“E se non dovessi piacergli?”, si chiedeva durante il viaggio da Dresda a Napoli. Come ogni ragazzina palpitante al primo incontro. Arrivò con il batticuore, non aveva mai incontrato il promesso sposo. Ad accogliere Amalia Carlo, re di Napoli e di Sicilia, su una magnificente carrozza reale, fu una città festante, illuminata da migliaia di ceri bianchi, ovunque sulle facciate dei palazzi e del teatro regio San Carlo, di cui erano appena terminati i lavori, fiaccole anche sulle imbarcazioni cullate dal mare e dalla luna. Invece si piacquero all’istante. Comincia così, “Io Maria Amalia di Sassonia, Prima Regina di Napoli“, scritto e diretto da Stella Leonetti, pupilla di Dario Fo, ideatrice del Capalbiocinema Short Film Festival e regista di “Vernissage! 1607, Caravaggio”, premiato con il Globo d’oro, e di una serie web sull’illuminismo napoletano. Questo monologo fa parte di una serie televisiva (un working in progress) sulle regine del Regno, approvato dal Ministero della Cultura.

Interpretato da un’assoluta Cristina Donadio, che indossa con regale eleganza un costume storico, confezionato dai Laboratori Sartoriali del San Carlo e ispirato al celebre ritratto della Regina conservato al Museo del Prado, a Madrid. Cristina cura anche i Laboratori Teatrali delle Officine San Carlo con un focus sulla drammaturgia napoletana: l’ultimo lavoro “Lassammo fa Dio” è un po’ la metafora di vita dei napoletani. Una Prima nella Prima. E lasciamo fare a Emmanuela Spedialiere, Direttore Generale del San Carlissimo, mentre si alza il sipario sulla Prima della Stagione Sinfonica in pieno romanticismo di Schumann e Brahms, apre le porte alla prima sovrana di Napoli… “ La figura di Maria Amalia è un invito a scoprire il valore della storia, celebrando una donna che è stata pioniera di una Napoli moderna e aperta all’Europa, una regina che ha saputo trasformare la sua passione per le arti in un dono per le generazioni future”.

Un omaggio a una sovrana che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della città, a 300 anni dalla sua nascita. Nel 1738, a soli 13 anni e mezzo, sposò Carlo di Borbone che di anni ne aveva 23, un matrimonio che consolidava alleanze strategiche fra le principali casate europee, con la benedizione del papato. Il loro fu un legame di amore intenso e di condivisione. Lei dedita alla promozione delle arti e alla modernizzazione della corte, ma sopratutto a dargli l’erede maschio. Invece arrivò una bambina, la seconda, la terza. Ne fece tredici di figli, tra cui tre maschi. Ma solo l’ultimo sarebbe diventato il designato: re Ferdinando di Napoli.

Affidarono a un giovane Vanvitelli i lavori della reggia di Caserta: “Mi raccomando, deve essere più sfarzosa di Versailles”, fu il diktat di re Carlo che, per ragion di Stato, fu richiamato in patria e divenne Carlo III di Spagna e che, ahimè, non videro finita. Amalia lo seguì a Madrid. Con il cuore spezzato, dovette lasciare (sempre per ragioni di Stato) a Napoli i due figli maschi perché studiassero da futuri re. Muore a soli 35 anni. La sua raffinatezza culturale e artistica (fu lei a volere la Real Fabbrica di porcellana) ha fatto di Napoli la prima capitale d’Europa. E ha lasciato ai visitatori di Capodimonte il suo salotto/boudoir realizzato in squisita porcellana.

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