Il governo Barnier rischia di cadere sulla manovra da un giorno all’altro, la Francia ingoia a difficoltà il rospo di valere come la Grecia sui mercati finanziari e i francesi sentono parlare per la prima volta di spread, ma oggi è un giorno di grandeur a Parigi. A cinque anni dall’incendio dell’aprile 2019 che ha devastato Notre-Dame, Emmanuel Macron ha messo in scena la visita della cattedrale rinata dalle sua ceneri. Visita trasmessa in diretta tv da France 2 e sui social dell’Eliseo, mostrando le prime immagini della chiesa dopo il restauro, a una settimana dalle cerimonie ufficiali del 7 e 8 dicembre.
Una boccata di orgoglio per Macron, al minimo dei livelli di popolarità dal 2017, stando agli ultimi sondaggi, col 76% dei francesi che non lo considera un buon presidente e il 63% che non è contrario alle sue dimissioni, in caso di nuova crisi di governo. L’Eliseo, che ha preso in mano sin dall’inizio il cantiere di ricostruzione, scavalcando il ministero della Cultura, parla da giorni ai giornalisti di “successo francese”, di “fierezza nazionale”, di “vittoria collettiva” che mette a tacere chi da un po’ di tempo sparla della Francia e del suo vero o presunto “declino”. Macron ha vantato il “savoir faire” dei 2.000 artigiani specializzati che hanno permesso un tale “exploit”: “Avete trasformato il carbone in arte”, ha detto al termine della visita.
In questi anni, il presidente non ha nascosto neanche più di tanto di voler fare di questo evento un successo per il Paese, ma innanzi tutto un successo personale. Nessuno potrà togliergli il merito di aver tenuto (sforando solo di qualche mese) la sfida che lui stesso aveva lanciato la sera del rogo del 2019, esponendosi alle critiche: ricostruire la cattedrale in cinque anni. Ma non tutto sta andando esattamente come avrebbe voluto. Papa Francesco ha respinto l’invito alla cerimonia inaugurale del 7, preferendo recarsi in Corsica una settimana più tardi (il 15) e, stando alla stampa francese, monsignor Ulrich, l’arcivescovo di Parigi, avrebbe rifiutato di farsi consegnare simbolicamente le chiavi di Notre-Dame da Macron all’interno della chiesa, a livello del coro e davanti alle telecamere di tutto il mondo. Il presidente si accontenterà di un breve discorso sul sagrato.
Il restauro – reso possibile dagli 846 milioni di euro di doni raccolti – è di fatto spettacolare. Notre-Dame ha ritrovato il suo “splendore”, le volte, la guglia, identica a quella di Viollet-le-Duc mangiata dalle fiamme, la pietra “bionda” dei muri e una luminosità “come non si vedeva da secoli”, al punto che potrebbe persino essere uno “choc” per i futuri visitatori (fino a 40 mila attesi ogni giorno). “Macron ha fatto con Notre-Dame quello che non è riuscito a fare con la Francia”, ha scritto oggi ironicamente Le Figaro, il quotidiano conservatore. La grandeur di oggi nasconde appena la crisi politica e sociale che la Francia sta vivendo.
Il nodo della questione è la Legge di Bilancio 2025, una manovra da 60 miliardi di euro che prevede tagli alla spesa e aumenti delle tasse per ridurre al 5% un deficit ormai a quota 6%, e il cui voto finale è atteso prima di Natale. Per la prima volta, Marine Le Pen, la leader dell’estrema destra, ha lasciato planare sul governo la minaccia della censure, la sfiducia, facendo convergere i suoi voti con quelli della sinistra radicale, già certi di sfiduciare il governo. Per salvare se stesso e i suoi ministri, il premier Barnier ha cominciato a cedere alle pressioni del Rassemblement national (RN), facendo marcia indietro su alcune misure del suo progetto di legge, in particolare sull’aumento delle tasse sull’elettricità, respinto da RN. Una “vittoria” per Jordan Bardella, presidente RN e braccio destro di Marine Le Pen. Un “disonore” per La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.
Intanto, mentre gli agricoltori protestano chiedendo al governo di mantenere le promesse sulle remunerazioni, e si prepara un mese di dicembre all’insegna degli scioperi, in tutti i settori, contro il moltiplicarsi dei piani di ristrutturazione nelle aziende e i tagli ai servizi pubblici, i mercati finanziari puntano gli occhi su Parigi. Per la prima volta questa settimana, i rendimenti dei titoli francesi a dieci anni hanno raggiunto quota 3,02%, superando i titoli greci, al 3,01%. “Il momento è grave. Dobbiamo aspettarci turbolenze”, ha detto Barnier. I francesi stanno scoprendo lo spread, che nei giorni scorsi ha sfiorato quota 90, mentre neanche un anno fa era intorno a 50.