Un processo complesso che ha visto un primo grado parzialmente riformato in appello e il procuratore generale della Cassazione chiedere l’annullamento di alcune assoluzioni e l’ampliamento delle accuse per uno gli imputati. E così i giudici della Cassazione si sono presi alcuni giorni per valutare i ricorsi di tutte le parti nell’ambito del processo per la strage di Rigopiano: il 18 gennaio del 2017 morirono 29 persone a causa di una valanga che, dopo una forte scossa di terremoto, travolse l’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) Le vittime erano ospiti e dipendenti, undici i superstiti tirati fuori dalla neve e dalla “macerie” della struttura dai soccorritori.

“Il prefetto Provolo era la massima autorità sul territorio, poteva fare qualcosa e non l’ha fatto” ha dichiarato il presidente del Comitato vittime di Rigopiano, Gianluca Tada, che condensa tutta la rabbia dei familiari. Tada sottolinea che l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (condannato in appello a 1 anno e otto mesi per falso ideologico e rifiuto di atti di ufficio, ndr) “ha fatto un danno non solo al ministero, ma a tutti gli italiani. Siamo stati sempre convinti delle sue responsabilità. La requisitoria del procuratore generale in Cassazione non fa che confermare le nostre convinzioni. Ora, però, c’è la scure della prescrizione. Cerchiamo di salvare il salvabile”.

Nella requisitoria di ieri il procuratore generale, Giuseppe Riccardi, ha sollecitato l’annullamento delle assoluzioni dei dirigenti della Regione Abruzzo e nuovo processo d’appello proprio per Provolo anche per le accuse di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio, da cui era stato assolto in secondo grado. L’accusa ha sollecitato anche gli annullamenti delle assoluzioni per sei persone, all’epoca dei fatti facenti parte dell’autorità regionale di protezione civile dell’Abruzzo. Chiesta dal Pg la conferma per tutte le condanne dei dirigenti della Provincia, tra cui quelle di Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, già condannati a tre anni e quattro mesi, quella a sei mesi per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e del tecnico del comune, Enrico Colangeli entrambi condannati in secondo grado a due anni e otto mesi.

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