalisti senza essere femministi: la nuova frontiera dell’ecologia è intersezionalità
Due volumi analizzano lo stesso tema: l'ecologia non può prescindere dalle battaglie per l'uguaglianza dei diritti e contro il capitalismo
Affrontare la crisi ecologica con le sole forze dell’ecofemminismo non si può. Né si può contrastare l’Antropocene unicamente con una lotta anticapitalista contro le forze di produzione. Basta, dunque con la visione romantica delle donne come sole “guardiane della Terra” o come angeli del Pianeta. Serve, invece, che tutte queste visioni, che tutte le modalità di prendersi cura della Terra e delle persone, di qualsiasi genere, si uniscano. Questo messaggio, rivolto sia a chi si occupa solo di ecofemminismo ma anche a chi, per converso, separa lotte di classe e sindacali ed ecofemminismo, è il centro della tesi di due libri usciti di recente. Il primo, quello di Stefania Barca, docente di Storia dell’ambiente e Storia di Genere presso l’Università di Santiago de Compostela, Forze di riproduzione. Per una ecologia politica femminista (ed. Ambiente); e il secondo di Silvana Galassi già professoressa ordinaria di ecologia all’Università degli Studi di Milano, Dalla parte di Gaia (sempre ed. Ambiente).
Agire contro diseguaglianze di genere, ma anche razza, specie, classe
Ma come liberare l’umanità da questa presa che imprigiona la natura umana e non? Serve, scrive la docente, una giustizia narrativa per rendere visibili le vite sacrificate dall’Antropocene e, al tempo stesso, una intersezione critica tra materialismo storico e pensiero ecofemminista, una convergenza tra la lotta transfemminista, indigena, contadina per i beni comuni e la giustizia ambientale.
Più specificamente, poiché l’Antropocene non mette in discussione mai il sistema e le sue diseguaglianze di genere, classe, razza e specie è proprio su questi, previsa l’autrice, che occorre agire, decostruendo la convinzione per cui tutti siamo egualmente responsabili dei cambiamenti climatici, e facendo emergere l’ineguale distribuzione geografica delle responsabilità ecologiche e dell’ecocidio. In altre parole, bisogna “osservare la trama dell’Antropocene attraverso lenti decoloniali, femministe e materialiste ci permette di render visibile il lavoro di soggetti colonizzati che si sono presi cura della riproduzione umana e della Terra, gettando luce sulla parte negata e rimossa del progetto moderno/coloniale”. E occorre non solo ridurre il lavoro industriale all’insegna della decrescita, ma anche ribaltare la gerarchia delle priorità tra cura e produzione.
Includere tutti i soggetti impegnati nella cura della Terra
Di nuovo, dunque, spiega Stefania Barca, non ci si può concentrare esclusivamente sull’azione delle donne, anzi, paradossalmente per condividere la visione e la pratica ecofemminista non servirebbe neanche essere donna. Lungi dal romanticizzare l’attivismo eco/pacifista delle donne, l’ecofemminismo combatte la divisione razziale e coloniale del lavoro, le diseguaglianze di classe e lo specismo, cioè gli strumenti attraverso cui il capitale svaluta il lavoro, anteponendo il profitto alla difesa della vita.
Il libro lancia un messaggio anche alle organizzazioni sindacali che hanno contribuito a mantenere separate tra loro le lotte sindacali, femministe, indigene, contadine e ambientali. Il materialismo storico dovrebbe includere tutti quei soggetti “che sono impegnati nella cura della Terra e nel contrastare l’estrazione di valore da tutto il vivente e il degrado degli ecosistemi, permettendo così di pensare ad alleanze tra lavoratori industriali e meta-industriali orientate verso il comune interesse della difesa del vivente e della Terra attraverso la trasformazione dei rapporti di ri/produzione”. Lottando insieme, questi soggetti alternativi dell’Antropocene e le loro prassi avrebbero il potere di trasformare la cura della Terra in una nuova e reale rivoluzione ecologica.
Motivazioni diverse, stessi obiettivi (e stessa sensibilità)
Certo, spiega l’autrice, “le motivazioni che spingono le donne di un villaggio indiano a ribellarsi contro soprusi ambientali sono legate alla sussistenza, a cui si aggiunge la discriminazione etnica”, spiega l’autrice. “Sono donne che hanno bisogno di legna, acqua, mentre noi occidentali partiamo da motivazioni etiche e antropologiche più ideologiche. Tuttavia, pratiche e teorie possono convergere. Una modalità comune propria alle donne, che si definiscano o meno ecofemministe, è senz’altro “un modo di ascoltare la natura che richiede empatia e capacità di connessione”. Ma è ora di smettere, scrive Galassi nel libro – nel quale racconta numerose biografie di esperte, dall’antropologa Sherry Ortner alla psichiatra Karen Horney, dalla fisica e agronoma Vandana Shiva, a Rachel Carson, fino all’italiana Laura Conti- di definire le donne “angeli dell’ambiente”. “Le ecofemministe”, conclude, “parlano di intersezionalità, sottolineando che i fattori che influenzano la condizione femminile – etnia, classe sociale, colore della pelle, religione – sono sempre interconnessi. E la cura delle persone e dell’ambiente non è una predisposizione biologica, ma un compito che dovrebbe riguardare tutti, uomini e donne”.
