Con la tregua in Libano che al momento regge ma resta appesa a un filo, la guerra mondiale combattuta in Medio Oriente torna a infiammare la Siria, dove si confrontano da anni turchi, russi, americani e israeliani. La guerra è ripresa improvvisamente lungo la trincea del nord-ovest, congelata da più di quattro anni e che divide l’area controllata dalla coalizione jihadista cooptata dalla Turchia dalla zona controllata dalle forze governative sostenute da Iran e Russia.

In poco più di 24 ore l’offensiva delle milizie che combattono il regime di Bashar Al Assad ha conquistato ampi territori tra Idlib e Aleppo, interrompendo, per la prima volta dalla primavera del 2020, l’autostrada Damasco-Aleppo, la spina dorsale della Siria in guerra da 14 anni. Secondo i media filo-turchi si tratta di un’azione “preventiva”, nominata “Scudo contro l’aggressione”, per “difendere i civili” dalla minaccia di un’offensiva governativa, russa e iraniana contro la zona di Idlib. Secondo Damasco e le forze di Teheran, da settimane attaccate dagli aerei israeliani, si tratta invece di una manovra condotta dalle forze del radicalismo sunnita alleate dei “sionisti”.

Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, da una parte ci sono i gruppi cooptati da Ankara, guidati dalla coalizione qaedista di Hay’at Tahrir ash Sham (Organizzazione per la Liberazione del Levante) e da gruppi di siriani oltre che da ascari turcomanni e di cinesi dello Xinjang (Turkestan orientale). Questo fronte sunnita si muove in sostanziale autonomia contro Assad, ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo appoggia perché gli fa il “lavoro sporco” nel nord della Siria: combatte i curdi, considerati da Ankara tra i principali nemici della stabilità, e favorisce il progetto della creazione di una zona cuscinetto che nelle intenzioni del rais servirebbe a ridurre la minaccia terroristica incarnata proprio dai curdi. Il fronte opposto è composto da militari di Damasco, da Pasdaran iraniani, da milizie irachene filo-iraniane, dagli afgani dei gruppi Fatimiyun arruolati dall’Iran, e sostenuto dall’aviazione di Mosca.

“Più di 50 villaggi e città nelle regioni di Aleppo e Idlib sono ora sotto il controllo di Hayat Tahrir al-Sham e delle fazioni alleate”, ha affermato Rami Abdel Rahman, che dirige la ong con sede in Gran Bretagna. Oggi le milizie filo-turche sono riuscite a penetrare nel centro di Aleppo dopo intensi combattimenti con l’esercito di Damasco. Anche Al Jazeera ha confermato l’avanzata dei miliziani, mentre sui social media sono state diffuse le immagini dell’ingresso degli insorti in città. Da parte loro, i caccia di Mosca hanno hanno effettuato intensi raid anche sulla città di Idlib e sulla sua regione, l’ultima roccaforte dei jihadisti e dei ribelli nel nord-ovest del paese. Ankara ha chiesto “la fine agli attacchi” contro Idlib. “I recenti scontri hanno generato un’escalation indesiderata delle tensioni nella regione di confine”, ha precisato il ministero degli Esteri turco su X. “Mantenere la calma a Idlib e nella regione adiacente, che si trova al punto zero del nostro confine, è una priorità per la Turchia”.

L’offensiva dei filo-turchi è “una minaccia alla sovranità” del Paese e la Russia è a favore di un ristabilimento dell’ordine nella regione, ha detto invece il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Vogliamo che le autorità siriane ristabiliscano l’ordine in quest’area, che ristabiliscano l’ordine costituzionale il più presto possibile”, ha affermato Peskov.

Anche Teheran ha confermato il sostegno al leader siriano. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, ha “ribadito l’impegno dell’Iran a sostenere il governo siriano, il Paese e le forze militari nella lotta contro il terrorismo e per garantire la sicurezza e la stabilità nella regione”, riporta l’agenzia iraniana Tasnim che riferisce di un colloquio telefonico tra Araqchi e il collega siriano Bassam al-Sabbagh incentrato sugli ultimi sviluppi in Siria e in Medio Oriente.

In questo contesto Israele bombarda Damasco da settimane, perché ritiene che i rifornimenti iraniani a Hezbollah passino attraverso il territorio siriano. “In Siria stiamo impedendo sistematicamente i tentativi di Iran, Hezbollah e dell’esercito regolare di trasferire armamenti in Libano. Assad deve capire che sta giocando con il fuoco”, ha avvertito Benjamin Netanyahu qualche giorno fa, poco prima che l’aviazione israeliana attaccasse sulla frontiera tra Siria e Libano facendo 6 vittime. Il 21 novembre altre 81 persone sono state uccise dalle Israeli Air Forces a Palmira. Secondo l’Osservatorio, le persone uccise in Siria in 48 ore di offensiva le vittime sono oltre 240.

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