Gravina l’indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio. Lo stesso Gabriele Gravina protagonista di due delle più amare figuracce della storia del pallone italiano. Ancora Gravina – sì, sempre lui – che all’indomani dell’eliminazione contro la Svizzera si diceva stanco, confessava in privato – come rivelato dal ministro Abodi – di essere pronto a fare un […]
Gravina l’indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio. Lo stesso Gabriele Gravina protagonista di due delle più amare figuracce della storia del pallone italiano. Ancora Gravina – sì, sempre lui – che all’indomani dell’eliminazione contro la Svizzera si diceva stanco, confessava in privato – come rivelato dal ministro Abodi – di essere pronto a fare un passo indietro al momento opportuno. Quel Gravina ovviamente ha cambiato idea: si ricandida per la terza volta a presidente della FederCalcio. E salvo colpi di scena clamorosi sarà pure rieletto, nella prossima assemblea federale, in calendario il 3 febbraio.
L’annuncio era nell’aria ed è arrivato a mezzo stampa, con la gran cassa mediatica del Corriere della Sera di Urbano Cairo, l’ultimo patron convertito alla causa. Gravina ha lavorato per questo da mesi, dal giorno esatto dell’eliminazione con la Svizzera, rispedendo al mittente le richieste sacrosante di dimissioni, facendo calmare le acque, e intanto blindando tutti gli alleati al vertice delle componenti che ora lo ricandidano e a febbraio lo rieleggeranno ancora. A partire dall’eterno Giancarlo Abete fra i Dilettanti, poi il giornalista Matteo Marani nella derelitta Serie C, e ancora i calciatori con Umberto Calcagno (che è anche suo vicepresidente), gli allenatori. Il capolavoro è stato resistere imperterrito alle pressioni esterne, del governo (sempre timide quelle del ministro Abodi), soprattutto della politica, con il famoso emendamento Mulè voluto da Forza Italia (il partito del nemico Claudio Lotito) che, stabilendo di dare più potere alla Serie A, rischiava di scardinare gli equilibri. Ma il n.1 della Figc ha superato anche questa tempesta, facendo passare la solita riforma annacquata (mesi di trattative e paroloni per spostare un 2%), blandendo i presidenti delle big. Alla fine la Serie A si è spaccata a metà. Anche l’ipotesi di un ricorso per bloccare l’assemblea (ce ne sarebbero tutti i presupposti vista come è stata ignorata la legge ) ormai pare un’ipotesi remota.
I numeri (come dimostrato anche nell’ultima assemblea straordinaria per modificare lo statuto: oltre l’80% di voti) sono dalla sua parte. Gravina stava temporeggiando soltanto per l’inchiesta che lo riguarda (dove intanto ha incassato il rigetto della richiesta di sequestro, seppur con motivazioni tutt’altro che favorevoli). E soprattutto stava raccogliendo firme. Aveva già il sostegno di Dilettanti, Serie C, calciatori, allenatori. Gli arbitri non votano più. Nel mentre è arrivata pure la Serie B, che deve ancora scegliere la prossima guida. Gravina puntava ad essere indicato anche dalla Serie A, dove è riuscito a mettere in minoranza Lotito, così da essere davvero candidato unanime e chiudere i giochi. Ma ha dovuto bruciare i tempi, probabilmente per le voci sulla possibile discesa in campo di Alessandro Del Piero, un grande nome che potrebbe creargli qualche grattacapo. Meglio accelerare.
Cade così il velo di ipocrisia con cui il n.1 del pallone aveva avvolto la sua possibile ricandidatura, parlando per settimane di “riserva da sciogliere”, quando in realtà tutti sapevano ciò che voleva fare. Una retorica stucchevole almeno quanto quella con cui ha ufficializzato la scelta: una “decisione sofferta”, presa solo per “senso di responsabilità” nei confronti delle componenti del mondo del calcio che glielo chiedono, denunciando il complotto di cui è stato vittima (vero: l’inchiesta che lo riguarda sulla presunta provvigioni sui diritti tv e la compravendita di libri antichi origina da alcuni accessi abusivi a suo carico), ma dimenticando di ricordare che gli inquirenti hanno trovato riscontri oggettivi alle accuse, e il giudice del Riesame parla ormai di “operazione evidentemente orchestrata” da Gravina.
In attesa di capire se Del Piero sia un’alternativa concreta o solo una suggestione pronta a tramontare sul nascere (visti i numeri blindati di Gravina), proprio l’inchiesta a suo carico rimane l’unico vero ostacolo alla rielezione, anche se pure su quello il presidente ha già messo le mani avanti: alla fine le norme non lo obbligherebbero a dimettersi nemmeno in caso di eventuale rinvio a giudizio, che tra l’altro a questo punto potrebbe arrivare anche dopo il voto. Comunque, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe già pronto il vecchio Abete a prendere il suo posto, per tutelare il “sistema Gravina”. Lo stesso che ha portato ad anni di immobilismo totale, amministrazione opaca del potere, fallimenti di ogni tipo sportivi e gestionali. E che i padroni del pallone sono pronti a scegliere ancora. Questo è il calcio italiano.