Siamo vicini a una cura. È un ritornello che sentiamo ripetere ormai da decenni e che, fino ad oggi, non si è tradotto in nulla di concreto. La verità, però, è che gli scienziati ci stanno lavorando senza mai arrendersi. Molti e diversi gli approcci allo studio, la maggior parte dei quali condividono uno stesso obiettivo: eliminare il virus nascosto nel DNA delle nostre cellule. Perché se i trattamenti antiretrovirali riescono a bloccare la moltiplicazione dell’HIV – quindi la progressione verso lo stadio dell’AIDS e le sue complicanze – non riescono ad eliminare l’intruso che si rifugia nelle “cellule serbatoio” sparse nel corpo. Il serbatoio latente dell’HIV è dunque il motivo per cui gli scienziati non sono ancora riusciti a curare le persone positive al virus. Ci sono quattro principali strategie su cui gli scienziati sono un lavoro: la cosiddetta “shock and kill” con i farmaci tumorali; l’editing genetico con Crispr-Cas9; gli anticorpi neutralizzanti ad ampio; e l’immunoterapia per potenziare la risposta immunitaria. A questi sforzi si aggiungono quelli sulla creazione di un vaccino che mira a prevenire l’infezione, un obiettivo mancato innumerevoli volte, ma mai abbandonato.
“Scioccare e uccidere” – Una delle prime e ancora più studiate strategie per trattare l’HIV è quella definita “shock and kill”. L’obiettivo di questo approccio è di stanare il virus latente, risvegliandolo, per poi ucciderlo. Ci sono prove scientifiche secondo le quali alcuni farmaci usati nella cura del cancro possono stimolare o riattivare l’HIV latente. Tuttavia, gli scienziati continuano ad avere difficoltà ad eliminare le cellule dell’HIV una volta risvegliate. Dunque non è ancora stata elaborata una strategia efficace per uccidere il virus. Negli studi infatti, dopo la somministrazione dell’antitumorale, si osserva un aumento di alcune particelle virali nel sangue, segno che il virus è stato stanato, ma non si assiste a una riduzione del serbatoio.
Attualmente diversi gruppi di scienziati stanno conducendo studi indipendenti per lo sviluppo di una terapia di “inversione della latenza” più mirata e una morte cellulare più specifica, senza danneggiare le altre cellule sane. Tra i farmaci candidati c’è il farmaco antitumorale venetoclax, che sembra essere efficace nella parte kill” della strategia “shock and kill”. Venetoclax è un farmaco usato nella leucemia che stimola l’apoptosi, il processo che guida la morte cellulare. I primi studi sembrano promettenti. Ora il farmaco è in procinto di entrare in sperimentazioni cliniche sugli esseri umani. Il prossimo anno ad esempio partirà AMBER, una collaborazione tra scienziati in Danimarca e Melbourne, che utilizzerà venetoclax in una dose minore rispetto a quella utilizzata per il cancro.
Modifica genetica – L’editing genetico può essere considerato l’ultima frontiera nella ricerca di una cura contro l’Hiv. CRISPR-Cas9 è una tecnologia in grado di tagliare con precisione sezioni di DNA e potrebbe provare a fornire protezione contro l’HIV, ad esempio, nello stesso modo in cui il trapianto di cellule staminali ha funzionato su sei persone che avevano un tumore del sangue e sono stato curato dal virus che scatena l’AIDS. Ma c’è il timore che se si taglia il DNA qua e là, questo avrà un effetto a catena anche tra 5, 10, 15 o 20 anni. Tagliare ad esempio il gene CCR5, lo stesso inibito con il trapianto di cellule staminali modificate, potrebbe ad esempio aumentare il rischio di cancro o demenza nel futuro. Per questo la ricerca su questo fronte è molto attenta. Ci sono poi ostacoli tecnici nella somministrazione di questa terapia. Si potrebbe fare qualcosa di simile a un trapianto di cellule staminali, in cui si estrae un gruppo di globuli bianchi, che includono i linfociti T CD4 infettati dall’HIV, e si modificano geneticamente per renderli resistenti all’HIV, quindi si reinseriscono nel corpo.
