di Michele Sanfilippo

Da persona di sinistra non avrei mai pensato che il partito democratico di Biden (ma anche di Kamala Harris), con le sue incredibili scelte in politica estera, mi avrebbe portato a sperare che Trump potesse compiere quei passi avanti nella pacificazione dei conflitti in corso.

Anche dopo la cocente sconfitta elettorale non si vede limite al peggio. La scelta di autorizzare l’Ucraina all’uso di missili di medio e lungo raggio per raggiunge le postazioni militari russe non poteva che spingere Putin ad alzare il livello di scontro fino a minacciare il conflitto nucleare e se c’è una cosa che abbiamo capito è che, per quanto privo di ogni scrupolo, Putin non è uno che parla a vanvera: se messo alle strette non si fermerà.

La decisione, poi, di non riconoscere la decisione dell’Alta Corte Penale Internazionale rispetto al mandato d’arresto per l’indifendibile Netanyahu è l’ennesima scelta risibile degli Usa di Biden rispetto al comportamento tenuto da Israele durante il conflitto che, a parole, avrebbe dovuto distruggere Hamas ma che, nei fatti, sta facendo strame della popolazione civile palestinese e che, nelle intenzioni neppure nascoste del governo israeliano, mira alla piena occupazione della striscia di Gaza e rischia d’incendiare tutto il Medioriente.

Biden, o meglio, il partito democratico (dato che Biden non sembra in grado neppure di andare in bagno da solo), già prima della campagna elettorale ha sposato le posizioni dei signori delle armi e degli interessi economici dimenticando le sofferenze dei suoi connazionali che, infatti, l’hanno punito. Eppure, per molti anni, almeno a partire F.D. Roosevelt, nella tradizione del partito democratico americano sono albergati a pieno titolo il tema della giustizia sociale e il ricorso alla guerra solo come ‘extrema ratio’. Ma, a partire da Clinton, passando per Obama e per finire con Biden, il partito democratico ha sposato le politiche economiche neoliberiste dimenticando i problemi dei più deboli, che a causa di salari sempre meno solidi sono aumentati in modo esponenziale e hanno cercato nelle vuote promesse di Trump la protezione che, per tradizione, spetterebbe ad un partito progressista.

E il fatto che Trump abbia vinto una seconda elezione, dopo i disastri del suo primo mandato, dà la dimensione di quanto il partito democratico, del tutto dominato da lobbisti, non sia più, neppur lontanamente, un riferimento per le classi medie e basse del paese. Con Biden i democratici hanno governato per quattro anni prendendo decisioni in campo economico che imbarazzano chiunque abbia posizioni politiche progressiste. Poi, durante la campagna elettorale, hanno cercato di recuperare terreno aggrappandosi ai temi dei diritti civili dimenticando che già Hobbes, rifacendosi ad Orazio, diceva: ’Primum vivere, deinde philosophari’. Non puoi convincere chi ha fame che per lui è più importante la libertà di voto o il diritto all’aborto.

Il partito democratico americano è totalmente da rifondare perché non è più in grado di dare al paese una speranza di edificare un mondo più giusto, più tollerante. Insomma, per dirla alla Vasco, un mondo migliore. È una lezione che le sinistre europee dovrebbero imparare velocemente se non si vuole che le destre vincano ovunque e siano le folli posizioni (soprattutto sui problemi ambientali) dei vari partiti nazionalisti a rispondere a tutti gli enormi problemi che oggi affliggono il pianeta – che, invece, richiedono risposte globali e condivise.

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