Doveva arrivare il Thanksgiving per lasciarsi alle spalle vecchi attriti e incomprensioni. È infatti alla vigilia del Giorno del Ringraziamento che Mark Zuckerberg è volato a Mar-a-Lago per incontrare il futuro presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. I due, dopo un meeting nel pomeriggio negli appartamenti privati del tycoon, si sono ritrovati la sera per cena nell’hotel di Trump. Il clima, racconta un collaboratore di Zuckerberg, è stato particolarmente cordiale: “Mark è grato per l’invito del presidente a cena e per l’opportunità di incontrare i membri del suo team”. La visita di Zuckerberg mostra come le social media company Usa si stiano preparando, forse adeguando, al prossimo arrivo di Trump alla Casa Bianca. Nello specifico, la visita segna un deciso cambio di rotta nei rapporti tra Trump e Zuckerberg. Solo pochi mesi fa, il futuro presidente minacciava il Ceo di Meta di “incarcerarlo a vita” se si fosse immischiato nelle elezioni 2024.
ZUCKERBERG E IL NUOVO RAPPORTO CON TRUMP – In realtà, Zuckerberg, che attraverso Meta controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, doveva aver capito già prima del risultato del 5 novembre che Trump aveva non poche chance di tornare alla Casa Bianca e che quindi era necessario riparare i rapporti. Per anni, Facebook è stato bersaglio della destra Usa che accusava il social e il suo fondatore di censurare opinioni e campagne dei Conservatori. Negli ultimi mesi, Zuckerberg ha messo in atto una strategia di lento ma implacabile avvicinamento. Ha tenuto le sue aziende prudentemente fuori dalla campagna elettorale. Durante l’estate ha telefonato due volte a Trump. Nella seconda telefonata, dopo il tentato omicidio di Butler, aveva detto di pregare per una veloce ripresa dell’allora candidato repubblicano. In un’intervista, Zuckerberg aveva anche detto che Trump, col suo gesto del pugno alzato dopo essere stato colpito da una pallottola all’orecchio, aveva dimostrato di essere “un duro”. La visita post-elettorale a Mar-a-Lago rappresenta quindi l’atto finale di una strategia che dura da mesi. Zuckerberg sa che i suoi social non possono prescindere da un atteggiamento quanto meno neutrale, se non benevolo, da parte di chi sta alla Casa Bianca.
Il team di Trump è stato molto veloce nel capitalizzare l’incontro di Mar-a-Lago. Stephen Miller, uno dei più stretti collaboratori di Trump, suo principale “ideologo” fin dal primo mandato, nominato vice chief of staff nella prossima amministrazione, ha spiegato che il fondatore di Facebook “è stato molto chiaro nel suo desiderio di essere sostenitore e partecipante di quel movimento di riforma che Donald Trump guida”. Quello che dunque Trump e i suoi hanno cercato di fare è dare un significato politico alla visita di Zuckerberg, trasformandolo in un “convertito” al trumpismo. Non è proprio quello che l’imprenditore Usa ha fatto. Il messaggio che da Meta in queste ore arriva è sicuramente di rispetto istituzionale per la vittoria di Trump, non di sostegno al suo programma politico. In questo, Zuckerberg è più vicino a Jeff Bezos, che ha cancellato l’endorsement del Washington Post di sua proprietà a Kamala Harris, che a Elon Musk, che ha fatto una campagna elettorale scatenata a favore di Trump, sostenendolo a suon di decine di milioni di dollari per poi essere ricompensato con la creazione di un Dipartimento per l’efficienza amministrativa.
In altre parole: Zuckerberg non vuole legarsi politicamente a Trump, ma sa che ne ha bisogno. Il futuro presidente ha per esempio promesso di annullare l’ordine esecutivo di Joe Biden sulla regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale che a suo giudizio “ostacola l’innovazione”. È una misura che viene vista positivamente da Zuckerberg, come pure l’altra promessa che Trump ha fatto in campagna elettorale di depotenziare l’azione antitrust della Federal Trade Commission. Si tratta appunto di iniziative fondamentali per lo sviluppo di Meta. Zuckerberg non può permettersi di perdere l’occasione. C’è poi il problema Elon Musk, suo storico nemico. A capo dell’ancora presunto Dipartimento per l’efficienza amministrativa, Musk potrebbe sovrintendere al lavoro delle agenzie che regolano l’attività di Meta. Zuckerberg non può permettersi di restare in balia di Musk. Diventa quindi per lui fondamentale costruire un rapporto diretto con Trump.