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Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - Quattro ebrei israeliani ultra-ortodossi sono stati arrestati dai soldati dell'IDF e consegnati alla polizia dopo essere entrati ieri sera nel territorio libanese per visitare un luogo sacro. Lo ha riferito la polizia, nel contesto di un aumento degli attraversamenti illegali della frontiera con il Libano, segnalando scontri sul posto tra i soldati e alcuni israeliani, che hanno lanciato pietre. I quattro sospettati sono stati arrestati con l'accusa di aver attraversato il confine e disturbato la quiete pubblica, mentre altri sono stati allontanati dal posto e riportati in Israele.
Gli israeliani avevano tentato di visitare quella che tradizionalmente è considerata la tomba del rabbino babilonese Rav Ashi, vicino a Manara. Domenica, la polizia aveva riferito che 20 cittadini israeliani avevano attraversato il confine libanese. Una fonte militare ha detto che erano giovani uomini haredi. Un'altra fonte militare ha dichiarato ad Haaretz che quasi ogni sabato cittadini israeliani vengono sorpresi ad attraversare illegalmente il confine.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Al Question time in programma oggi alla Camera alle 15, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponderà ad un'interrogazione presentata da Italia viva, primo firmatario il capogruppo Davide Faraone, sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale, con la richiesta di chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
In particolare, prendendo spunto dalla recente vicenda legata all'utilizzo software fornito dalla società Paragon solutions, nel documento di sindacato ispettivo si chiede "quali siano le spese che il ministero della Giustizia sostiene per il funzionamento del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), quanto per le strutture del Gom (Gruppo operativo mobile), per le strutture del Nic (Nucleo investigativo centrale), per le intercettazioni e se vi siano contratti stipulati senza gara o tutti con gara pubblica, nonché quante persone siano state intercettate da strutture finanziate dal ministero della Giustizia nel 2024, se ci siano persone intercettate da Polizia penitenziaria ma non indagate e se le dimissioni del capo del Dap Russo siano state accompagnate da una lettera personale al Ministro interrogato con rilievi critici sulla situazione del Dap e se intenda condividerla coi parlamentari o la ritenga personale e dunque secretata".
Kiev, 19 mar. (Adnkronos) - "Sono attualmente in corso operazioni di soccorso a Odessa in seguito a un altro attacco russo alle infrastrutture energetiche della città. 160mila persone sono al momento senza luce e riscaldamento". Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che "ancora una volta, le strutture energetiche civili sono state colpite: da quasi tre anni, l'esercito russo utilizza senza sosta missili e droni d'attacco contro di esse".
"Proprio ieri - prosegue il post - dopo il famigerato incontro a Riad, è diventato chiaro che i rappresentanti russi stavano di nuovo mentendo, sostenendo di non prendere di mira il settore energetico ucraino. Eppure, quasi contemporaneamente, hanno lanciato un altro attacco, con droni che hanno colpito trasformatori elettrici. E questo durante l'inverno: di notte c'erano meno 6 gradi Celsius".
"Almeno 160.000 residenti di Odessa sono ora senza riscaldamento ed elettricità. Tredici scuole, un asilo e diversi ospedali sono rimasti senza elettricità o riscaldamento. Le squadre di riparazione stanno lavorando instancabilmente e tutti i servizi comunali sono impegnati. Sono grato a ogni soccorritore e a tutti coloro che aiutano le persone. Non dobbiamo mai dimenticare che la Russia è governata da bugiardi patologici: non ci si può fidare di loro e bisogna fare pressione. Per amore della pace".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si svolge oggi, alle 15, il Question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, risponde a una interrogazione sulle iniziative volte a salvaguardare la produzione nazionale di ortofrutta, attraverso un corretto equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde a interrogazioni sulle iniziative normative per limitare il ricorso alla custodia cautelare, anche nell'ottica della riduzione del sovraffollamento all'interno delle carceri; sulle iniziative in relazione alla situazione all'interno delle carceri, con particolare riferimento al sovraffollamento e al fenomeno dei suicidi; sulle tecnologie in uso alla polizia penitenziaria; sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale e chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad arginare i fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito delle filiere del made in Italy; sullo sviluppo dell'industria aerospaziale italiana; sulle iniziative volte a salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti liguri della Piaggio aerospace e i relativi livelli occupazionali, con riferimento alla procedura di cessione all'azienda turca Baykar; sulle iniziative a sostegno della produzione industriale nazionale a tutela dei livelli occupazionali, nonché per stimolare la crescita economica e rafforzare la competitività; sull'adozione del Libro bianco sulla nuova strategia italiana di politica industriale.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.