di Stefano Briganti

Si è cominciato a preparare l’Europa ad una guerra con la Russia ben prima della vittoria di Trump alle presidenziali Usa. Una serie di dichiarazioni ufficiali lo dimostrano in modo sempre più esplicito man mano che si avvicinavano le elezioni e Trump appariva sempre più come il nuovo presidente. Sapevano che il cambiamento a Washington avrebbe portato al disingaggio Usa dal conflitto russo-ucraino, lasciando l’Europa a doverlo gestire in modo molto più diretto.

-Parigi, 26 marzo 2024 (Min. Difesa) – La Francia non esclude la requisizione “di personale, scorte o strumenti di produzione” di aziende civili per scopi militari, nell’ottica di una estensione della guerra in Ucraina;
-Berlino, 5 giugno 2024 (Boris Pistorius) – Anche la Germania si prepara: “Dobbiamo essere pronti a una guerra entro il 2029. Abbiamo bisogno di donne e uomini in grado di difendersi e che possano difendere questo Paese”;
-Bruxelles, 18 luglio 2024 (Ursula Von der Leyen) – “Per la prima volta da decenni la nostra libertà è minacciata… Credo che ora sia quindi il momento di costruire una vera Unione Europea di Difesa. Siamo chiari: gli Stati membri manterranno la responsabilità della loro sicurezza nazionale e dei loro eserciti … la nostra generazione di europei dovrà lottare ancora una volta per la libertà e la sovranità”;
-Report Mario Draghi, 9 settembre 2024 – L’Ue si trova ad affrontare una minaccia militare immediata e a lungo termine lungo i propri confini (da parte della Russia), mentre subisce minacce più ampie alla sicurezza dei Paesi vicini in Africa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente. L’Ue dovrà assumersi una crescente responsabilità per la propria difesa e sicurezza, mentre il suo alleato, gli Stati Uniti, potrebbe concentrarsi progressivamente in misura maggiore sulle vaste distanze dell’area del Pacifico (progetto Aukus);
-Nato, novembre 2024 – “L’Europa non può vincere la futura battaglia sugli armamenti con le regole che ha oggi. Bisogna pagare di più. Chi crede che con la tecnologia la guerra sarà più economica e meno dolorosa si sta prendendo in giro. Il 3% del Pil sarà l’obiettivo messo sul tavolo entro i prossimi 18 mesi e dobbiamo preparare le infrastrutture civili alla guerra”.

Ormai non è un mistero che entro la metà del 2025 il conflitto russo-ucraino potrà terminare, tant’è che persino Zelensky adesso lo chiede. La situazione sul campo, mantenuto in pieno assetto di guerra grazie al “sostegno finché necessario” occidentale, è a favore di Mosca. A meno che Putin non ceda all’invito di Uk e Usa di rispondere ai missili Nato che cadono in Russia, la totale assenza di qualsiasi iniziativa diplomatica Ue (vedi l’ultima risoluzione del Parlamento europeo) rimanda a Trump la gestione della fine del conflitto. Stante questo scenario la Ue non avrà alcuna voce in capitolo nella trattativa con Mosca. Le verrà però assegnato un ruolo chiave nello schema del dopoguerra: quello dello “Usa-Russian watchdog”.

Una traccia di questo ruolo la si può trovare nel capitolo 7 del Rapporto Draghi, gran ciambellano di Washington. Leggiamo: “L’Ue dovrà assumersi una crescente responsabilità per la propria difesa e sicurezza, mentre il suo alleato, gli Stati Uniti, potrebbe concentrarsi progressivamente in misura maggiore sulle vaste distanze dell’area del Pacifico”.

In altre parole l’Europa, con la sua “Difesa Comune” o come l’ha battezzata Draghi “scudo per la difesa della democrazia europea”, dovrà fronteggiare e ingaggiare la Russia in una Guerra Fredda 2.0 con possibilità di tornare ad essere di nuovo guerra attiva non appena l’Ucraina sarà stata rimessa in piedi e la corsa al riarmo e la preparazione dei civili europei lo permetterà. L’arco temporale per questo sviluppo è stato stimato in 4-5 anni. Gli Usa si concentreranno invece sul loro vero e potente nemico che è la Cina. La posta in gioco è cruciale per il North Globe: la difesa (muscolare) dell’egemonia unilaterale Usa contro l’avanzata del multilateralismo del South Globe.

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