Un operaio è stato esposto a una contaminazione da plutonio nell’ex centrale nucleare di Casaccia, alle porte di Roma, gestita da Sogin. L’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare ha confermato in serata la notizia data all’ora di pranzo da Ageei, l’Agenzia di stampa sull’energia e le infrastrutture, secondo cui i livelli riscontrati sull’uomo alla fine del turno sarebbero stati “1000 volte superiori” a quelli di tolleranza.
“L’Isin – si legge nella nota dell’ispettorato -sta seguendo con la massima attenzione il caso di contaminazione registratosi presso l‘impianto PLUTONIO del Centro di Casaccia, che ha coinvolto un lavoratore in servizio. Isin nell’immediatezza della contaminazione ha effettuato una prima ispezione nell’impianto e ha raccolto a verbale le dichiarazioni dei responsabili dell’impianto sulla dinamica di quanto accaduto. Parallelamente, sta seguendo l’evolversi della vicenda, che sembra al momento non prefigurare conseguenze severe“. Una seconda ispezione “è stata già programmata e sarà effettuata nei prossimi giorni”. Come sia potuto succedere è ancora un mistero, ammette l’Isin: “Resta l’esigenza di accertare quanto accaduto e come si è potuta verificare la contaminazione di un esponente del personale, che dovrebbe operare in piena sicurezza grazie ai dispositivi di protezione previsti dalle normative in materia. Compito dell’Isin – si conclude la nota – è anche accertare, ove vi fossero state, falle nelle procedure di sicurezza o nella loro attuazione e raccogliere elementi per individuare eventuali responsabilità”.
Nel pomeriggio la Nucleco – la società del gruppo Sogin che si occupa delle bonifiche radioattive – aveva riferito all’agenzia di essere “vicina all’operaio colpito”. La viceministra all’Ambiente Vannia Gava ha invece detto – sempre ad Ageei – di aver appreso della notizia da fonti di stampa e di sentirsi “confortata” da quanto quanto dichiarato da Nucleco (che ha sostanzialmente confermato il caso) “nell’attesa di approfondimenti”.
L’incidente sarebbe avvenuto negli scorsi giorni in quello che è il più grande complesso di laboratori ed impianti dell’Enea, 25 km a nord-ovest di Roma. È conosciuto come impianto Ipu ed è stato realizzato negli Anni sessanta per le attività di ricerca sulle tecnologie per produrre elementi di combustibile nucleare. Alla chiusura del programma nucleare, le attività sono terminate e dal 2003 il sito è gestito da Sogin per bonificarlo. Nell’impianto sono rimasti solo alcuni grammi di plutonio: il grosso è stato trasferito da tempo negli Stati Uniti.
Secondo quanto riferito da fonti locali ad Ageei “al momento del rilevamento il medico della centrale avrebbe avviato a cure mediche il lavoratore, che oggi sarebbe sotto osservazione sanitaria”. Quindi il capo centrale avrebbe informato l’autorità nazionale di controllo e ispezione.
I deputati del PD Simiani, Peluffo, Di Sanzo, Laus e D’Alfonso, in un’interrogazione al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, chiedono “sia stato informato tempestivamente di quanto avvenuto, di quali elementi conoscitivi disponga in relazione all’incidente” e “quali iniziative urgenti intenda intraprendere per accelerare l’iter di individuazione del deposito unico nazionale delle scorie radioattive al fine di anticipare, rispetto alla previsione del 2039, la sua messa in esercizio”.
Si tratta del secondo problema nel giro di poche settimane per Sogin. A fine settembre, infatti, la procura di Potenza ha chiuso un’inchiesta sulla centrale Itrec in dimissione, gestita sempre dalla stessa società. L’accusa rivolta ad alcuni dirigenti di Sogin è di aver appreso già nel 2014, grazie alle analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero effettuato le prescritte comunicazioni agli enti competenti solo nel 2015.