Le Corti non fanno valutazioni politiche. Una cosa sbagliata che viene sempre detta in Italia è che con la sentenza della Corte penale internazionale vengono messi sullo stesso piano i terroristi di Hamas e lo Stato di Israele. Non è così, basta leggere quello che c’è nel dispositivo: la Corte non valuta la natura degli indagati, ma il comportamento e la condotta degli indagati”. Così a L’aria che tira (La7) Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni internazionali alla Università Cattolica di Milano, replica al direttore del Foglio, Claudio Cerasa, che definisce i mandati d’arresto della Corte penale internazionale, il più importante tribunale per i crimini di guerra del mondo, per il premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Gallantuna sentenza ridicola che ha avuto l’effetto di mettere nello stesso piano i terroristi di Hamas con dei leader democraticamente eletti”.

Parsi spiega: “La condotta del governo israeliano è stata giudicata passibile dell’arresto di Netanyahu e Gallant rispetto a due capi di imputazione e a specifici comportamenti: crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Il primo capo di imputazione riguarda la decisione di non far arrivare neanche i medicamenti sanitari per la popolazione palestinese, che quindi è stata sottoposta ad operazioni chirurgiche addirittura senza anestesia. I crimini di guerra – continua – riguardano la decisione di non fare entrare a Gaza aiuti umanitari. Questi sono comportamenti specifici. Segnalo che nelle guerre i crimini di guerra nel 90% dei casi li commettono eserciti di Stati, perché nel 90% dei casi sono gli Stati che fanno le guerre, non le organizzazioni terroristiche”.

Il politologo si sofferma poi sul mandato di cattura emesso dalla Cpi nei confronti di Mohammed Deif, capo dell’ala armata di Hamas, accusato di omicidio, tortura, stupro e presa di ostaggi per i massacri del del 7 ottobre 2023, ricordando che nel maggio scorso il procuratore capo della Corte Karim Khan aveva chiesto l’arresto per tutti e 3 i vertici di Hamas (oltre a Mohammed Deif, anche Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh, uccisi dagli israeliani rispettivamente il 16 ottobre e il 31 luglio di quest’anno).

E sottolinea: “La Corte ha applicato la legge. Gli effetti dal punto di vista giuridico sono che gli Stati che hanno firmato il Trattato di Roma sono tenuti, qualora fossero nella condizione di poterlo fare, ad applicare la decisione della Corte. Non è che noi possiamo applicare i mandati di arresto della Corte quando ci piacciono, come quello legittimissimo contro Putin, e non quando non ci piacciono, come quello contro Netanyahu. Dal punto di vista della Corte – conclude – sono due atti legittimi. Non si verificano nell’immediato, questo lo sappiamo. Questo crea qualche problema politico? Sicuramente sì, perché questa cosa è una patata bollente. Ma noi non possiamo giudicare politicamente un atto giuridico“.

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