La conferma dell'esistenza del fascicolo è arrivata dal Vaticano stesso, attraverso le parole del promotore di giustizia Alessandro Diddi
Dopo 41 anni di mezze verità e infiniti dubbi, adesso sappiamo che esiste un dossier su Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana la cui esistenza è avvolta in un oscuro mistero dal 22 giugno del 1983. È in Vaticano e contiene informazioni riservatissime. Ed è quello a cui ha sempre fatto riferimento Pietro Orlandi, ma stavolta la conferma è arrivata dal Vaticano stesso, attraverso le parole del promotore di giustizia Alessandro Diddi.
I dubbi dell’avvocato Sgrò – Chi ha custodito questo fascicolo fino ad ora, si chiede l’avvocato della famiglia Orlandi Laura Sgrò, “visto che in più occasioni è stato riferito pubblicamente dalle autorità vaticane che non esisteva alcun fascicolo e che quello di Emanuela Orlandi era ‘un caso chiuso’?”. Non credo sia stato nascosto sottoterra, spiega la Sgrò a FqMagazine e né che potesse contenere ritagli di giornale”. L’avvocato si riferisce agli “echi di stampa” indicati da alcuni prelati come il contenuto del fascicolo su Emanuela. E aggiunge: “Che il contenuto sia importante lo deduco da quanto mi disse l’allora maggiordomo del Papa, il compianto Paolo Gabriele: che il capo della gendarmeria Domenico Giani era furioso e che sarebbe stata una tragedia se quel dossier fosse finito in mano ai media”.
Al netto dell’entusiasmo Pietro Orlandi, ieri ospite di Pomeriggio24 sul canale RaiNews, non ha nascosto una punta di amarezza: “Il fatto che Diddi dica che è il contenuto è riservato e non divulgabile mi fa pensare che il Vaticano abbia abbandonato il suo cavallo di battaglia: la pista familiare interna. Di quella hanno parlato ed è stata divulgata tantissimo”.
Il promotore di giustizia del Vaticano – Del fascicolo su Emanuela, Alessandro Diddi ha parlato a margine della presentazione del libro “Il trono e l’Altare. Guerra in Vaticano”. “Il contenuto è riservato”, ha sottolineato. Secondo Pietro Orlandi, che è nato e cresciuto come suo padre e suo nonno tra le mura dello Stato Pontificio e che conosce bene quindi certe dinamiche interne: “Diddi è un laico, in Vaticano un laico non può prendere iniziative personali, non succede mai. Qualsiasi azione che può intraprendere è sempre decisa diversamente. Se dicono che hanno un dossier, c’è volontà a fare chiarezza. In Vaticano hanno sempre negato l’esistenza del dossier, anche la segreteria di Stato all’epoca guidata dal cardinal Tarcisio Bertone. Per noi non esiste, mi dissero tutti: per noi il caso è chiuso. Il fatto che il promotore di giustizia del Vaticano dica che lo abbiano trovato come se lo avessero trovato in questi giorni quando era a disposizione, è quantomeno strano. Ma sono contento, meglio tardi che mai. Questa è un’importante ammissione. Peccato perché nel 2012 c’era un’inchiesta aperta in Procura (diretta dal magistrato Capaldo, ndr) e questo dossier avrebbe aiutato.
Le rivelazioni del maggiordomo del Papa – Che ci fosse questo fascicolo il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi l’ha sempre detto a gran voce. “Quando nel 2011 andai da Monsignor Georg Gänswein, segretario di Papa Ratzinger, lui stesso mi disse che avrebbe chiesto a Domenico Giani (allora capo della gendarmeria in Vaticano, ndr) di cercare tutto quello che c’è in vaticano su Emanuela e da lì è nato questo dossier. La conferma la ebbi da Paolo Gabriele. Nel 2017 feci richiesta di accesso agli atti con l’avvocato Laura Sgrò ma ci fu negato, ci era stato detto: non esiste nessun dossier”: ha sottolineato ieri Pietro Orlandi. Il maggiordomo del Papa protagonista del processo sul primo Vatileaks, qualche anno prima di morire disse al fratello di Emanuela Pietro Orlandi di aver visto un dossier intitolato “Rapporto Emanuela Orlandi” sulla scrivania di Benedetto XVI, ma di non essere riuscito a fotocopiarlo assieme agli altri documenti. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto VI, aveva anche lui ammesso l’esistenza un fascicolo riservato all’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò. Nel 2011, Padre Georg aveva anche dichiarato di voler affidare un’indagine al capo della Gendarmeria vaticana Domenico Giani sulla vicenda di Emanuela ma poi ha ritrattato tutto.
