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“L’aggressione con l’acido? Non voglio vendetta, ma far prevalere il bene sul male. Ho l’urgenza di parlare alle nuove generazioni”: Lucia Annibali si racconta

L'avvocata, che fu aggredita con l'acido nel 2013, presenta il suo nuovo libro "Il futuro mi aspetta"

di F. Q.
“L’aggressione con l’acido? Non voglio vendetta, ma far prevalere il bene sul male. Ho l’urgenza di parlare alle nuove generazioni”: Lucia Annibali si racconta

“Racconto la mia storia perché non appartiene solo a me. Non ci siamo solo io e i miei aguzzini dentro quella sera. In questi anni c’è un tumulto di violenza e sopraffazione che sembra infinito, inarrestabile”. Sono queste le parole che l’avvocata Lucia Annibali sceglie di usare per illustrare il suo nuovo libro, Il futuro mi aspetta, edito da Feltrinelli e scritto insieme alla giornalista Daniela Palumbo. Una storia che comincia nel 2013, quando due sicari assoldati dal suo ex fidanzato la aggrediscono con l’acido. Da quel momento, Annibali non si è fermata e ha continuato a raccontare la sua storia alle generazioni più giovani per evitare che questa spirale di violenza di genere continui.

“Ho intrapreso un percorso che, studiando e approfondendo il tema della violenza sulle donne, mi ha permesso di costruire la mia rinascita e rafforzare il mio impegno civile. Intendo raccontare proprio questo cammino alle nuove generazioni che, per questioni anagrafiche, non conoscono la mia storia. Sento l’urgenza di dialogare sempre con nuovi ragazzi e ragazze. Come attestano alcuni dati raccolti da associazioni impegnate sul tema, tra i giovani si registrano sempre più gesti di sopraffazione e dinamiche violente”, dice Annibali a Vanity Fair Italia.

Ed è proprio per tenere fede a questo dialogo continuo con i più giovani che Lucia porta la sua testimonianza nelle scuole, anche se “è faticoso, si tratta di ripercorrere il mio vissuto”, ma non pensa tanto a se stessa, quanto a “tendere la mano a giovani donne che vivono situazioni di violenza, in silenzio. O comunque cercare di prevenirle”, aggiunge l’avvocata. Un’occasione di confronto che non si limita solo al discorso che lei porta nelle scuole, ma che “aiuta a prendere coraggio e aprirsi. C’è chi, dopo, si confida con le insegnanti oppure mi mette in mano dei bigliettini prima di salutarmi. Spero possano trarre sempre giovamento e insegnamento dalla mia storia”. Sul suo passato e sul dolore che ha provato, però, Annibali non ha dubbi: “Capita che, dinanzi al racconto dell’ingiustizia che ho subito, alcuni studenti accennino al sentimento della vendetta per chi ha commissionato la mia aggressione, ma li invito sempre a riflettere sul valore della legalità, a far prevalere il bene sul male. Se mi fossi rinchiusa nell’odio sarei rimasta prigioniera del dolore, senza speranza nel futuro. Ho continuato a scegliere la vita, l’umanità”.

Non solo scuole, ma anche numerosi incontri in carcere. E sempre tenendo a mente l’importanza della vita e della legalità: “Da dieci anni partecipo al progetto di ‘Ristretti orizzonti’ che rende il carcere un luogo aperto al confronto. Dialoghiamo con altre vittime di violenza e autori di reato: si riflette sulle responsabilità, sulla consapevolezza del gesto di violenza e sulle sue conseguenze”. L’importanza del progetto, dunque, si riflette sulla volontà di sradicare un retaggio culturale che confonde “ruoli e responsabilità. Vengono creati nuovi reati e aumentate le pene, ma non si investono risorse economiche per potenziare progettualità lungimiranti”. E il futuro che Lucia aspetta, come il titolo del suo libro, “è innegabilmente difficile, ma intravedo uno spiraglio importante, soprattutto nelle nuove generazioni: la sorellanza, la consapevolezza che è una lotta comune”, conclude Annibali.

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