Non amo i film di Paolo Villaggio, eccetto uno: Sistemo l’America e torno, una storia sul razzismo. Villaggio viene spedito in America (Usa) per prelevare un cestista nero; lo deve portare in Italia per un ingaggio in una squadra italiana. Il nero è una testa calda e, seguendolo, Villaggio, pur vedendo il modo infame con cui la società statunitense tratta i neri, si arrabbia per le intemperanze dell’atleta, che lo portano addirittura in prigione. Si capisce il senso del film quando, durante il colloquio tra i due, in galera, il nero dice: “Tutti i bianchi sono razzisti, anche quelli che credono di no. Giustificare noi sempre. Giustificare tutto è razzismo. Tu mi hai detto stronzo e mi hai detto ti spacco il muso. Allora tu non più razzista. Ti ringrazio.”
Il film di Nanni Loy, del 1974, oltre al razzismo, ci mostra la pelosità della correttezza politica che, già allora, iniziava a fare capolino e che oramai pervade il nostro vivere quotidiano. Alla radio un’annunciatrice dice “tutti, tutte e tutt”, la versione vocale di tutt*.
La sensibilità LGBTQ+ mi rimanda alla scena di Brian Di Nazareth, dei Monthy Python, in cui, durante una riunione del Fronte popolare di Giudea, un attivista parla del diritto inalienabile di ogni uomo… e un altro aggiunge, o donna, per diverse volte, ogni volta che sente la parola uomo. La precisazione viene ringraziata con un grazie fratello a cui viene subito aggiunto: o sorella. A un certo punto il capo del gruppo si spazientisce e gli dice di piantarla e, per tutta risposta, il precisatore di generi, apparentemente un uomo, di nome Stan, dice di voler essere donna, chiede di essere chiamato Loretta e di volere dei bambini: è suo diritto di uomo, o donna, averne. Il suo volere bambini è una lotta contro l’oppressione dei romani. Il capo del gruppo clandestino, spazientito, gli dice che è una lotta contro la realtà, visto che, non avendo l’utero, non avrebbe un posto dove far crescere il figlio che tanto vorrebbe: lo fai crescere in un barattolo?
Precisazione: ognuno ha diritto di parlare come vuole, di fare quel che vuole (senza infrangere la legge, ovviamente) ma penso che questo debba valere per tutti. Se io dico “uomo” per indicare la nostra specie che, per inciso, appartiene al genere Homo, devo poter essere libero di farlo senza sentirmi dire che non citare le donne, e tutta la gamma LGBTQ+, rende il mio discorso offensivo. E vorrei poter dire che una donna, o un o un’appartenente a tutta la gamma, è stronzo, stronza stronz* senza essere accusato di razzismo. Perché questo è sintomo di razzismo. Che poi è quello che sta avvenendo con Israele, che non può essere accusata di sterminare vittime innocenti perché gli ebrei hanno subito l’Olocausto, e quindi se critichi Israele giustifichi l’Olocausto e il 7 ottobre, e sei antisemita.
In tutte le categorie in cui si riconoscono gli appartenenti alla specie Homo sapiens ci sono individui (e individue) geniali, stupide/i, stronze/i fino ad abbracciare tutta la gamma di tipologie comportamentali e caratteriali umane. Dovrebbe essere normale che l’appartenenza ad una categoria discriminata non giustifichi comportamenti disdicevoli. Questi continui richiami alla correttezza politica esacerbano le differenze tra le categorie in cui tendiamo a classificare gli appartenenti alla nostra specie. L’obiettivo dovrebbe essere di superare queste distinzioni, non di renderle sempre più evidenti.
Mi piacerebbe poter dire che una donna si è comportata da stronza, giustificando il mio convincimento attraverso l’analisi del suo comportamento, senza sentirmi rinfacciare l’oppressione maschile nei confronti delle donne, fino ad accusarmi di giustificare i femminicidi. Lo so che la discriminazione c’è stata, e che ancora persiste. Come c’è stato l’Olocausto, ma questo non significa a priori che ogni individuo (o individua) di una categoria oppressa sia immune da ogni giudizio critico. Se un ebreo commette un crimine, è un criminale. Anche se gli ebrei hanno subìto crimini orrendi, e lo stesso vale per le donne, e per tutta la gamma LGBTQ+ e spero di non aver offeso qualcuno che non si riconosce in alcuna di quelle categorie. Tipo: gli eunuchi. Per quel che mi riguarda, se mi capita di interagire con altri umani, baso la mia opinione su di loro sui loro comportamenti individuali e non mi faccio influenzare dalle loro apparenze e appartenenze.
Ora che ci penso sono stato anche io accusato di discriminazione razziale quando ho scritto un articolo in cui sostenevo che il mescolamento delle etnie portasse ad individui (in questo caso individue) con caratteristiche particolarmente pregevoli da un punto di vista anatomico. Credevo di aver scritto un articolo contro il razzismo, sostenendo che il mescolamento sia un bene e che la discriminazione sia un male, e invece fui accusato di giustificare gli stupri delle donne africane da parte dei bianchi, perché i primi creoli (e creole) furono il prodotto di quelle aberrazioni, derivanti dallo schiavismo. E quindi, dicendo che le brasiliane sono meravigliose, giustificavo lo schiavismo e lo stupro. Fui invitato a non mandare più articoli…
Questa discriminazione non mi toccò più di tanto, ma imparai comunque una lezione, anche se non ricordo più quale, visto che ho scritto questo articolo.