“È una banca straniera, questo dice la composizione azionaria”. La notte non ha portato consiglio a Matteo Salvini, che martedì 26 novembre è tornato ad attaccare Unicredit. La banca milanese è colpevole di aver lanciato, all’alba di lunedì, un’offerta di acquisto sul Banco Bpm che mette in crisi il progetto di un terzo polo bancario […]
“È una banca straniera, questo dice la composizione azionaria”. La notte non ha portato consiglio a Matteo Salvini, che martedì 26 novembre è tornato ad attaccare Unicredit. La banca milanese è colpevole di aver lanciato, all’alba di lunedì, un’offerta di acquisto sul Banco Bpm che mette in crisi il progetto di un terzo polo bancario tra Milano (Bpm) e Siena (Mps) tanto caro alla Lega. “Non ce l’ho con nessuno, basta che non si metta in discussione il terzo polo bancario che sta nascendo“, ha detto il vicepremier. Che pure dimentica due cose fondamentali. La prima è che il semplice fatto che 13 giorni fa il Banco abbia comprato dal Tesoro il 5% del Montepaschi (da aggiungere al 4% della controllata Anima), non significa di per sé che siamo a un passo dalla nascita del terzo polo bancario italiano, cioè di un terzo gruppo bancario in grado di aumentare la concorrenza tra i numeri uno Intesa e Unicredit, migliorando le condizioni di accesso al credito per famiglie e imprese. Significa solo che una banca ha messo un piede in un’altra banca, facendo per altro cosa gradita allo Stato che le ha venduto la partecipazione. Tuttavia lo stesso amministratore delegato del compratore, Giuseppe Castagna, in occasione dell’acquisto aveva detto di non avere in programma un aumento della partecipazione in Mps oltre la soglia rilevante del 10 per cento. La seconda è che se teniamo in considerazione il parametro dell’italianità degli azionisti per valutare l’italianità di una banca, allora dovremmo escludere dal novero delle banche care ai sovranisti anche il Banco Bpm che ha come primo socio il gruppo francese Credit Agricole con il 9,18%, seguito dal fondo americano BlackRock che ha il 5,24% della banca di Piazza Meda oltre ad essere il primo socio di Unicredit con il 5,1 per cento.
Lo sa bene anche un ex leghista come Flavio Tosi, oggi eurodeputato di Forza Italia che da ex sindaco di Verona ha ben conosciuto gli attori in campo dall’osservatorio della Fondazione Cariverona primo azionista italiano di Unicredit. E oggi, a proposito di Unicredit-Bpm, parla di una “buona”, anzi “ottima”, operazione, “Italia su Italia”, decisamente “meglio” che essere “comprati” da un soggetto estero. “So che nel governo ci sono sentiment diversi, però credo anche che, nel mondo libero”, la parola vada lasciata al mercato, ha detto all’AdnKronos rimandando ad Antonio Tajani ogni valutazione in merito all’uso o meno del Golden Power da parte del governo.
E Tajani non può che confermare lo stile della casa: “Per quanto riguarda Unicredit, io sono per il libero mercato, non tocca a me intervenire politicamente su questa vicenda”, anzi, “la politica non deve immischiarsi in queste vicende. L’ho detto anche per quanto riguarda la Germania: se una banca italiana acquista le quote di una tedesca fa parte delle regole del mercato europeo. Certo, ci sono questioni di sicurezza nazionale ma siamo Paesi Ue, il libero mercato deve essere sempre difeso e tutelato”, ha detto l’altro vicepremier rimandando alla Bce le valutazioni che spettano alla vigilanza bancaria.
Chi invece si è apparentemente ricomposto è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che lunedì aveva addirittura evocato l’uso dei poteri di veto del governo, il Golden Power, sull’offerta di Unicredit. Terzo polo o meno, il ministro leghista non si può certo lamentare: il via libera di Bruxelles al suo piano di rientro per i conti del Paese è arrivato e, prima ancora, sono stati incassati i soldi dalla vendita del 15% del Monte dei Paschi, ben 1,1 miliardi di euro. Chi invece non molla l’osso è il Pd, nonostante gli scheletri negli armadi di Siena siano principalmente suoi. Antonio Misiani, responsabile economico del Pd e Cristina Tajani, capogruppo dem in commissione Finanze a Palazzo Madama, hanno depositato una interrogazione alla Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia sulla vicenda dell’offerta di Unicredit per il Banco chiedendo di sapere “se il governo sia stato tempestivamente informato, e in che tempi e con quali modalità, da parte di Unicredit dell’iniziativa di offerta pubblica di scambio volontaria su Banco Bpm; se, alla luce dei fatti esposti il Governo intenda attivare la golden power su Banco Bpm e sulla base di quali presupposti; quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di tutelare e garantire in maniera efficace il pluralismo, la concorrenza e il buon funzionamento del mercato bancario italiano e i livelli occupazionali del settore e degli istituti coinvolti”.