Nella casa circondariale di San Vittore, a Milano, è emergenza freddo. Lo denunciano gli avvocati che dopo decine di segnalazioni ricevute negli scorsi giorni durante i colloqui e l’attività di sportello legale hanno lanciato un appello ai milanesi affinché facciano arrivare vestiti pesanti ai detenuti. La struttura, che ha aperto per la prima volta i battenti nel 1879, soffre da sempre di inefficienze dovute ai sistemi di riscaldamento, malfunzionamenti a cui la direzione cerca di porre rimedio, ma il problema è duplice: da un lato gli impianti sono troppo antichi e richiederebbero interventi strutturali, dall’altro le persone non hanno vestiti adatti al freddo degli ambienti.
A rendere urgente la necessità di un sostegno è il fatto che oggi la popolazione che affolla le celle di San Vittore è in gran parte straniera. Su un totale di circa 1.180 detenuti, il 70% non è italiano e quindi per lo più è solo, senza familiari né affetti che facciano arrivare pacchi con abbigliamento invernale. “C’è carenza di vestiario maschile in particolare – scrive in un post LinkedIn Antonella Calcaterra, avvocato penalista nella segreteria dell’associazione Osservatorio carcere territorio e membro di Antigone – mancano maglioni e giubbotti senza cappuccio, pantaloni tipo tuta, felpe senza cappuccio, calze e boxer, in taglie piccole e medie, scarpe sportive da 40 in su, ma anche asciugamani grandi”.
Oltre all’Osservatorio carcere territorio, tra i promotori dell’appello ci sono organizzazioni come Cantiere San Vittore, Sesta Opera, Consorzio via dei mille, Comunità nuova, la Camera penale e la Casa della carità. “Vogliamo andare al di là di ogni polemica – spiega Calcaterra a ilfattoquotidiano.it – ci rivolgiamo alla Milano solidale per aiutare il prima possibile i detenuti, questo è più incombente che discutere delle cause o del peggioramento delle condizioni di detenzione”. Con una capienza regolamentare di circa 700 posti letto, oltre a essere in grave sovraffollamento, San Vittore è uno dei primi istituti penitenziari in Italia per numero di ingressi relativi ai nuovi arresti.
Sono per lo più persone in custodia cautelare in attesa di giudizio, in prevalenza in condizioni di vulnerabilità, marginalità sociale e tossicodipendenza. Il problema per loro in effetti è duplice. Da un lato la struttura è oggettivamente antica e ha da sempre problemi di riscaldamento in diverse aree. Ora, per esempio, in un ramo dell’edificio i caloriferi funzionano a intermittenza. “Si tratta di impianti obsoleti che vanno in difficoltà in certi periodi dell’anno, soprattutto quando fa freddo. La direzione sta provvedendo con interventi mirati ma l’edificio è troppo datato e andrebbero messe in misure strutturali”, dice a ilfattoquotidiano.it il garante delle persone detenute e private della libertà di Milano Francesco Maisto.
Dall’altro, senza vestiti adeguati è quasi impossibile proteggersi. “In quel carcere, come in tante altre strutture d’Italia, siamo già fuorilegge per la sentenza Torreggiani, perché non è garantito lo spazio di 3 metri quadri a detenuto – spiega a ilfattoquotidiano.it Paolo Oddi, avvocato della clinica legale per stranieri dell’Università degli studi di Milano – evitare il freddo a persone che non riescono bene a comunicare in italiano e che sono in sofferenza per patologie, è una misura piccola ma indispensabile per garantirne la dignità”. La richiesta è per lo più di abbigliamento nuovo e non di abiti usati, perché i capi di seconda mano richiederebbero verifiche più lunghe rispetto a quelli nuovi. Chi vuole fornire assistenza può recapitare gli indumenti a due enti, Consorzio Viadeimille o Comunità nuova. Incaricata della distribuzione è Sesta Opera San Fedele, associazione che fa volontariato in carcere e a cui si può anche donare direttamente una somma per l’acquisto di nuovi indumenti.