Giustizia & Impunità

Csm, si vota sulle nuove regole per le nomine. La rivolta dei pm della Cassazione può spostare gli equilibri: “Noi penalizzati”

Martedì il Consiglio superiore della magistratura sarà chiamato a una delle scelte più importanti dei quattro anni di mandato, oggetto da settimane di acceso dibattito negli ambienti delle toghe: l’approvazione del nuovo Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, la circolare interna che fa da vademecum per le nomine dei capi di Procure, Tribunali e Corti di […]

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Martedì il Consiglio superiore della magistratura sarà chiamato a una delle scelte più importanti dei quattro anni di mandato, oggetto da settimane di acceso dibattito negli ambienti delle toghe: l’approvazione del nuovo Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, la circolare interna che fa da vademecum per le nomine dei capi di Procure, Tribunali e Corti di tutta Italia. La questione è tecnica ma ha ricadute importantissime, perché i difetti dell’attuale Testo unico hanno aperto la strada al mercato delle nomine venuto a galla con lo scandalo Palamara: la circolare in vigore, infatti, detta una lunghissima serie di parametri, i cosiddetti “indicatori“, che descrivono innumerevoli esperienze e qualità raccomandate a chi aspira a dirigere i diversi uffici, senza però stabilire in modo chiaro quali di questi criteri debbano prevalere sugli altri. Così, fino adesso, le diverse maggioranze politiche al Csm hanno avuto gioco facile a “gonfiare” gli indicatori in possesso dei “loro” candidati ridimensionando quelli favorevoli agli avversari, senza che i giudici amministrativi (Tar e Consiglio di Stato) potessero intervenire ad annullare le nomine, se non in casi clamorosi. Per questo la riforma Cartabia del 2022 ha imposto al Consiglio di riscrivere il Testo unico, fornendo una serie di indicazioni sui parametri da valutare nell’assegnazione di uno specifico posto.

Al momento di tradurre quelle indicazioni in una nuova circolare, però, il Csm non è riuscito a seguire l’invito del Quirinale – il capo dello Stato è presidente di diritto dell’organo – di convergere su una soluzione unitaria: a palazzo Bachelet si è creata una spaccatura trasversale tra filosofie diverse. Da un lato c’è un’inedita alleanza tra le due maggiori correnti, i progressisti di Area e i conservatori di Magistratura indipendente (Mi), che ha proposto un testo ispirato a una scala di priorità (derogabile in alcuni casi) tra i diversi indicatori, dando sempre il peso maggiore al fatto di aver già esercitato la funzione messa a concorso: ad esempio, chi ha già fatto il procuratore capo sarà sempre preferito, nella corsa per andare a dirigere una Procura più importante, rispetto a chi non lo ha mai fatto. Secondo i critici, questo sistema replicherebbe il modello della separazione delle carriere, penalizzando ingiustamente chi ha svolto esperienze diverse. Dall’altra parte c’è un fronte altrettanto variegato, composto da Magistratura democratica (Md), altra storica corrente di sinistra, dai “moderati” di UniCost e dai consiglieri togati indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda. La loro proposta, per ridurre il più possibile la discrezionalità del Csm, adotta un articolato e inedito sistema di punteggi da assegnare per ciascuno degli indicatori: in alcuni casi un punteggio fisso, in altri un range tra un minimo e un massimo. Secondo i critici, però, queste regole imbriglierebbero troppo il margine di scelta e finirebbero per produrre effetti indesiderati, ad esempio avvantaggiando chi ha ricoperto incarichi organizzativi anche di dubbia rilevanza (le cosiddette “medagliette”) rispetto a chi si è dedicato totalmente al lavoro negli uffici.

Il voto sulla pratica, in gestazione da vari mesi, è stato rinviato già due volte dalle scorse sedute e si annuncia assai incerto: l’organo, infatti, è spaccato quasi esattamente a metà. La proposta Area-Mi può contare sui 13 voti delle due correnti, più quelli del consigliere laico Ernesto Carbone (eletto in quota Italia viva) e, sulla carta, dei due “capi” della Corte di Cassazione, la prima presidente Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato: totale 16. Dall’altra parte, invece, ai quattro consiglieri di UniCost, a Mimma Miele di Md e ai due indipendenti si dovrebbe unire la quasi totalità dei membri laici (escluso Carbone): fanno 14 voti. È evidente quindi che un minimo smottamento dall’una o dall’altra parte sarebbe decisivo. E alla vigilia del giorno X, nel pomeriggio di lunedì 2 dicembre, al Consiglio è arrivata un’importante presa di posizione che potrebbe spostare gli equilibri: tutti e 73 i magistrati della Procura generale della Cassazione, l’ufficio dei pm della Suprema Corte, si sono schierati con una dura lettera contro la propostasenza i punteggi“, proprio quella per cui il loro capo, il pg Salvato, ha annunciato il suo voto nel plenum della scorsa settimana. Il motivo? Valorizzando i candidati che hanno già svolto le stesse funzioni messe a concorso, il testo penalizzerebbe in modo netto i magistrati di Cassazione nella corsa a dirigere uffici dei gradi inferiori, precludendo loro la quasi totalità degli incarichi assegnabili. “Per come congegnata, la proposta (…) impedisce l’utile partecipazione dei magistrati di legittimità ai concorsi per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi di merito di primo e secondo grado ed impedisce di fatto ai sostituti procuratori generali di legittimità la possibilità di concorrere utilmente anche al conferimento degli incarichi direttivi giudicanti di legittimità”, lamentano i magistrati nel testo, che porta la firma anche del procuratore generale aggiunto Alfredo Pompeo Viola (il “vice” di Salvato, già segretario generale del Csm). Il procuratore generale terrà fermo il voto per il testo di Area e Mi nonostante una contrarietà così netta del suo intero ufficio?

Durante il dibattito tenuto in plenum mercoledì scorso, peraltro, il consigliere di UniCost Michele Forziati ha fatto un esempio piuttosto lampante degli effetti – a suo modo di vedere distorti – della proposta senza i punteggi, citando il caso della prima presidente della Cassazione Cassano, che nel 2016 fu nominata presidente della Corte d’Appello di Firenze dopo aver fatto la pm per ben 17 anni. “La presidente Cassano è stata, a detta di tutti i colleghi, il migliore presidente che la Corte ricorda. Ebbene, con questa proposta (quella di Area e Mi, ndr) non sarebbe entrata nemmeno in comparazione, perché le sue funzioni di 17 anni di pubblico ministero le avrebbero precluso di concorrere con qualsiasi collega giudicante di media anzianità”, ha sottolineato. “Analogo esempio lo potrei fare per il procuratore Salvato, che ha una grande esperienza di giudicante e che poi, quando è stato in Cassazione, è passato alle funzioni requirenti”, ha aggiunto. “Storture” molto meno facili con la proposta che prevede i punteggi, in base alla quale ogni esperienza viene valorizzata. Se questo esempio non è bastato, chissà se la presa di posizione di un intero ufficio servirà a convincere i due “capi di Corte” a cambiare idea.