L’audizione di Michele Santoro in Antimafia di mercoledì 27 novembre mi ha lasciato un profondo senso di disorientamento, che credo sia condiviso da molti.
Per arrivare nella maniera più costruttiva possibile ai passaggi della sua audizione, che trovo sconcertanti e oggettivamente funzionali alla definitiva mistificazione della nostra storia recente, voglio procedere ammettendo che diverse affermazioni fatte da Michele Santoro meriterebbero il dovuto apprezzamento. Alcuni esempi:
1. Quando Santoro dice di essere stato “maltrattato” dalla Procura di Caltanissetta che avrebbe abusato dei suoi poteri indagando lui e Guido Ruotolo in maniera pretestuosa e sostanzialmente intimidatoria; accuse tanto più gravi, se provate, perché poste in essere contro dei giornalisti in ragione della loro stessa professione.
2. Quando Santoro dice che le affermazioni di Avola non sarebbero state adeguatamente riscontrate per un pregiudizio malsano nei confronti di quest’ultimo, “reo” con le sue dichiarazioni di far saltare per aria convinzioni ormai saldamente acquisite sul piano giudiziario e non solo (uno Spatuzza al contrario, insomma).
3. Quando Santoro dice che la sicurezza di Avola sarebbe stata scientemente messa a repentaglio, e lascia intendere che ciò sia avvenuto in chiave intimidatoria e punitiva, con la rivelazione di diversi particolari riservati della attuale vita “irreprensibile” dell’ex killer di mafia.
Ecco, queste e altre affermazioni meriterebbero approfondimenti, dovuti ad una persona come Michele Santoro al cui impegno sono debitrici generazioni e generazioni di giovani, che hanno aperto gli occhi anche grazie al suo impegno. Ma è la struttura stessa della sua comunicazione in antimafia che mi genera sconcerto e allarma gravemente, direi quasi la “postura” che si fa sapientemente sprezzante, le parole buttate ripetutamente quasi con noncuranza nell’incedere come mollichine nel bosco, utili, più ancora delle frasi roboanti, a definire il senso profondo del suo pensiero. D’altra parte, è bravo Santoro!
A cosa faccio riferimento? Alla radicale banalizzazione delle “relazioni esterne” che sono la forza delle mafie e che sono state in particolare la forza di Cosa Nostra dal secondo dopoguerra in avanti. Questa “banalizzazione” annichilente passa da frasi del tipo: vi immaginate Andreotti dare ordine a Cosa Nostra di assassinare Pecorelli? Buscetta in persona si è incaricato di spiegare a Falcone e a Santoro stesso che non funziona così. Ve lo immaginate Berlusconi telefonare ai boss di Cosa Nostra per dare ordini sul da farsi? I primi club di Forza Italia aperti a casa di Rapisarda e Graviano: e allora? Cosa Nostra era abituata a “scommettere” sui politici vincenti e garantisti, lo hanno fatto anche con Pannella e Martelli. Dell’Utri condannato per concorso in mafia, sì, va beh, ma che centra, fatti suoi. Cosa Nostra non prende ordini da nessuno e chi lo sostiene non ha capito niente del reale potere autonomo di quella organizzazione mafiosa.
Ma chi mai potrebbe rappresentare in tal modo le “relazioni esterne” che hanno concorso alla forza criminale e politica delle organizzazioni mafiose? Ma chi mai potrebbe ridurle a questa scena ridicola e quindi facile da spazzare via, degli “ordini dati per telefono” ad una organizzazione “braccio armato” di altri centri di potere? Una rappresentazione così riduttiva da offendere l’intelligenza di quanti su queste vicende si impegnano da anni. Rimando su questo alle più recenti prese di posizione di Nando Dalla Chiesa sull’omicidio del padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
E poi, a corredo e a conferma di questa prima devastante banalizzazione, la litania con la quale Santoro ha trapuntato tutta la sua comunicazione di frasi del tipo: non ci sono fatti a sostegno delle ipotesi di “strategia terroristico-mafiosa” che comprendono la collaborazione tra mafiosi, pezzi di Stato ed eversione neo fascista. Non si cono fatti. Non ci sono prove. Ci fossero fatti e prove, sarei il più contento, ma non ci sono questi fatti… Ma come?!
Intanto: proprio un giornalista esperto come Santoro “cade” e induce a cadere nella trappola della coincidenza tra fatti-prove di condotte penalmente rilevanti e fatti certi che pure non integrano fattispecie di reato? Quanto è lungo l’elenco dei fatti accertati? Come spiega Michele Santoro, per fare soltanto un esempio, la sequenza di crimini mafiosi rivendicati con la sigla “Falange Armata” a cominciare dall’omicidio dell’educatore carcerario Mormile?
Aveva ragione un altro vecchio giornalista esperto di mafia quando più di un decennio fa andava in giro dicendo: il nostro problema è che abbiamo tanti “pentiti” di mafia e non abbiamo un solo “pentito” di Stato. Aggiungo io, sommessamente, che forse qualcuno che avrebbe potuto pure fare il “pentito di Stato”, anche soltanto per vendetta, è stato “provvidenzialmente” impedito da folgoranti arresti cardiaci.