Natale in cassa integrazione per gli operai di Mirafiori. Stellantis ha comunicato ai sindacati la sospensione della produzione nello stabilimento fino al 5 gennaio 2025 per l’assenza di ordini della 500 elettrica, l’unica vettura assemblata nello storico impianto torinese. Il gruppo ha inoltre già avvisato che – vista la difficile situazione di mercato – “è necessario assicurare anche per il prossimo anno il fondo per la cassa integrazione”. Insomma, nubi nere si addensano anche sull’inizio del nuovo anno. Da settimane si rincorrevano voci sulla possibilità che il reparto Carrozzerie, cuore produttivo dello stabilimento, si sarebbe svuotato nell’ultimo mese dell’anno concretizzando le stime che a fine settembre la Fiom-Cgil aveva anticipato a Ilfattoquotidiano.it. Sostanzialmente, dopo la serrata estiva, il sito ha lavorato con il contagocce.

“Servirà la cassa integrazione anche nel 2025”
Negli scorsi giorni, si era anche avanzata l’ipotesi che la chiusura comunicata oggi avrebbe riguardato anche l’intero mese di gennaio, ma per ora Stellantis si è limitata a ufficializzare lo stop fino all’Epifania. Il dopo si vedrà, ma non appare sereno: “L’azienda – dice Stellantis – continua a mettere in atto tutti gli strumenti offerti dalla normativa vigente, con l’obiettivo di ridurre il più possibile l’impatto della transizione sul fabbisogno di manodopera. Per questo è necessario assicurare anche per il prossimo anno il fondo per la cassa integrazione a cui anche noi, come tutte le aziende contribuiamo”. Insomma, difficile la produzione ripartirà a pieno ritmo con l’inizio del nuovo anno.

L’interruzione extra di 15 giorni
Mirafiori
quindi chiuderà il 2 dicembre e riaprirà il 7 gennaio, con un’interruzione ‘extra’ rispetto al fermo previsto per le festività – già programmato per il 18 dicembre – di due settimane: “La ragione è la persistente situazione di incertezza nelle vendite di vetture elettriche in svariati mercati europei che rappresentano il 97% della produzione di Mirafiori e di vetture del settore del lusso in alcuni Paesi extraeuropei come Cina e Stati Uniti”.

L’ammissione: “Solo con la 500e non c’è continuità”
L’azienda ha contestualmente conclamato come il problema dell’impianto torinese sia legato alla produzione della sola 500 elettrica: “Il segmento city car elettriche in Europa nei primi 10 mesi dell’anno si è ridotto del 54% rispetto allo stesso periodo del 2023 e, allo stesso tempo in Italia, il mix Bev è su livelli molto bassi intorno al 4% – si spiega in una nota – Questo non è sufficiente a mantenere una continuità nella produzione”. Verso la fine del 2025, ma più probabilmente all’inizio del 2026, a Mirafiori dovrebbe iniziare la produzione della nuova 500 ibrida, una scelta – quella di assegnare a Torino questa vettura – che per Stellantis rappresenta “la responsabilità sociale del brand”.

La Fiom: “Lo stop potrebbe essere prolungato”
Secondo la Fiom, lo stop potrebbe “essere anche ulteriormente prolungato successivamente” e il 2025 “si prospetta come un altro anno terribile”, dicono il segretario torinese Edi Lazzi e il responsabile di Mirafiori Gianni Mannori. Il responsabile automotive dei metalmeccanici della Cgil, Samuele Lodi, sottolinea come “mentre da un lato il governo taglia le risorse al fondo automotive, per poi chiedere all’Europa di dotarsi di un fondo per la transizione dell’auto, dall’altro lato, Stellantis continua a non dare nessuna garanzia produttiva e occupazionale e a comunicare le continue chiusure in cassa integrazione”. La situazione, aggiunge, è “ormai drammatica” e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni “deve convocare le parti a Palazzo Chigi” perché “il settore automotive rischia di sparire nel nostro Paese”.

I dati catastrofici del 2024
I volumi dei primi 9 mesi, riassunti nell’ultimo report della Fim-Cisl, raccontano in chiaro la crisi dell’impianto: a Mirafiori si sono prodotte 22.240 auto, il 68,4% in meno rispetto alle 70.365 rilevate nel 2023. Il crollo ha riguardato sia la 500 elettrica (20.210 unità contro 63.400) che le Maserati (2.030 unità a fronte di quasi 7mila), che hanno vissuto un vero e proprio tracollo (-95%) rispetto ai massimi del 2017 quando se ne sfornarono 41mila. Tenendo conto del turno unico e delle molteplici serrate tra ottobre e la fine dell’anno, lo stabilimento torinese chiuderà il 2024 con dati catastrofici. Probabilmente i peggiori della sua storia, non solo recente.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Per il Black Friday lo sciopero dei lavoratori Amazon: “L’azienda migliori le condizioni di lavoro e s’impegni nella crisi climatica”

next
Articolo Successivo

Lavoratori stranieri, il governo incassa la fiducia. Ma non quella degli addetti: “Ritardi e piattaforma in tilt, manodopera a rischio”

next