Politica

Consulta, i giudici da eleggere ora diventano quattro: il Parlamento convocato da giovedì. Si cerca l’intesa tra maggioranza e opposizioni

Giovedì il Parlamento in seduta comune sarà chiamato per la decima volta a eleggere il giudice costituzionale che prenderà il posto di Silvana Sciarra, l’ex presidente della Consulta scaduta dall’incarico ormai oltre un anno fa. Finora il quorum non è mai stato raggiunto, ma da adesso in poi ogni volta potrebbe essere quella buona: a […]

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Giovedì il Parlamento in seduta comune sarà chiamato per la decima volta a eleggere il giudice costituzionale che prenderà il posto di Silvana Sciarra, l’ex presidente della Consulta scaduta dall’incarico ormai oltre un anno fa. Finora il quorum non è mai stato raggiunto, ma da adesso in poi ogni volta potrebbe essere quella buona: a partire da questa seduta, infatti, deputati e senatori dovranno votare anche per la nomina di altri tre giudici, chiamati a sostituire il presidente in carica Augusto Barbera e i suoi vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti, tutti in scadenza il prossimo 21 dicembre. La novità era attesa dalla maggioranza per sbloccare il dossier, distribuendo le quattro poltrone tra i vari partiti in modo da garantirsi anche i voti dell’opposizione.

Per eleggere i giudici costituzionali, infatti, servono i due terzi dei parlamentari nelle prime tre votazioni, i tre quinti dalla quarta in poi. Soglie che presuppongono il raggiungimento di un’intesa larga. Perciò è difficile che la fumata bianca arrivi subito: più probabile che si scelga di arrivare alla quarta votazione, da tenersi prima delle feste natalizie, in modo da abbassare il quorum a tre quinti per tutte le caselle da riempire. Al momento lo schema più gettonato prevede due giudici espressione della maggioranza, uno alle opposizioni e un “tecnico” dal profilo indipendente: a seconda dell’aria che tira, però, i partiti di governo potrebbero provare a forzare la mano e a portare a casa tre posti, o al contrario lasciarne due alle opposizioni.

Fratelli d’Italia punta in primis su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni – è la mente dietro la riforma sul premierato – che già a ottobre il centrodestra tentò di far eleggere con un blitz, non raggiungendo però i numeri. Altro nome gradito è quello di Carlo Deodato, attuale segretario generale della Presidenza del Consiglio: per entrambi si porrebbe un tema di opportunità istituzionale, in quanto passerebbero senza soluzione di continuità dal lavorare per il governo a doverne giudicare le leggi. L’altrernativa è Ida Nicotra, costituzionalista catanese e moglie di Felice Giuffrè, membro laico del Consiglio superiore della magistratura in quota FdI.

Forza Italia spinge due avvocati con una lunga esperienza politica, il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e il senatore Pierantonio Zanettin; la Lega invece vorrebbe Ginevra Cerrina Ferroni, professoressa a Firenze e vicepresidente dell’Autorità garante della privacy. In quota opposizione, il Pd propone Andrea Pertici, costituzionalista pisano molto vicino alla segretaria Elly Schlein, o Massimo Luciani, stimato docente alla Sapienza; il M5s Roberto Chieppa, segretario generale di palazzo Chigi ai tempi dei governi Conte, e Filippo Donati, professore a Firenze, già eletto al Csm in quota pentastellata. Tra i “tecnici/indipendenti” si fanno i nomi di Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Draghi, e i costituzionalisti Alfonso Celotto e Sandro Staiano.