“Mio figlio è un generoso, un altruista. Era intervenuto per difendere un amico, sono certa che lo rifarebbe”. La signora Alessandra è la mamma di C. G., il 18 enne pestato a sangue la sera del 16 ottobre a Sorrento da sei ragazzi come lui, tra i 18 e i 20 anni, che lo hanno aggredito alle spalle, e hanno infierito con pugni e calci anche quando era a terra inerme. Per ricostruirne il viso massacrato c’è voluto un lungo e delicato intervento chirurgico, e la prognosi non è breve. “Ha rischiato la vita, è tornato di notte a casa senza dirci nulla, ha dormito con la mandibola fratturata, poteva morire nel sonno… Solo la mattina dopo ci siamo accorti di quel che era successo”.

Da poche ore il branco è agli arresti domiciliari grazie a una indagine sprint della Procura di Torre Annunziata e dei carabinieri di Sorrento, “ringraziamo di cuore i magistrati e l’Arma perché ci sono stati vicini come dei familiari”. La signora è visibilmente provata. Ma vuole incontrare i giornalisti, ne sollecita l’impegno a raccontare l’accaduto, per sollevare la massima attenzione possibile su una storia “che è una tragedia, anche se non c’è scappato il morto”.

Anzitutto, come sta suo figlio?
Meglio, da quindici giorni si cura a casa, è stato riaccolto a scuola con grande affetto. Vuole riprendere al più presto una vita normale.

E lei, suo marito, la sua famiglia, come state?
Siamo felici che mio figlio sia a casa. Una fortuna che tanti ragazzi oggi non hanno, viste le continue aggressioni e sparatorie che si stanno verificando in queste settimane a Napoli e nella provincia. Ma non stiamo ancora bene.

Suo figlio come le ha raccontato l’accaduto?
Io ancora non sono riuscita a sentirlo da lui. Sfido ogni madre ad affrontare questa esperienza. Ancora non me la sento.

Cosa avete provato al momento della telefonata con cui avete appreso la notizia?
Non c’è stata nessuna telefonata. Abbiamo visto rientrare di notte nostro figlio che nascondeva il viso col cappuccio e il cappello. Abbiamo capito solo la mattina dopo, quando è uscito dalla camera per andare a scuola ed era un mostro. Stava perdendo l’occhio, poteva morire nel sonno per le emorragie.

Si è fatto vivo qualche genitore degli aggressori? Per chiedere scusa, o se avevate bisogno di qualcosa?
No. E non mi servono le scuse. Mio figlio può avere sostegno solo dalla sua famiglia.

Cosa direbbe ai ragazzi che hanno picchiato suo figlio, e ai loro genitori, se li incontrasse?
Non mi sento di dire nulla. Spero solo nella rieducazione di questi ragazzi tramite una pena giusta, con la quale imparino che la vita altrui va rispettata. Una vita che non va bruciata in questo modo. Forse direi solo: fatevi aiutare.

E’ accaduto a Sorrento, per tutti un’oasi felice rispetto al resto della provincia di Napoli.
La comunità ci è stata molto vicina, il sindaco Massimo Coppola in particolare, ringrazio tutti per esserci stati vicini in questa tragedia. Ed uso la parola tragedia, anche se non c’è scappato il morto, per sottolineare che comunque ci sono ragazzi che escono di casa con il cervello bruciato, sentendosi in diritto di poter togliere la vita ad altri ragazzi per bene che escono soltanto per divertirsi, per vivere la loro gioventù. Mio figlio è stato ricoverato a Napoli, all’ospedale del Mare, lui usciva dall’operazione mentre usciva la bara del povero Santo (Santo Romano, un ragazzo di San Sebastiano al Vesuvio ucciso la notte tra l’1 e il 2 novembre da un minorenne da un colpo di pistola per un motivo futile, un pestone, ndr…), e così ho pensato: ricordiamoci quando eravamo ragazzi noi, mica i genitori ci lasciavano andare fuori all’avventura. Diamo più valore alla vita di questi giovani.

E’ tranquilla alla notizia che gli aggressori di suo figlio sono ai domiciliari? O avrebbe preferito il carcere?
Sui provvedimenti non ho rimproveri da fare. Da mamma mi sentirò tranquilla solo quando questi ragazzi saranno rieducati e capiranno il male che ci hanno fatto. Ho tanta speranza che siano recuperabili.

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