Con un po’ di ritardo, si muove anche la procura Figc: è stata aperta un’inchiesta sportiva sulle evasioni fiscali degli arbitri italiani. Il caso è venuto alla luce solo qualche settimana fa, ma i fatti contestati sono datati: molti fischietti internazionali italiani, tra cui nomi illustri come Gianluca Rocchi e Daniele Orsato, sono stati sanzionati dal Fisco per aver evaso le tasse sui compensi ricevuti dalla Uefa tra il 2018 e il 2022. Le norme federali e il regolamento Aia parlano chiaro: una buona fetta di classe arbitrale adesso rischia una sanzione. A partire dal designatore Gianluca Rocchi, fedelissimo del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina.
La Serie A si ritrova così arbitrata da fischietti e dal loro n.1 a rischio deferimento. A dare notizia del procedimento aperto dalla Procura della Federcalcio, guidata da Giuseppe Chiné, è La Repubblica. Il quotidiano spiega che l’impulso è arrivato da un esposto diretto al procuratore generale dello Sport, Ugo Taucer. La denuncia contestava appunto le violazioni del Codice di giustizia sportiva e del regolamento dell’Associazione italiani arbitri. Dopo aver analizzato l’esposto, Taucer ha invitato la procura Figc ad aprire il procedimento, come da sua prerogativa in base allo Statuto del Coni.
Cosa rischiano Rocchi, Orsato e gli altri arbitri
A seguito dell’invito di Taucer, la procura federale si è mossa. Dovrà analizzare gli atti sui casi di evasione fiscale accertati dalla Guardia di finanza, che riguarderebbero una cinquantina di arbitri. Le contestazioni riguardavano soldi guadagnati all’estero su cui non sono state pagate le tasse. Gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, emessi a metà 2024, hanno spinto quasi tutti i coinvolti a sanare la loro posizione tramite il ravvedimento operoso, beneficiando così di sanzioni ridotte. Una volta chiuse le indagini, che appunto saranno brevi, la Procura Figc deciderà se far partire i deferimenti. Potrebbero essere contestati l’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva, che rimanda ai principi di “lealtà, correttezza e probità”, così come l’articolo 42 del regolamento Aia, che agli arbitri richiede un comportamento improntato “ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’Aia”. In base alle norme, gli arbitri coinvolti – quindi anche il designatore Rocchi – rischiano una sanzione che può andare dalla semplice ammenda fino alla squalifica o inibizione.