L’INTERESSE DI TRUMP – Che cosa Trump possa ottenere da migliori rapporti con Zuckerberg, e con il mondo che gli gravita attorno, è altrettanto chiaro. I social sono un elemento ormai centrale della sua strategia. Truth Social, la piattaforma di sua proprietà, è il luogo da cui Trump fa gli annunci più importanti: dalle nomine per la futura amministrazione alle minacce di un aumento dei dazi per Messico, Canada, Cina. È stata Deutsche Bank, in un rapporto di questi giorni, a prevedere per Truth Social un ruolo significativo nel futuro. In campagna elettorale, peraltro, Trump ha fatto ampio uso di X e di Twitch, piattaforma frequentata da una audience giovane e particolarmente sapiente in tema di nuove tecnologie. Ciò gli ha permesso di bypassare i media più tradizionali – giornali, radio, TV – spesso schierati contro di lui. Gli ha permesso di comunicare direttamente con la sua base elettorale e di diffondere messaggi controversi, approfondendo un clima di polarizzazione, di rifiuto o di entusiasmo per la sua figura, che è il segreto del suo successo politico. Se la cosa ha funzionato con Truth Social, X e Twitch, è il ragionamento di Trump e i suoi, può funzionare anche per Instagram e Facebook che gli consentirebbero di raggiungere un pubblico più indipendente, meno polarizzato e politicizzato rispetto a quello di X.
LA STELLA DI MUSK. IL DESTINO DI X – In questo sforzo per amplificare il messaggio e promuovere l’agenda trumpiana di governo, un ruolo sicuramente di primo piano lo giocherà Elon Musk. Nel suo discorso della vittoria, il 5 novembre, Trump ha citato l’imprenditore sudafricano definendolo un “super genio” e una nuova stella del partito repubblicano. I due, al momento, appaiono inseparabili. Dove c’è Trump, c’è Musk. Il futuro presidente se lo porta ovunque, dagli incontri con i deputati repubblicani alle telefonate con i leader stranieri – per esempio Voldymyr Zelensky – ai colloqui con i candidati a ricoprire ruoli nella nuova amministrazione. La vittoria del 5 novembre segna l’inizio di una nuova fase per X le cui prospettive, prima delle elezioni, apparivano particolarmente cupe dal punto di vista sia finanziario sia di numero degli utenti. Probabile che Trump e collaboratori pensino di costruire attorno a X e Truth un polo social conservatore. Questo, nel breve periodo, avrà effetti positivi su X, i cui introiti pubblicitari sono destinati ad aumentare grazie agli investimenti del mondo imprenditoriale che gravita attorno al partito repubblicano.
Resta aperta la questione del futuro. X è sempre più percepito come uno strumento nelle mani di una cupola di miliardari reazionari dell’hi-tech, decisi a influenzare in modi poco trasparenti le opinioni pubbliche mondiali. Le recenti decisioni di quotidiani come La Vanguardia e il Guardian di abbandonare X vanno proprio in questo senso. X è diventato “una camera di risonanza” per “teorie cospirazioniste e di disinformazione”, ha scritto La Vanguardia, un moltiplicatore di “odio per le minoranze etniche, di misoginia e di razzismo”. Il rischio dunque è che alla fine il nuovo corso di Musk come collaboratore e consulente di Trump renda X una piattaforma sempre meno influente e attrattiva per lo stesso mondo politico e imprenditoriale conservatore che oggi esalta Musk.
TIK TOK. SNAPCHAT. LINKEDIN – Come buona parte del mondo imprenditoriale americano, anche queste piattaforme sono in attesa di capire che direzione prenderà l’amministrazione dell’imprevedibile presidente. Trump ha promesso di “salvare” TikTok, dopo che un voto del Congresso ha dato sei mesi di tempo all’azienda cinese ByteDance per vendere la piattaforma (in caso contrario, TikTok sarà bandito negli Stati Uniti). Era emersa la possibilità che il social potesse essere acquistato da una cordata di imprenditori guidata da Steve Mnuchin, l’ex segretario al Tesoro di Trump. In questo caso, anche TikTok rientrerebbe nella potente armata social che i conservatori Usa stanno creando.
Più incerta la sorte di Snapchat. Nel passato, Trump ha dato del “radicale” al Ceo dell’azienda, Evan Spiegel, criticando la scelta di censurare i contenuti più estremi e offensivi. Di più: la produzione hardware di Snapchat è basata in Cina e la minaccia trumpiana di aumentare i dazi sulle merci in arrivo da Pechino potrebbe avere effetti negativi. Quanto a Linkedin, che è rimasto prudentemente fuori da molte delle polemiche dell’ultima campagna elettorale, va ricordato che la promessa di Trump di annullare le scelte più restrittive dell’amministrazione Biden in tema di regolamentazione dell’intelligenza artificiale potrebbe avvantaggiare la società madre, Microsoft, che ha investito molto in OpenAI.