di Enza Plotino
Finché non si troverà il modo di azzerare la quantità di rifiuti che l’energia nucleare produce in maggiori quantità rispetto alle altre fonti energetiche e di risolvere il problema dello stoccaggio geologico delle scorie radioattive, di certo non si potrà parlare di nucleare sostenibile come sta facendo in maniera approssimata e semplicistica il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin.
Il nucleare sostenibile rappresenta lo specchietto per le allodole di una lobby nucleare che finalmente ha visto la strada spianata in Italia per ritornare alla carica, grazie alle posizioni “nucleariste” del governo di destra. Sostenibile dove, come, quando? Risale al lontano 1987, dopo un referendum abrogativo, l’abbandono dell’utilizzo dell’energia nucleare ad un anno dal disastro di Chernobyl del 1986. A quel tempo funzionavano in Italia otto siti nucleari, le quattro centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina e Garigliano. Inoltre Bosco Marengo e tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia, Casaccia e Rotondella. Ma ancora oggi ogni governo si trova tra le mani la patata bollente dello smaltimento di quelle scorie radioattive, alla ricerca di depositi per chiudere il ciclo di vita di quelle centrali.
Si chiama decommissioning ed è l’insieme delle operazioni di mantenimento in sicurezza degli impianti, dell’allontanamento del combustibile nucleare esaurito, della decontaminazione e smantellamento delle installazioni nucleare e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti, in attesa del loro trasferimento nel famigerato Deposito nazionale. Il decommissioning viene assicurato da Sogin, la società a cui è stata affidata la gestione dei 15.500 metri cubi di rifiuti radioattivi giacenti in Italia.
Mentre i governi, da quel lontano 1987, stanno ancora cercando un luogo fisico in Italia dove costruire il Deposito nazionale che li contenga tutti. Un compitino niente male affidato sempre a Sogin che in questi ultimi anni ha presentato una lista “nera” di possibili siti adeguati alla bisogna. Fino ad oggi i rifiuti radioattivi sono stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel nostro Paese in attesa del loro accumulo, in via definitiva, nel Deposito unico nazionale. Lo stoccaggio in condizioni di sicurezza è assolutamente necessario visto che, se lo avessimo dimenticato, i rifiuti nucleari sono pericolosi per la salute delle persone e per l’ambiente e lo stoccaggio consente di attenuare il contenuto radioattivo che impiegherà migliaia di anni per raggiungere un livello tollerabile tale da non rappresentare più rischi. Quindi rappresenta un’ovvietà propagandistica, di cui questo Governo di destra è campione, parlare di un possibile ritorno al nucleare “sostenibile” finché le scorie delle centrali chiuse negli anni ’80 non saranno messe in sicurezza, oggi.
Speriamo soltanto che questo annuncio non sia un vacuo atto di distrazione utile a far accettare la sede del Deposito unico, ingoiando il rospo senza troppe proteste da parte delle popolazioni coinvolte. Il fatto che tra i siti individuati ce ne siano anche in Sardegna la dice lunga sull’approssimazione con cui si fanno oggi gli studi e le ricerche per trovare un luogo idoneo, perché per quanto un sito sardo possa rispondere positivamente a tutte le caratteristiche richieste, attraversare il mare con le scorie nucleari non è proprio il massimo delle genialate!