Il governo raddoppia i finanziamenti ai partiti. Cambia infatti il 2 per mille, la quota dell’Irpef che il contribuente può destinare al sostegno dei partiti politici. Un emendamento del governo al decreto Fisco ridisegna l’intera disciplina, riducendo il contributo allo 0,2 per mille, ma stabilendo che anche la quota di chi non esplicita la scelta […]
Il governo raddoppia i finanziamenti ai partiti. Cambia infatti il 2 per mille, la quota dell’Irpef che il contribuente può destinare al sostegno dei partiti politici. Un emendamento del governo al decreto Fisco ridisegna l’intera disciplina, riducendo il contributo allo 0,2 per mille, ma stabilendo che anche la quota di chi non esplicita la scelta andrà comunque a sostenere i partiti. Il risultato è che la politica dal prossimo anno potrebbe incassare complessivamente oltre 40 milioni, quasi il doppio di quanto riceve oggi.
La maggiore novità è rappresentata dal fatto che anche la quota del contribuente che non esprime la propria preferenza, cioè l’inoptato che oggi rimane nelle casse dello Stato, andrà a sostenere i partiti. Allineando così il 2Xmille a quanto già avviene per l’8 per mille destinato alle confessioni religiose. “In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione di stabilisce in proporzione alle scelte espresse”, si legge nell’emendamento, che alza anche il finanziamento della misura portandola a 42,3 milioni, dall’attuale tetto di 25,1 milioni.
Dagli ultimi dati del Mef sul due per mille, ai partiti sono andati poco più di 24 milioni, con il Pd che ha raccolto circa il 30,45% del totale delle scelte e incassato poco più di 8 milioni, seguito da FdI (cui sono andati 4,8 milioni pari al 19,94% delle scelte) e M5s (1,8 milioni con il 10%). L’emendamento riformulato dal governo riscrive due proposte di Avs e del Pd, che prevedevano un contributo di 3 milioni per alzare il tetto e garantire così la copertura integrale delle scelte effettuate dai contribuenti, che quest’anno hanno superato i 28 milioni. Il testo riformulato dovrà essere accettato dai senatori che lo hanno proposto e poi essere messo al voto. Ma il senatore di Avs Tino Magni, fanno sapere dal partito, ha già chiarito di essere pronto a ritirare l’emendamento e che non accetterà la riformulazione. Più cauto il Pd, che attende di vedere come procederanno i lavori sul dl Fisco. Protesta invece al M5s, che, tramite l’ex ministro Stefano Patuanelli, denuncia il “colpo di mano del governo” e annuncia che si opporrà con tutte le proprie forze.