Ha spinto per ricoprire un ruolo nell’accordo e ci è riuscito. Se in un primo momento l’unico paese mediatore e garante dell’intesa alla base del cessate il fuoco tra Israele e Libano dovevano essere gli Stati Uniti, Emmanuel Macron è riuscito a ritagliare un ruolo di primo piano anche per la Francia. La certezza è arrivata nella serata di ieri: in una dichiarazione congiunta il capo dell’Eliseo e il presidente americano Joe Biden hanno ufficializzato: “Gli Stati Uniti e la Francia lavoreranno con Israele e il Libano per garantire che questo accordo venga attuato nella sua interezza e fatto rispettare”.
La Francia ha legami storici con il Libano, i due paesi condividono interessi politici, economici e culturali. Per questo la diplomazia francese ha lavorato affinché Parigi affiancasse Washington nelle trattative e avesse un ruolo riconosciuto nel raggiungimento di un’intesa. In un primo momento il governo di Tel Aviv ha trattato solo con gli americani, poi a sbloccare la situazione è stato il posizionamento ambiguo di Macron sul mandato di arresto della Corte penale internazionale contro Benjamin Netanyahu: il governo transalpino ha “preso atto” della decisione, senza dire se l’avrebbe rispettata. A quel punto Israele ha aperto una linea di credito e accettato di riconoscere un ruolo alla Francia.
Oggi è arrivata la decisione del governo parigino: “La Francia rispetterà gli obblighi internazionali”, ma per quanto riguarda il mandato d’arresto nei confronti del premier israeliano, ci sono delle “immunità” previste dal diritto internazionale riguardo “gli Stati che non fanno parte della Corte Penale Internazionale”, ha comunicato il portavoce del ministero degli Esteri, aggiungendo: “Continueremo a lavorare con il premier e le autorità israeliane”.
“La Francia – ha spiegato il Quai d’Orsay – rispetterà i suoi obblighi internazionali, restando inteso che lo Statuto di Roma esige piena cooperazione con la Cpi e prevede anche che uno stato non possa essere costretto ad agire in modo incompatibile con i suoi obblighi in base al diritto internazionale per quanto riguarda le immunità degli stati che non fanno parte della Cpi. Tali immunità – continua – si applicano al primo ministro Netanyahu e agli altri ministri coinvolti e dovranno essere prese in considerazione se la Cpi dovesse chiederci il loro arresto e la loro consegna”.
“In conformità con la storica amicizia che lega la Francia ad Israele – fa sapere ancora il Quai d’Orsay – due democrazie legate allo stato di diritto e al rispetto di una giustizia professionale e indipendente, la Francia intende continuare a lavorare in stretta collaborazione con il primo ministro Netanyahu e con le altre autorità israeliane per giungere alla pace e alla sicurezza per tutti in Medio Oriente”.
Netanyahu, intanto, ha deciso che Israele notificherà alla Corte penale internazionale dell’Aja la sua intenzione di ricorrere in appello contro i mandati di arresto emessi per lui e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Il termine ultimo per il ricorso scade oggi a mezzanotte.