Potrebbe reiterare il reato. Per questo Angelo Flores, autore dei video nella notte dello stupro al Foro italico a Palermo, resterà in carcere. La sua avvocata Leonarda Lo Presti aveva avanzato richiesta di arresti domiciliari, ma la seconda sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Roberto Murgia, ha respinto la richiesta: “Non emerge, con particolare riguardo all’esigenza di cui alla lettera C dell’articolo 274 del codice di procedura penale, alcuna sostanziale modifica del grave quadro cautelare, rafforzato dalla recente sentenza di condanna”, hanno scritto i giudici.

Flores, 23 anni la notte dello stupro tra il 6 e 7 luglio del 2023, è stato condannato in primo grado il 9 novembre scorso a sette anni per violenza sessuale di gruppo. Era stato lui ad agganciare la vittima per organizzara la serata. Con la ragazza, all’epoca dei fatti 19enne, erano vicini di casa al quartiere Arenella e si conoscevano da tempo. E fu lui a girare almeno due dei tre video di quella notte, immagini decisive per le indagini e nel dibattimento. Su Flores pende anche una richiesta di rinvio a giudizio per avere diffuso quelle immagini. Con lui sono stati condannati a sette anni anche Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao; Cristian Barone (sei anni e 4 mesi) e Samuele La Grassa (4 anni e otto mesi). A presentare richiesta di domiciliari è stato solo Flores. L’unico minore è stato invece condannato dal tribunale minorile a 8 anni e 8 mesi in primo e secondo grado.

Dopo la sentenza si è scatenato un acceso dibattito soprattutto sulle pagine dei quotidiani locali. Alcune delle madri dei ragazzi hanno provato a “scagionare” i figli: “Hanno sbagliato perché non si fa sesso in gruppo, in strada, come i cani. Ma non è stato stupro. Non sono dei mostri”. Sulla vicenda si è espresso anche il noto giurista Giovanni Fiandaca che sulle pagine di Repubblica Palermo ha parlato di “pena sproporzionata per eccesso” che non sarebbe dunque “rieducativa”. Lo scorso 16 novembre il giurista palermitano ha sostenuto che “il livello socio-culturale dei ragazzi coinvolti e della loro appartenenza a contesti ambientali in cui il rapporto uomo-donna e le manifestazioni sessuali risentono ancora dei modelli di condotta obsoleti rispetto al tempo: da qui una verosimile possibilità che si sia caduti in equivoco nell’interpretare il complessivo atteggiamento e le reazioni della giovane donna”. Il commento inevitabilmente ha provocato reazioni.

“Un testo che sappiamo ben collocare in una lunga storia che ha visto proprio negli uomini di diritto una delle fonti più pervicaci di legittimazione della violenza maschile contro le donne”: così ha risposto La Società italiana delle Storiche, nata nel 1989 dal movimento delle Donne. “Instillare dubbi circa lo svolgimento dei fatti, le dichiarazioni e le intenzioni delle donne che denunciano violenza è una delle strade più battute storicamente nei processi per stupro (ma anche per violenza domestica) per minimizzare le responsabilità degli autori”. Fiandaca ha ribattuto ancora, sempre dalle pagine di Repubblica Palermo, giovedì 28 novembre. Il giurista ha menzionato l’articolo 54 della Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione della violenza delle donne “che in sintesi stabilisce: le prove relative agli antecedenti sessuali e alla condotta sono ammissibili solo quando siano pertinenti e necessari”. E ha continuato: “Che in alcuni casi possa apparire indispensabile per accertare la verità del fatto, non è, dunque, obsoleta convinzione di chi scrive: lo prevede espressamente la Convenzione citata”. Una risposta destinata a scatenare ulteriori reazioni.

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