Il contenuto del fascicolo – Cosa potrebbe contenere di tanto riservato questo fascicolo? Le prove di una gravidanza di Emanuela di cui si è recentemente parlato, dopo la fuoriuscita di alcuni documenti? E che si riallaccerebbero alla ultima pista emersa, quella inglese, secondo cui Emanuela Orlandi sarebbe stata portata a Londra dove avrebbe vissuto in regime di segregazione fino al 1997?
“Ci ho sempre creduto nella pista di Londra e ho avuto contatti con persone che mi hanno consegnato dei documenti. Credo anche nella nota-spese contenuta nei cinque fogli (pubblicati in un’inchiesta dal giornalista Emiliano Fittipaldi, ndr)”. Questo resoconto, che si ferma con un raggelante “disbrigo per spese finali” e che farebbe pensare al probabile rientro di una salma, per come è scritto, fu ritrovato in una cassaforte di sicurezza del Vaticano insieme ad altri delicati documenti sulla morte del banchiere Roberto Calvi e di Sindona. “Chi conosce la verità sa che quel documento è vero”, ha detto ieri Pietro Orlandi. “In quei fogli si fa riferimento a 190 pagine di allegati mai uscite: forse lì c’è conferma di quanto elencato nella nota. Io ci ho sempre creduto. Soprattutto da quando una persona, che lavorava come segretario particolare del Ministero della difesa mi disse che nell’estate della scomparsa di Emanuela, nell’agosto del 1983 vide che un rappresentante dello Stato Vaticano, il cardinal Piovanelli sollecitò l’allora ministro Spadolini per un volo Roma-Londra dall’aeroporto militare di Ciampino su voli Cai (i velivoli utilizzati dai Servizi Segreti, ndr) per sole quattro persone, e con a bordo solo pilota e copilota. Ci sono troppe coincidenze sul fatto che Emanuela possa essere stata portata a Londra quella stessa estate”.
La commissione di inchiesta– Secondo l’avvocato Sgrò “In commissione d’inchiesta, l’ex comandante Domenico Giani ha accennato a questo dossier parlando di una ricostruzione storica che per essere attendibile dovrebbe contenere elementi da parte di persone che in quel periodo storico potevano fornire elementi utili sulla vicenda. Potrebbe contenere dichiarazioni di persone che all’epoca la Procura stessa cercava ma che non hanno fornito la testimonianza. Persone con ruoli apicali e che avrebbero potuto dare un contributo. Parlo anche di laici, dei gendarmi coinvolti, non mi stupirei se dentro ci fosse la testimonianza di Raul Bonarelli. Il dossier potrebbe contenere anche informazioni finanziarie, per valutare se sono stati fatti movimenti economici in relazione al sequestro di Emanuela: on dimentichiamo che ci fu uno scambio importante tra il Segretario di Stato Agostino Casaroli e i presunti rapitori”.
“La commissione può richiedere questo dossier, mi auguro sia consegnato intonso com’è stato creato”, ha sottolineato Pietro Orlandi con riferimento alla commissione bicamerale di inchiesta che sta indagando sul mistero della scomparsa della ragazza. Per ottenere il dossier, la commissione di inchiesta dovrebbe fare una richiesta di rogatoria internazionale allo Stato Vaticano. “Una richiesta di cui abbiamo già parlato in commissione e che sarà oggetto di valutazione nel prossimo ufficio presidenza. Pietro Orlandi può stare tranquillo”: ha replicato in studio l’onorevole Dario Iaia, membro della bicamerale. E lui, il fratello di Emanuela, non sembra avere dubbi: “La verità verrà fuori per forza, non possono più fermarla. Ma è così pesante che non riescono a uscire dalla scomparsa ragazzina, dietro c’è qualcosa di grave che tocca quell’istituzione, il Vaticano. Ma il Vaticano è anche parte della mia famiglia da cui c’è stato un tradimento: verso mia sorella e verso la nostra famiglia”.