La nuova (vecchia) presidente della Commissione Europea ha inaugurato il suo (ri-)mandato invocando, come primo obiettivo, il riarmo: “La Russia spende fino al 9% del suo Pil per la Difesa. L’Europa spende in media l’1,9%. C’è qualcosa di sbagliato in questa equazione. La nostra spesa per la Difesa deve aumentare”. Un inganno vero e proprio basato sui numeri frazionari. Gli indici apparentemente asettici e oggettivi manipolano talvolta la realtà per giustificare scelte politiche scellerate.

Contro tutte le previsioni degli economisti e nonostante le sanzioni, il Pil della Russia ha raggiunto nel 2023 la cifra di 2.020 miliardi di dollari, duecento meno dell’Italia. La sua spesa per la “difesa” (e la offesa, aggiungo) ha quindi raggiunto la bella cifra di 181 miliardi di dollari. Sempre nel 2023, il Pil dell’Unione Europea è stato valutato in 18.350 miliardi di dollari. La spesa europea per la “difesa” si è perciò fermata a soli 349 miliardi di dollari, circa il doppio di quella russa. La corsa al riarmo decisa da chi governa l’Europa è quindi del tutto fuori scala, visto che spendiamo già il doppio del nostro supposto, mortale nemico.

Secondo Pitagora, i numeri governano l’universo, ma Platone avvertì più tardi che una buona decisione si basa sulla conoscenza e non sui numeri. Senza citare i luminosi esempi di Stalin e Hitler, assai abili a ingannare la propria gente invocando numeri solidissimi, la guerra del Vietnam dovrebbe avere insegnato qualcosa, almeno ai baby boomer. Durante la guerra, i generali americani usarono la “conta dei cadaveri” quale metrica chiave per misurare i loro successi. Facevano pensare alla gente che numeri sempre più grandi di vittime nemiche indicassero quanto la guerra stesse positivamente evolvendo. Una metrica imperfetta, spesso manipolata. I comandanti sul campo gonfiarono il numero dei morti nemici per far sembrare che gli Stati Uniti stessero vincendo, anche se la guerra si stava trascinando malamente. Numeri fuorvianti contribuirono a decisioni strategiche sbagliate, prolungando il conflitto.

Il nemico russo ha fornito l’energia a buon mercato che ha permesso all’Europa di prosperare, creando però un certo fastidio a norvegesi e inglesi, che hanno visto diminuire l’importanza degli idrocarburi del mare del Nord. E degli americani — primo produttore mondiale di idrocarburi fossili — che frantumano la Terra in profondità per rifornire l’Europa di gas costosissimo non soltanto in soldoni, ma anche sotto il profilo ambientale. Senza contare che i russi, ghiotti di parmigiano, champagne, bratwurst e pata negra, erano ottimi clienti dell’Unione Europea.

Per banali ragioni numeriche, ho difficoltà a immaginare le armate russe — espressione di un paese immenso abitato da 144 milioni di cittadini con etnie assai variegate — in marcia verso Brussels, capitale di una comunità altrettanto variegata che conta 450 milioni di abitanti, più di tre volte i russi. L’argomento della signora Von der Leyen non è una equazione, caso mai una disequazione. E l’uso disinvolto delle percentuali e delle statistiche si presta a manipolare le coscienze, senza dimenticare che i numeri perfetti, come gli uomini perfetti, sono molto rari (Cartesio).

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