Un altro caso di doping nel tennis. La polacca numero due al mondo Iga Swiatek è stata squalificata per un mese dall’Itia, l’International Tennis Integrity Agency, per esser risultata positiva alla trimetazidina, una sostanza vietata. Come nel caso di Jannik Sinner, anche per Swiatek la notizia della positività al doping emerge molti mesi dopo il […]
Un altro caso di doping nel tennis. La polacca numero due al mondo Iga Swiatek è stata squalificata per un mese dall’Itia, l’International Tennis Integrity Agency, per esser risultata positiva alla trimetazidina, una sostanza vietata. Come nel caso di Jannik Sinner, anche per Swiatek la notizia della positività al doping emerge molti mesi dopo il controllo incriminato, effettuato fuori competizione nel mese di agosto. L’Itia ha accettato la versione della tennista polacca, secondo cui l’assunzione non è stata intenzionale ed è stata causata dalla contaminazione di un farmaco che non richiede una prescrizione, la melatonina, che Swiatek stava assumendo per problemi di sonno e di jet lag. La giocatrice polacca ha vinto cinque tornei del Grande Slam in carriera, tra cui il Roland Garros in questa stagione.
La sentenza dell’Itia – appellabile dalla Wada di fronte ai giudici di Losanna come già avvenuto per Sinner – riconosce a Swiatek “nessuna colpa o negligenza significativa“. Non l’assenza colpa, ma il livello più basso della scala di responsabilità di un tennista. Per questo la sanzione è praticamente nulla: la polacca, si scopre oggi, aveva già saltato tre tornei tra fine settembre e inizio ottobre perché era stata sospesa dopo il controllo antidoping. Nessuno sapeva quale fosse la ragione, ma di fatto quelle settimane di assenza già sono state scontate. La squalifica di un mese quindi scadrà già il prossimo 4 dicembre. E di fatto non avrà nessun impatto sulla carriera di Swiatek, che dovrà giusto rinunciare al montepremi e ai punti guadagnati al Cincinnati Open, il torneo che ha giocato subito dopo il test in cui è risultata positiva al doping. Lo stesso era successo a Sinner, che infatti – in attesa dell’esito del ricorso della Wada – ha perso solamente i soldi e punti di Indian Wells (torneo durante il quale emerse la positività al Clostebol).
L’altoatesino numero 1 al mondo non era stato nemmeno sospeso perché era stato in grado di fornire subito le prove della contaminazione involontaria. E nel suo caso l’Itia aveva ravvisato una totale assenza di colpa o negligenza, perché il farmaco responsabile della contaminazione – la pomata cicatrizzante Trofodermin – era stato acquistato dall’ex preparatore Ferrara il 12 febbraio nella farmacia Santissima Trinità di Bologna, portata negli Stati Uniti un mese dopo, in occasione del torneo Indian Wells, e utilizzato dall’ex fisioterapista Naldi per una ferita al dito della mano sinistra, con la quale aveva poi massaggiato Sinner causando la contaminazione.
Nel caso di Swiatek, invece, è stata lei stessa ad acquistare e assumere il farmaco – un tipo di melatonina – che ha provocato la contaminazione involontaria. Il farmaco in questione è prodotto e venduto in Polonia, si compra senza prescrizione. La versione della contaminazione fornita dalla polacca “è stata confermata da un laboratorio indipendente della Wada nello Utah“, ha sottolineato l’Itia aggiungendo che “lo scenario è stato verificato” anche “da un esperto indipendente di un altro laboratorio accreditato dalla Wada”. “Una volta stabilita la fonte della trimetadizina (tmz) è apparso chiaro che si è trattato di un caso altamente insolito di un prodotto contaminato, che in Polonia è un medicinale regolamentato – ha sottolineato la Ceo dell’Itia Karen Moorhouse – Tuttavia il prodotto non ha la stessa designazione a livello globale e il fatto che un prodotto sia un farmaco regolamentato in un paese non può di per sé essere sufficiente a evitare qualsiasi livello di colpa. Tenendo conto della natura del farmaco e di tutte le circostanze, la colpa va inserita al livello più basso della scala“. Da qui la decisione di procedere con una squalifica, a differenza del caso Sinner, seppure di lievissima entità.
“Questo caso è un importante promemoria per i giocatori sulla responsabilità oggettiva del Codice mondiale antidoping e sull’importanza nel considerare attentamente l’uso di integratori e farmaci. Nei confronti dei tennisti e dei loro entourage sono disponibili assistenza e supporto, sia direttamente tramite l’Itia, sia tramite altre organizzazioni, che controllano e testano i prodotti”, conclude la nota di Moorhouse, amministratrice delegata dell’International Tennis Integrity Agency.