Un progetto culturale inclusivo che coinvolge e rende protagoniste le persone con disabilità motorie, intellettive, cognitive e sensoriali. Un’iniziativa molto particolare e inedita nel suo genere in Italia. La Fondazione del Teatro San Carlo di Napoli ha ideato e realizzato un progetto che si chiama “Suoni senza barriere” che vede coinvolti uomini e donne, tra i 16 e i 40 anni, che vivono differenti condizioni di fragilità. L’iniziativa offre un programma costituito da un ciclo di 30 incontri di due ore ciascuno, fino a maggio 2025, per circa 50 partecipanti. “’Suoni senza barriere’ nasce dal desiderio di rendere la musica e le arti performative accessibili a tutti, senza esclusioni. Ci siamo resi conto che, troppo spesso, le persone con disabilità trovano ostacoli, non solo fisici, ma anche sociali e culturali, che limitano la loro piena partecipazione a eventi artistici”. A dirlo a ilfattoquotidiano.it è Emmanuela Spedaliere, ideatrice del progetto e direttrice generale della Fondazione Teatro San Carlo. “Questa iniziativa è pensata per abbattere queste barriere e per creare uno spazio in cui tutti possano vivere l’emozione della musica, sentendosi accolti e valorizzati a seconda delle proprie capacità e condizioni di vita”, aggiunge Spedaliere. L’iniziativa si articola in concerti, laboratori e incontri, utilizzando pannelli in Braille, dispositivi specifici, strumenti digitali, tecnologie audiovisive, in un contesto, quello del lirico San Carlo che è stato il primo in Italia a istituire una scuola per la danza, senza barriere architettoniche per le persone con disabilità motoria.
“Abbiamo introdotto”, spiega la direttrice della Fondazione del più antico teatro d’opera al mondo ad essere ancora attivo, “accorgimenti come traduzioni in LIS, percorsi tattili-sonori e l’uso di tecnologie assistive per garantire accessibilità a persone con disabilità uditive, visive o motorie”. Napoli ha una lunga tradizione di sensibilità nei confronti delle fragilità, come ad esempio il caso di Domenico Martuscelli, il primo in Italia nell’800 a fondare in città un Istituto per l’assistenza dei ciechi. Gli obiettivi principali del progetto sono favorire l’inclusione sociale, sensibilizzare il pubblico sull’importanza dell’accessibilità e offrire un’esperienza artistica completa a tutti. “La finalità è promuovere una cultura dell’inclusione, dimostrando che l’arte può (e deve) essere un linguaggio universale, capace di unire e abbattere ogni barriera”.
“Il riscontro degli utenti coinvolti? E’ stato molto positivo e incoraggiante”, dichiara al Fatto.it Spedaliere. “I partecipanti ci hanno restituito feedback entusiasti, sottolineando l’importanza di sentirsi protagonisti in un contesto spesso percepito come esclusivo. Le donne hanno più volte evidenziato il valore emozionale dell’iniziativa, mentre gli uomini hanno apprezzato la conoscenza degli strumenti musicali e i suoni che potevano produrre, lavoriamo anche con strumenti non tradizionali che troviamo quotidianamente nella nostra vita di tutti i giorni”. E’ emerso, tra i vari aspetti, il grande senso di partecipazione che l’iniziativa ha saputo creare. Si tratta di un’esperienza virtuosa, di grande spessore culturale per la partecipazione e il sostegno anche di diversi professionisti del settore, da “esportare” in tanti altri celebri teatri lirici-sinfonici italiani. “Un aspetto fondamentale è il coinvolgimento diretto delle persone con disabilità nella progettazione dell’iniziativa. Ascoltare i loro bisogni e le loro esperienze”, conclude la direttrice, “ci ha permesso di costruire un progetto autenticamente inclusivo e, allo stesso tempo, di sensibilizzare anche gli organizzatori e i partner a un approccio più consapevole e rispettoso”.