Dietro la bancarotta di due società confidi della Coldiretti, Agricento Nord ed Agricento Sud, ci sarebbe stata una precisa strategia per prosciugarne il patrimonio aziendale. Architettata dall’imprenditore ed ex uomo di Coldiretti Enrico Leccisi, e dal commercialista di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Marcello. Da qualche ora Leccisi e Marcello sono agli arresti domiciliari, nomi […]
Dietro la bancarotta di due società confidi della Coldiretti, Agricento Nord ed Agricento Sud, ci sarebbe stata una precisa strategia per prosciugarne il patrimonio aziendale. Architettata dall’imprenditore ed ex uomo di Coldiretti Enrico Leccisi, e dal commercialista di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Marcello.
Da qualche ora Leccisi e Marcello sono agli arresti domiciliari, nomi di punta di cinque misure cautelari chieste e ottenute dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere al culmine di un’indagine della Finanza sulle due società confidi (consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi), che svolgono l’attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi nei confronti di piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, per favorirne l’accesso al credito di banche e di altri intermediari finanziari. Per altri due commercialisti coinvolti sono stati disposte le interdittive a svolgere la professione. Un’ultima misura dell’obbligo di dimora è stata notificata alla compagna di Leccisi.
Tutto è partito da una denuncia dei referenti del collegio sindacale della Coldiretti cui non erano stati forniti i bilanci di liquidazione; dagli accertamenti è emerso il coinvolgimento di Leccisi, liquidatore delle due società confidi (Agricentro Nord e Agricentro Sud), di professionisti e di prestanome, nell’azione di costante svuotamento del patrimonio aziendale, che poi ha portato al fallimento delle due società (una già fallita, l’altra sottoposta a procedimento fallimentare al tribunale di Roma), che sono rimaste solo con i debiti aziendali e i debiti di firma collegati alla garanzie confidi rilasciate alle banche, e non sono state dunque più in grado di essere solvibili ai fini appunto della garanzie prestate, con danni alle piccole e medie imprese agricole.
Non è stato semplice per i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta ricostruire il quadro di operazioni finanziarie e commerciali ideati dagli indagati per svuotare il patrimonio aziendale. Secondo quanto ricostruito dai pm della procura sammaritana, gli indagati avrebbero fornito false valutazioni al ribasso dei compendi aziendali, per poi procedere alla cessione di rami d’azienda a prezzi inferiori a quelli reali e di mercato a società appositamente costituite e controllate di fatto proprio dal liquidatore dei due confidi.
Numerose le compagini costituite per acquisire i beni delle due società da svuotare: sono state accertate sei cessioni ad altrettante società create ad hoc, fino all’ultima che era di diritto estero, in particolare panamense, e ciò per rendere difficoltoso risalire al gestore di fatto. I beni che Leccisi sarebbe riuscito ad acquisire in modo fraudolento dalle due società in liquidazione sono poi serviti per acquisire auto e immobili di lusso in giro per l’Italia. Beni ora sequestrati insieme alla notifica delle misure cautelari, per un valore di circa 20 milioni di euro.
C’è stato un momento in cui Leccisi ha trasferito le sedi delle due società confidi da Roma a Santa Maria Capua Vetere, dove la procura guidata da Pierpaolo Bruni ha recuperato e messo a sistema le diverse denunce presentate in giro per l’Italia.
“Queste condotte – ha spiegato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caserta Nicola Sportelli al termine della conferenza stampa tenuta negli uffici della Procura di Santa Maria Capua Vetere – hanno danneggiato Coldiretti per il depauperamento di tutti i suoi beni, ma ancora di più centinaia di piccole e medie aziende agricole che da hanno perso la garanzia del Confidi e dovranno ora provvedere con le proprie risorse a rientrare dalle esposizioni con banche e altre società finanziarie”.