Ma il problema è come estrarre abbastanza cellule per l’editing genetico e gli studi svolti in precedenza non sono stati in grado di modificare geneticamente abbastanza cellule per sortire l’effetto sperato. Un altro modo è quello di effettuare l’editing genetico all’interno del corpo, con tecnologie come CRISPR-Cas9, in cui una persona riceve un’infusione di un agente che ha capacità di fare editing genetico, cioè di tagliare e modificare il nostro DNA. CRISPR può prendere di mira e tagliare un gene. Questa tecnologia viene già utilizzata per il trattamento dell’anemia falciforme, che colpisce i globuli rossi. Si tratta però di un trattamento costoso, per cui CRISPR è ben lungi dall’essere una cura pratica per i 40 milioni di persone affette da HIV nel mondo. Un recente studio olandese che ha utilizzato l’editing genetico in un modello in provetta ha scoperto che è possibile “tagliare” l’HIV che si era integrato nel DNA umano in modo abbastanza efficace. Ma poi hanno trovato una serie di delezioni extra, parti mancanti e mutazioni nel DNA che non si erano verificate a causa di CRISPR, ma perché il corpo stava cercando di “autoripararsi”. Quindi le delezioni casuali sono un vero e proprio grattacapo. Per questa strategia di editing genetico, per quanto entusiasmante, abbiamo ancora molta strada da fare per assicurarci che sia sicura, scalabile e accessibile.
Anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro – Secondo la comunità scientifica, gli anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro sono probabilmente uno degli interventi più promettenti che stiamo prendendo in considerazione nella ricerca di una cura dell’HIV. Gli scienziati hanno scoperto gli bNAB studiando le persone con HIV che possono controllare naturalmente il virus a livelli non rilevabili senza assumere il trattamento anti-HIV. Sono chiamati “elite controller” e alcuni di questi anticorpi sono in grado di neutralizzare un gran numero di diversi ceppi di HIV. Gli scienziati hanno quindi trovato un modo per produrre questi bNAB da proteine in laboratorio e somministrarli tramite infusione alle persone con HIV. In un primo trial su bNAbs, che ha coinvolto nove persone con HIV che hanno smesso di assumere la terapia antiretrovirale, solo due persone sono state in grado di controllare il virus fino a otto mesi. Gli bNAb vengono infatti eliminati dal corpo dopo circa due o tre settimane. E le persone possono anche sviluppare una resistenza ai bNAb nello stesso modo in cui possono sviluppare una resistenza ai trattamenti per l’HIV. Ma più di recente, nello studio RIO dal Regno Unito, gli scienziati stanno esaminando versioni dei bNAb a più lunga durata d’azione, combinate con una nuova terapia antiretrovirale iniettabile, il lenacapavir, che viene somministrata come iniezione semestrale. Quindi l’idea è che forse con un’esposizione prolungata a questi anticorpi, il sistema immunitario del corpo è in grado di essere stimolato un po’ come un vaccino.
Trattamento immunoterapico – L’immunoterapia nella ricerca di una cura dell’HIV punta a stimolare il sistema immunitario del nostro corpo per rilevare ed eliminare il virus in modo simile alla strategia “shock and kill”. Attualmente sono in corso sperimentazioni che mirano a curare l’HIV mediante immunoterapia: alle persone affette da HIV viene somministrata una dose singola molto bassa di un farmaco immunoterapico contro il cancro, chiamato inibitore dei checkpoint immunitari. Studi precedenti hanno dimostrato che funziona per risvegliare l’HIV latente e, in alcune persone, uccide il virus attivato, quindi c’è una riduzione del serbatoio. Si tratta dunque di una strategia promettente, sulla quale stanno puntando numerosi gruppi di ricerca.
Vaccini – Sono il Sacro Graal nella guerra all’HIV, un obiettivo che si allontana ogni volta che lo vediamo più vicino. Ma segni di ottimismo ci sono. Le speranze dei ricercatori sono riposte in particolare in un nuovo approccio detto “targeting della linea germinale”, che si basa sull’attivazione di cellule immunitarie che hanno il potenziale per stimolare la crescita e la produzione di anticorpi anti-Hiv, come gli bnAb. Rogier Sanders dell’University Medical Center (Umc) di Amsterdam nei Paesi Bassi, coordina un progetto che punta su una strategia “priming” che permetterebbe di guidare queste cellule germinali a svilupparsi in cellule adulte capaci di produrre anticorpi più forti e numerosi contro il virus dell’AIDS, in grado di evitare l’infezione da Hiv come si chiede a un vaccino preventivo efficace. Un altro fronte su cui recentemente si è posto l’attenzione sono o vaccini a mRNA, terapeutici e preventivi, che stimolano le cellule B a produrre anticorpi specifici contro il virus. Non si La scommessa è che l’RNA messaggero possa “insegnare” alle cellule come produrre proteine specifiche in grado di attivare le necessarie risposte immunitarie. Molti gli studi in corso, anche in Italia, al San Raffaele di Milano. La strada è ancora molto lunga, ma nessuno ha gettato la spugna.
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