È durato appena un quarto d’ora il Consiglio dei ministri convocato per venerdì. Nel corso della seduta-lampo, iniziata con oltre un’ora di ritardo, è stato approvato il decreto legge in materia di giustizia che compariva al primo punto dall’ordine del giorno. Dal provvedimento, però, sono state estirpate le parti più discusse: l’inasprimento delle norme sui reati informatici e il nuovo bavaglio per i magistrati, che puntava a punire le toghe per i loro interventi in pubblico. La stretta sulla cybersicurezza, prevista dall’articolo 8 della bozza, viene bloccata di nuovo dal veto di Forza Italia, che già lunedì aveva fatto slittare l’esame del decreto disertando il Cdm: gli azzurri contestano la previsione che attribuisce alla Dna, la Procura nazionale antimafia, il potere d’impulso e coordinamento delle indagini sul nuovo reato di estorsione informatica, introdotto lo scorso giugno. “Quanto previsto nel decreto, che dispone potenziamenti in materia di reati informatici per la Procura nazionale antimafia, che su questo fronte avrebbe nuovi poteri di impulso e coordinamento, merita ancora una riflessione nel governo”, aveva dichiarato il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri. Ma quattro giorni non sono bastati e venerdì è arrivata una nuova fumata nera: a quanto si apprende, le norme dovranno essere oggetto di “ulteriori approfondimenti tra gli uffici competenti”.
Oltre al coordinamento della Dna, l’articolo cancellato prevedeva anche l’arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di “accesso abusivo a sistemi informatici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica”, consentendo però allo stesso tempo agli investigatori – su autorizzazione del pm – di ritardare la cattura per acquisire nuove prove. Il reato di estorsione informatica veniva inoltre potenziato prevedendo la confisca obbligatoria degli strumenti utilizzati e la competenza della Procura distrettuale (cioè quella che ha sede nella città capoluogo di Corte d’Appello). Rispetto alla bozza diffusa dei giorni scorsi, poi, dal testo è stata cancellata la norma che avrebbe voluto introdurre un nuovo illecito disciplinare a carico dei magistrati, impedendo loro di occuparsi di qualsiasi caso attinente a temi su cui si siano espressi pubblicamente. Così, al netto di una serie di norme organizzative di secondo piano, il contenuto principale del decreto resta la proroga in extremis delle elezioni dei Consigli giudiziari (le succursali locali del Consiglio superiore della magistratura), che avrebbero dovuto tenersi domenica e lunedì ma sono state rinviate in extremis ad aprile.
Alla riunione del Cdm non ha partecipato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: a quanto si apprende, il leader della Lega è dovuto rientrare a Milano per motivi familiari. Quello di venerdì è stato l’ultimo Cdm a cui ha partecipato Raffaele Fitto, ministro FdI per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, che a breve si dimetterà per assumere l’incarico di commissario Ue alla Coesione e alle Riforme.