Per tutto il pomeriggio il blitz sembra riuscito. Il governo, attraverso la riformulazione di un emendamento al decreto Fisco (nato in origine da due proposte di Pd e Alleanza Verdi Sinistra, modificate dall’esecutivo), ha riscritto le norme sul 2 per mille dell’Irpef ai partiti, la modalità di finanziamento che ha sostituito i rimborsi elettorali. E ha raddoppiato, portandola a 42,3 milioni, la cifra che le forze politiche si spartiranno dal 2025.
Una modifica che viene poi rinnegata da Avs (pronta a ritirare l’emendamento), mentre ad attaccare apertamente il blitz sono i 5 stelle che parlano di “colpo di mano del governo”. A sera però arriva lo stop del Colle. Fonti del Quirinale fanno sapere che il Capo dello Stato Sergio Mattarella non darebbe il via libera a una norma del genere per vari motivi: la mancanza di omogeneità rispetto alla materie contenute nel provvedimento, il fatto che quella riforma richiederebbe semmai una legge ad hoc e non può essere infilata in un decreto e infine “l’impatto notevole” che il cambiamento avrebbe sulle finanze pubbliche e su fondi che derivano dalle scelte dei cittadini.
La modifica – Il riferimento alle “scelte” fatto dalle fonti del Colle non è casuale. Perché il governo non intendeva solo raddoppiare i finanziamenti ai partiti, ma anche far sì le quote di chi non esprime una preferenza fossero distribuite in automatico in proporzione alle scelte espresse, come avviene per l’8 per mille alle confessioni religiose. Insomma, l’inoptato che oggi rimane nelle casse dello Stato sarebbe finito direttamente in quelle dei partiti.
I soldi – Dagli ultimi dati del Mef sul due per mille risulta che ai partiti sono andati poco più di 24 milioni, con il Pd che ha raccolto circa il 30,45% del totale delle scelte e incassato poco più di 8 milioni, seguito da FdI (cui sono andati 4,8 milioni pari al 19,94% delle scelte) e M5s (1,8 milioni con il 10%).
Le proposte (stravolte) di Pd e Avs – L’emendamento riformulato dal governo riscriveva due proposte di Avs e del Pd, che prevedevano un contributo di 3 milioni per alzare il tetto massimo distribuibile, oggi 25,1 milioni, e garantire così la copertura integrale delle scelte effettuate dai contribuenti, che quest’anno hanno superato i 28 milioni. Il senatore di Avs Tino Magni aveva subito chiarito di essere pronto a ritirare l’emendamento e indisponibile ad accettare la riformulazione. Più cauto il Pd, che attendeva il prosieguo dei lavori sul dl Fisco.
M5s: “Colpo di mano” – Nettamente contrario il M5s, tramite l’ex ministro Stefano Patuanelli, aveva denunciato il “colpo di mano del governo” annunciando opposizione “con tutte le forze“. In serata è intervenuto anche Giuseppe Conte: “Il Governo da una parte taglia servizi ai cittadini e fondi alle imprese, porta la sanità al minimo di investimenti sul Pil degli ultimi 17 anni. Dall’altra di soppiatto vuole aumentare i fondi per i partiti, provando a far arrivare nelle loro casse anche le risorse che i cittadini non hanno scelto di destinare alle forze politiche. A Palazzo Chigi hanno perso il contatto con la realtà”.
Alla fine l’altolà del Colle sventa il blitz. Per il momento. Ora resta da capire se il governo ritirerà la proposta.