Brutta giornata sui mercati per quasi qualunque cosa abbia a che fare con la Francia. Il paese paga la sua tormentata situazione politica con il debole governo Barnier che probabilmente ricorrerà all’articolo 49.3 della Costituzione per forzare il passaggio in Parlamento della legge di bilancio. A quel punto però le opposizione avranno la possibilità di sottoporre l’esecutivo ad un voto di sfiducia, con una un rischio concreto che il governo cada prima di Natale. Il destino del primo ministro Michel Barnier è nelle mani del Rassemblement national di Marine Le Pen che ancora non ha deciso come muoversi.

Da quando Macron ha indetto le elezioni anticipate, i titoli di Stato francesi sono sotto pressione, i decennali rendono ormai più del 3%, 10 punti base (lo 0,1%) in più di quelli spagnoli e si stanno avvicinando ai tassi italiani. Il differenziale rispetto a quelli tedeschi (spread) è di 86 punti, il massimo dal 2012. Le vendite hanno colpito oggi soprattutto banche e titoli finanziari (che possiedono ingenti quantità di bond francesi e, se i rendimenti salgono, significa che il loro valore sta scendendo).

Société Générale ha perso Parigi il 4%, il colosso assicurativo Axa il 4,3%. Gli altri due big della finanza transalpina, Bnp Paribas e Credit Agricole, hanno contenuto la flessione a poco più dell’1%. Così zavorrata, la borsa parigina è la peggiore in Europa, in flessione di circa lo 0,7%. “Non comprerei titoli finanziari francesi” al momento, ha detto all’agenzia Bloomberg Nicolas Simar , manager di un fondo di Goldman Sachs Asset Management. Il settore è tra i “più sensibili a un aumento dello spread”, insieme a utility e telecomunicazioni (settori in cui le aziende hanno spesso ingenti quantità di obbligazioni sul mercato, ndr).

Questi scossoni sui mercati, in realtà, fanno tutto sommato comodo a Barnier. Macron ha sconfessato l’esito delle elezioni affermando che se la sinistra fosse andata al governo “i mercati sarebbero andati nel panico”. Un copione trito e ritrito, recitato diverse volte in Europa, inclusi i casi di Grecia e Italia. Che poi sia davvero così è tutto da dimostrare. Ora il capo del governo francese avrà gioco più facile nell’appellarsi al senso di responsabilità di fronte al pericolo rappresentato dagli umori degli investitori.

Sarebbe però bene intendersi su una cosa. Non c’è alcun rischio concreto che la Francia non rispetti i suoi impegni con i creditori. Le finanze pubbliche sono sotto pressione ma ben lungi dal finire fuori controllo. Nel 2025 Parigi pianifica l’emissioni di bond per un valore di 285 miliardi di euro, parte per finanziare il deficit, parte per rinnovare i titoli a scadenza. I tassi potrebbero essere un po’ più alti di quanto preventivato ma un, probabile, nuovo taglio Bce potrebbe aiutare, così come il fatto che la Germania sarà scarsamente presente sui mercati.

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